di Luigi Scardigli
E
Bartoli diventerebbe il candidato ideale e scomodo
Donna coraggiosa, professionista stimata, moglie attenta,
madre esemplare e militante orgogliosa e indefessa della causa rossa, da
Berlinguer ad oggi, Cecilia Turco veste, alla perfezione, gli abiti di colei
che avrebbe rassicurato e contemporaneamente rafforzato la famigghia.
Uso apparentemente in modo inappropriato il condizionale
perché sembra invece che anche lady Turco
abbia in mente una mossa inaspettata ed è quella che farebbe saltare, del
tutto, gli equilibri: sì, è vero, Cecilia Turco potrebbe essere una delle
aspiranti alla poltrona più comoda di Palazzo di Giano, ma non come ariete
ufficiale del Pd pigliatutto, ma a capo, si mormora, di una lista civica o
ancor più preoccupantemente (per il Pd, beninteso) come candidata di una lista
Sel, partito, quello dei seguaci di Vendola, che da tempo ha fatto sapere, al
Pd pistoiese, di non gradire molto i movimenti, solo apparentemente tellurici,
in corso di assestamento tra i nonni, figli e nipoti che guidano la nostra
città.
L’avvocato Cecilia Turco, dunque, si candiderebbe – e per la
prima volta – alla poltrona di Sindaco di Pistoia, ma lo farebbe senza il
supporto del Partito Democratico, che l’ha battezzata e cresciuta, in parole
povere, anche se, all’epoca dell’adolescenza del futuro avvocato, la mamma aveva
un altro nome e, aggiungo io, un’altra identità.
Stride insomma un po’, devo essere onesto, il nome di
Cecilia (la chiamo confidenzialmente così perché me lo posso permettere,
naturalmente, in nome di una vecchia, sana e disinteressata amicizia) fuori
dalla bacheca dell’ex Pci, perché da quando la conosco e da quando mi
confronto, civilmente, appassionatamente e democraticamente con lei, anche alle
casse dei supermercati, dove spesso ci incontriamo, non ho mai scorto, nelle
sue parole e nei suoi atteggiamenti, veli di dissenso: chissà, forse li covava
da tempo ed è dipeso dalla mia miopia non riuscire a scorgerli e a scriverne,
come faccio molto volentieri!
O la sua inaspettata e repentina, virtualmente, beninteso –
non è detto che succeda – mossa ancor più a sinistra è figlia del raid, notturno e cruento, del professor
Bartoli, che da quando si è messo a fare politica pubblicamente (dalla cattedra
dell’Università inanella comizi da anni), improvvisamente, l’asticella del
consenso e della percezione si è considerevolmente alzata, tanto che la
sinistra, che non avrà comunque rivali, già al primo turno primaverile, non sa
come gestire questo exploit civile e democratico che spiazza la sua notoria
sonnolenza.
Ma non c’era Samuele Bertinelli a tranquillizzar tutto e
tutti? Sì, è vero, ma da qualche giorno, il giovane antico onesto funzionario
di cellula, si è nuovamente sentito usato, come già successe un lustro fa (e
per questo andò via accostando la porta), e ha seriamente pensato di
rimandare alla prossima legislatura la sua candidatura, preferendo, al momento,
restare nella trincea della Edison che presto dovrà fronteggiare la devastante
avanzata dell’armata Feltrinelli.
Cosa potrebbe succedere, dunque?
Che Roberto Bartoli, il professor Roberto Bartoli, improvvisamente,
diventi, con i galloni conquistati sul campo negli ultimi trenta giorni, il
candidato ideale del Pd, partito del quale ne è orgoglioso e legittimo
consigliere comunale e dal quale non vuole in alcun modo affrancarsi (lo ha
sottolineato con ardore alla convention del Melos) per arrivare, da primo
cittadino, in piazza del Duomo.
Certo, se diventasse Bartoli la ciliegina sulla torta del
Pd, qualcuno dei due soggetti dovrebbe necessariamente fare qualche passo
indietro; e conoscendo l’integrità e l’indipendenza del Professore, facile
immaginare a chi toccherebbe alzare le braccia e arrendersi.
All’evidenza, che è ormai indispensabile.
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[Mercoledì 23 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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