di LORENZO CRISTOFANI
Dai
socialisti al Decreto Bersani, la storia di un ammasso di errori di sistema ai
danni della gente per la difesa di privilegi di casta
PISTOIA. Tra viale Arcadia e via
dei Gelli si trova, vuota e sfitta da sette anni almeno, una lussuosa, nel suo
piccolo, villetta di 700 mq calpestabili: appartiene ad Enel.
Ce
ne sono a migliaia, di simili, in quasi tutti i comuni italiani: erano
riservate ai direttori, al tempo che Enel era monopolista di Stato. Attualmente
una o due volte l’anno una squadra di giardinieri del nord Italia capita in
viale Arcadia per la manutenzione dell’edificio ed evitare che la vegetazione
lasciata a se stessa invada la proprietà confinanti e relativi contenziosi.
ENEL, ELETTRICITÀ E
REPOWER
Il Partito Socialista Italiano si batté
e ottenne la nazionalizzazione dell’energia elettrica come precondizione per
l’entrata nel governo: Enel nacque così dalla fusione forzata di società
elettriche diverse per dimensione e livello tecnologico. Fino al 1992 rimase
quindi il monopolista di Stato, un’azienda verticalmente integrata, che si
occupava di tutta la filiera: dalla frantumazione del carbone, passando da
centrali, elettrodotti, stazioni di trasformazione fino alla lettura del
contatore di casa.
Col decreto Bersani, sull’onda delle
nuove politiche europee, cambia lo scenario: la produzione elettrica vera e
propria viene liberalizzata e forzatamente viene creato un mercato di
produttori, Enel è dunque divisa in soggetti minori ed indipendenti.
Mantiene però il servizio di
distribuzione al cliente finale, a cui fattura la bolletta col contatore
elettronico (vedi). Il servizio di trasmissione rimane
invece un monopolio naturale: è Terna, partecipata totalmente dal ministero
dell’economia, che gestisce gli elettrodotti ed i flussi sulla rete.
Nei paesi Ocse il sistema elettrico è
interconnesso –non esistono confini geografici cioè, un black out in Germania
si ripercuote fino a Brindisi, come successo – e la politica elettrica funziona
secondo meccanismi di mercato, che, in teoria, dovrebbero favorire la
concorrenza e l’acquisto di elettricità dal produttore più conveniente.
In questo senso si deve ribadire, per
precisare alcune affermazioni più volte comparse anche su questo blog in
merito a Repower e dintorni, che l’Italia non deve importare elettricità dall’estero
per insufficienza impiantistica, è proprio il contrario: è la Francia che si
vede costretta a esportare e a vendere sotto costo l’elettricità generata
dagli impianti nucleari che, non permettendo la regolazione, erogano
elettricità anche quando non c’è alcuna domanda nazionale da coprire.
Lo affermano anche due nuclearisti
insigni come Corbellini e Velonà, ex presidenti di Enel, in una loro pubblicazione (fatta acquisire dal
sottoscritto alla biblioteca comunale di Pistoia) utilissima –per la Cgil Pistoia
– a far luce sul
complicatissimo mondo del mercato e della produzione elettrica.
In sostanza, per tornare alla Repower,
l’impianto ipotizzato a Canapale non risponde ad alcuna reale esigenza energetica
o di mercato elettrico: è questo il vero motivo, tecnico e politico, per cui
non entrerà mai in funzione.
lo.
cri.
|
Ebbene
sì, mentre migliaia di pistoiesi si trovano a lavorare anche dieci ora al
giorno per pagare un mutuo, chi se lo può permettere ovviamente, c’è chi ha talmente
tanti soldi e rendite consolidate da non esser costretto a operare le svariate spending review, tagli di sprechi e
inefficienze, dismissioni di settori non strategici che, nella fase attuale,
sono richiesti, in maniera massiccia e talvolta giustamente, non a tutti ma
sempre ai soliti noti.
Enel
è diventata, da monopolista di Stato che era, una multinazionale dell’energia
operante in quasi tutti i continenti, spesso anche con molte contestazioni (vedi 1 e vedi 2)– basta
fare un giro in rete – per presunte violazioni varie di
diritti di popoli e territori, specie in America latina.
In
Italia, nonostante la scandalosa censura dei media di regime, i tragici episodi
di suicidi –4000 in un anno – in continuo aumento
dimostrano come la crisi dell’ attuale modello economico-politico-finanziario sia
ormai socialmente insostenibile.
La
ricchezza, nel belpaese del cinepanettone, è distribuita in maniera
paurosamente sempre più iniqua e contrariamente ai vari proclami e impegni per
invertire la tendenza sembra proprio che si debba arrivare alla violenza per
avere un cambiamento.
Si
pensi solo alle pensioni milionarie di dirigenti pubblici ed ex politici – la
vergogna nazionale delle pensioni di Amato e Prodi, per esempio – all’ad di Fiat che,
mentre l’azienda perde quote di mercato in tutta Europa e il 50% dei dipendenti
è in cassa integrazione, a carico dello Stato quindi, arriva a raddoppiarsi lo
stipendio portandolo a sette milioni e mezzo di euro; per quanto ancora si
potranno sopportare simili situazioni?
La
vicenda della villetta dell’ Enel – soggetto con interessi peraltro lontani,
per statuto societario, dal settore immobiliare – che può permettersi di tenere da anni un’immobile
sfitto, è la metafora, nel piccolo mondo locale, delle ingiustizie sociali di
questa società malata e incapace, per il momento, di curarsi.
Ovviamente
si auspica che qualcuno, nel mondo politico e delle associazioni, si faccia
autenticamente carico di simili e perduranti oscenità e sia conseguente: in
questa fase fondata sulla svalutazione del lavoro e sulla difesa di assurdi e
ingiustificati privilegi, tutto il resto sarebbe la solita retorica e
autoreferenziale manfrina di chi non intende o di chi è complice.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 3 aprile 2013 | 09:45 - © Quarrata/news]
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