domenica 19 gennaio 2014

BERTÈ. PADRONA, ANCHE DEL TEMPO


di LUIGI SCARDIGLI

Due ore di spettacolo così come la vogliono e l’adorano i suoi aficionados Infine anche un’antologia dei motivi con i quali è salita ai vertici delle classifiche

MONTECATINI. Urla come ai vecchi tempi, Loredana Bertè, come se il tempo non fosse passato. E invece, dai tempi degli esordi, di anni ne sono trascorsi 40, così come recitava ieri sera la scritta che campeggiava sul palco del teatro Verdi di Montecatini: «Bandabertè: 1974-2014».

Poi, appena iniziato lo spettacolo, due ore di rock un po’ scomposto e non sempre sintonico, nonostante la voce graffi ancora, su quello schermo gigantesco sono scorse le immagini della carriera della rocker alternativa, vecchi fotogrammi che hanno risaltato, a volte impietosamente, la bellezza giovanile, un po’ mortificata dall’attuale abuso di botulino.
Ma una signora, lei che non è mai stata, né voluta essere, non poteva certo diventare invecchiando e allora, avanti così, con quella raucedine melodica che da sempre ne contraddistingue il sound, che la rende unica, un’eccezione nel modesto panorama delle rockettare italiane. Certo, esibirsi con una band di quello spessore, è decisamente piacevole e meno complicato di quanto possa sembrare, con un batterista poi, Ivano Zanotti, di rara efficacia e portento, capace di ricucire tutte le eccezioni a quella che sarebbe dovuta essere la regola.
Ha parlato pochissimo, Loredana Bertè, preferendo a proclami che probabilmente non sono il suo forte, la musica, sviscerata fino verso la mezzanotte dal basso di Pier Mengotti, dalle tastiere di Alberto Linari, dalle chitarre di Andrea Morelli e Alesandro De Crescenzo e dall’immancabile special guest delle sue tournée, Aida Cooper, la sua corista di fiducia. Ma non ha rinunciato, nemmeno dopo 40 anni di successi, ad indossare gli abiti del pulcino nero, quelli che veste puntualmente da quando sostiene, in modo parecchio opinabile, che la fortuna, la discografia, gli amici e la sorte non abbiano voluto assisterla.
La serata si è consumata in due tempi: un primo decisamente più ingessato della seconda parte, che si è aperta con l’ennesima recriminazione, quella che le ha imposto di cantare Djavan in lingua italiana anziché in portoghese-brasiliano, non tenendo presente che contemporaneamente ai suoi oltraggi discografici subiti, la collega Ornella Vanoni, ad esempio, snocciolava bossanova in compagnia di Vinicius De Moraes e Toquinho.
Va bene così: il vittimismo di Loredana Bertè fa parte, inscindibile, del suo personaggio, così come la vogliono e l’adorano i suoi aficionados, che hanno intonato con lei, con qualche decibel in meno, tutti i suoi successi, una carrellata di motivi con i quali la cantante calabrese ha ripercorso e vissuto i momenti più importanti della sua luminosissima carriera, con due o tre gemme dedicate alla sorella scomparsa, con la quale, solo dopo la sua morte, è finalmente riuscita a vivere un rapporto che potesse contemplarle come sorelle e colleghe ed non sorellastre e nemiche.
 Non si è dimenticata nemmeno di Rino Gaetano, Loredana Bertè, né di Fabrizio De André, ai quali ha regalato due interpretazioni e nemmeno del suo nuovo paroliere, Edoardo Bennato, che le ha scritto un motivo, troppo bennatiano e poco berteiano, per superare il ceck del gradimento: lo ha fatto abbandonando solo di rado, e con cautela, la postazione davanti al microfono, tentando addirittura volteggi del capo per farsi carezzare della sua chioma ancora fluente.
Ha celebrato, a modo suo, il Rock, concedendo gli onori della rappresentanza ai Rolling Stones, che sono stati immortalati in uno dei tanti video passati alle sue spalle. Poi, nell’ultimo quarto dello spettacolo, da vecchia e navigata fiera del palcoscenico, Loredana Berté ha inanellato tutti i motivi con i quali è salita alle cronache discografiche, anche per chi non l’ha mai amata, ma che non ha certo cambiato canale quando ha saputo che dopo i Mattia Bazar e prima di Gianni Morandi, sul palco dell’Ariston sarebbe arrivata lei, a fingere di non essere d’accordo.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 19 gennaio 2014 | 08:12 - © Quarrata/news]

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