lunedì 5 agosto 2013

PAESE, NAZIONE, MAGISTRATURA. È TUTTO PERFETTAMENTE IN ORDINE?


di FELICE DE MATTEIS

IL PROBLEMA deve essere affrontato. Non lo fanno i politici, quelli odierni, per atavica vigliaccheria e perché, non si sa mai, “dovesse capitarmi qualcosa”; non lo affronta quella vile intellighenzia nostrana che tutto è fuori che intelligenza ed è, oggi sì e domani pure, prona e supina sia all’onorevolino di turno che al padrone dei soldi altrui, leggi Fondazione Caripit di Papa/Papà e succedanei vari.
Affrontiamo civilmente, con pacatezza, ma senza timori riverenziali, il “problema magistratura” nella nostra Provincia. Una provincia che è poi “lo spaccato” di una Italia che giustamente viene chiamata Paese e non Nazione.

In un paese ci sono le Famiglie che contano – vedi il Sud e la “Questione Meridionale” ad oggi irrisolta –, in una Nazione ci sono gli organi statuali liberi e soprattutto indipendenti, terzi e non sussidiari al potere di qualsiasi marca, neutri nei comportamenti personali e nel ponderato esercizio del potere loro assegnato non tanto dalla vincita di un concorso, quanto dalla consapevolezza della delicatezza delle funzioni da assolvere.
Se mai avete tempo da perdere, andatevi a vedere qualche udienza dove gli avvocati si “offrono” pazienti alla saccenteria del primo togato che magari ha dismesso i pantaloncini corti da poco ma che, vestendo “quel manto” e rappresentando lo Stato e il principio che “la legge è uguale per tutti”, molte volte, immeritatamente, siede in posizione sopraelevata rispetto agli attori (avvocati, testimoni e giudicandi) come un tempo i maestri e i professori sedevano in cattedra, in posizione preminente rispetto al loro uditorio (gli alunni) per giustamente stabilire una fisica demarcazione di merito fra docente e discente.
Poniamo solo alcuni interrogativi a noi stessi, cittadini in nome dei quali la Giustizia (questa sì maiuscola ) dovrebbe essere esercitata:

  1. ci fidiamo della magistratura, dei suoi giudici, della sua imparzialità e della sua “terzietà”?
  2. avvertiamo la sensazione di essere in mano agli umori personali del giudice-individuo (se stamani si è svegliato storto…, dicono alcuni avvocati)?
  3. avvertiamo la fregatura del concetto di “certezza del diritto”?
  4. percepiamo una magistratura che si presenta come una torre di avorio, intoccabile, “apparentemente” inavvicinabile, monda e incorruttibile? O, al contrario…?

Cominciamo a darci risposte a queste domande senza volere toccare il paradosso di un giudice talmente ingenuo da essersi castrato da solo: quell’Ingroia che si nominava “partigiano della Costituzione” e che, forse, credendoci pure, pensava che magistratura e politica fossero fra loro indissolubilmente connesse. Era ingenuo o aveva ragione? Forse, essendo ingenuo, aveva ragione. Ha solo avuto lo sciocco ardire di esprimerlo apertamente e, fra consorterie, certe cose si pagano.
Se queste considerazioni meritano un rinvio a giudizio per vilipendio della magistratura (che scrivo minuscola perché tale la ritengo), non mi meraviglierei.
Però non ho ancora detto tutto, per esempio che la notizia criminis può essere recepita anche dalla lettura di quotidiani e stampa in genere senza necessità di informativa doverosa da parte del pubblico ufficiale.
Ma i magistrati, la stampa la leggono?

[Questo intervento è pubblicato come espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]

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[Lunedì 5 agosto 2013 | 10:42 - © Quarrata/news]

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