Si poteva essere d’accordo o no con Marcello Fabbri, detto Cesare e come tale conosciuto da tutti. Non si poteva dubitare né della sua parola né della sua moralità.
Intransigente, forte nel proporre le posizioni che rappresentavano le sue convinzioni contadino-cattoliche, e, al tempo stesso, persona di una dolcezza tenera che emergeva sùbito nel momento in cui il discorso si faceva più intimo, più colloquiale, più privato e interpersonale.
Cesare ha segnato un’epoca: quella della ricostruzione di Quarrata nei momenti delle contrapposizioni frontali e in quelli del disgelo e del cambiamento – anche confusionale.
Lo ricordo ancora rispondere dai banchi del consiglio comunale, come capogruppo Dc, con una vena naturale di ironia che, spesso, metteva a terra gli avversari di allora: un Pci duro, coriaceo, mangiapreti e con le ciglia aggrottate.
Questo era il Fabbri della politica.
Al di fuori di questo, il suo rapporto con gli avversari era di correttezza e rispetto, pur se non faceva loro sconti di alcun genere nel colpire, anche in maniera decisamente dura – cosa che oggi, ad esempio, i politici non accettano più perché credono che, se sono in sella, abbiano comunque diritto ad essere solo applauditi.
Come presidente della Cassa Rurale e Artigiana di Vignole, creatura di don Orazio Ceccarelli – un uomo e un parroco, pare, dimenticato dai cattolici odierni –, Cesare ha rappresentato il punto di massimo sviluppo liberale dell’istituto di credito. E in una perfetta linea di solidarietà e di soccorso ai lavoratori della terra e ai piccoli artigiani, in assoluto spirito cattolico-cristiano.
Lo ricordo anche per un altro motivo.
Cesare è stato il sostenitore della nascenda biblioteca comunale, di cui ero responsabile nel 1975. Lo è stato con l’apporto di una nutrita scelta di opere orientate verso il mondo cattolico, nell’edizione delle Cinque lune, casa tradizionalmente legata alla Dc.
Guardatelo ancora in una foto del 1975. E salutàtelo.
Non lo vedremo più e non potremo pensare neppure che ancora possa rispondere con la sua sottile e, a volte, graffiante e imbarazzante ironia.
Un uomo importante se n’è andato. Un punto di riferimento umano e morale per tutti.
Addìo, Cesare!
Edoardo Bianchini
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