A sfogliare le cronache di stamattina, 15 dicembre, circa la decisione del tribunale di Pistoia di rinviare la questione-Aias a Roma, la prima cosa che viene da pensare è il continuo rigettare ogni colpa sugli altri da parte di Luigi Bardelli.
Bardelli, affiancato anche dalla Fondazione Santa Maria assunta in cielo, da mesi non fa che ripetere le stesse cose: che è una vittima e che questa decisione romana di commissariare Pistoia, oltre che un abuso, è un vero e proprio attentato all’integrità e alla sicurezza (anche economica) della sede pistoiese – se non una sconveniente aggressione all’occupazione e al mondo del lavoro.
Pur garantendo la libertà di espressione a chiunque, da Bardelli, che è sempre apparso molto ben inserito o, se preferite, integrato nel contesto sociale positivo della città (ed è possibile rilevarlo monitorando l’altra sua attività, quella giornalistica di Tvl), non ci aspetteremmo né il requisito dell’ira – spesso citato dai cronisti ed esteso anche al suo braccio destro, don Diego Pancaldo – né tantomeno quello della sfiducia nei confronti di una istituzione come il tribunale della città.
Questo suo continuo stimolo compulsivo a parlare dandosi di vittima e rigettando sempre sugli altri ogni addebito, a prescindere da tutto; questo sbandierare pervicace lo spauracchio del danneggiamento economico, preannunciando lo spettacolo apocalittico della sospensione di fondi per gli ampliamenti della sede pistoiese, finiscono per avere, dopo mesi e mesi, dei risvolti e degli aspetti quantomeno grotteschi: lo sanno, infatti, anche le matricole di legge che, se a Roma Bardelli e i suoi prendessero ragione, il danno economico, ipoteticamente inflìttogli dal commissariamento, dovrebbe essere risarcito. Perciò, qual è il problema? Almeno così funziona in un paese civile. Dunque non si comprende bene il perché di tante lacrime, a meno che non dobbiamo pensare che Bardelli stesso non pensa che questo sia un paese civile e Pistoia una città civile.
A fianco di questo spettacolo, che stamattina, more solito, si ricolora anche di meste citazioni bibliche (la sentenza pilatesca), c’è il silenzio riservato e dignitoso di Bagnale: un atteggiamento che mette ancor più in luce il grottesco divincolarsi sonoro e mimato di Bardelli.
Più logico e gradevole sarebbe se il presidente commissariato segnasse il passo per un istante e adottasse un sano riserbo attendista, umile e cònsono a certi princìpi di fede e di fiducia in quel Dio di cui, per anni, ci ha parlato dal piccolo schermo di Tvl.
La nostra impressione è, invece, che Bardelli non concordi affatto con i princìpi che indica come suoi ispiratori; o – se siamo laici – che non voglia ricordare una canzone che pure era dei suoi tempi: Bisogna saper perdere (The Rockers, Sanremo 1967).
Il presidente provi a calmarsi e mostri, nei fatti, sia che ha davvero fiducia nella magistratura, sia che crede negli insondabili disegni della giustizia divina.
Certi amori non possono e non devono essere come la corrente alternata: ora sì ora no, ora sì ora no, ora sì ora no…
e.b. blogger
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