Non credo che il boom della borsa sia
stato una questione di fiducia per l’incontro degli europei con Obama. Sarebbe
troppo illogico.
Nella bizzosità della borsa rientrano
anche fenomeni di disturbo come questo. Vedremo nei prossimi giorni quale sarà
l’andamento. Da lì potremo farci un giudizio.
E il salto in avanti che c’è stato?
Lo si può spiegare in altri modi, se
non si vuole ricorrere all’irrazionale, che, del resto, è la caratteristica
principale della borsa e della finanza.
Hanno giocato gli interessi in ballo.
Ha giocato il gioco bancario del ‘senza commissioni’. È entrata in mezzo l’euforia
di un certo guadagno patriottico.
Alle spalle abbiamo la Cina. Che ci
guarda e che è più vicina che negli anni 70.
Allora la politica montante,
maggioritaria, profetica, esultava. Oggi trema.
Oggi c’è da avere paura di chi, come
dice Giuliano Noci (Prorettore del Polo Territoriale Cinese del Politecnico di
Milano) su La Nazione, sta per implodere:
Gli aiuti cinesi
a doppio taglio
Sono in molti a invocare un aiuto della
Cina nei confronti dell’Europa e, a maggior ragione, dell’Italia: del resto
quasi il 75% delle riserve monetarie del pianeta sono nelle mani dell’ex impero
di mezzo. L’Occidente non ha giocato le proprie relazioni con il Politburo nel
migliore dei modi: spesso si è accusata la Cina di protezionismo, di non
rivalutare il renminbi favorendo così le esportazioni locali. Ora ci si aspetta
un aiuto da chi si è pesantemente criticato. Se è vero che questa posizione
trova una sua legittimità nel fatto che l’Europa è la prima area di
esportazione delle merci cinesi , non è tuttavia ragionevole un acquisto da
parte della Cina di titoli di Stato dei paesi in difficoltà. Per diversi
motivi. In primo luogo, l’Europa non ha bisogno di capitali ma di credibilità
politica, finanziaria ed economica. Poi la Cina ha intrapreso una politica di
sviluppo di relazioni commerciali volte a favorire un decoupling rispetto alle
deboli economie occidentali. Si sta creando in Asia un’area di libero scambio i
cui flussi commerciali già oggi valgono circa 400 miliardi di dollari e
crescono a un ritmo del 40% annuo. C’è infine da considerare che la Cina deve
fronteggiare una serie di problemi interni.
L’economia cinese è ‘obesa’: è troppo
dipendente dagli investimenti in infrastrutture e dalle imprese di stato. La
pressione dell’inflazione – negli ultimi tre trimestri superiore al 5% — si sta
facendo pericolosa e foriera di tensioni sociali . La Cina non può certamente
permettersi che l’Occidente vada a picco – e probabilmente farà degli
investimenti chiedendo in cambio una congrua contro-partita – ma deve guardare
anche a se stessa. In particolare dovrà sviluppare la domanda interna e le
produzioni a valore aggiunto. Mentre per l’estero continuerà a produrre a basso
costo. L’Occidente è dunque avvisato; la Cina potrà anche aiutare ma si sta
attrezzando con sempre maggior consapevolezza per diventare il vero e
indiscusso motore economico e politico del mondo.
Insomma, se volevamo salvarci, avremmo
dovuto mantenerci Cina anche noi: e produrre a basso costo per i ricchi.
e.b. blogger
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[Martedì 29 novembre 2011– ©
Quarrata/news 2011]
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