lunedì 14 novembre 2011

MARI E MONTI. L’ENTUSIASMO IMPOSSIBILE




Non mi fido più di nessuno. E non mi importa che cosa penserete.
Non mi fido di questo Stato, dei suoi partiti, dei suoi uomini.
Non mi fido della Chiesa, che ha dato il meglio di sé e lo ha fatto vedere giorno per giorno.
Non mi fido della nostra amministrazione: tutta, a cominciare da quella della Giustizia per finire a qualsiasi altro aspetto della vita di tutti i giorni, da un’anagrafe a un’Asl.
Non mi fido di chi vuole dare soluzioni ai problemi del mondo.
Non mi fido di chi parla di ripianare il deficit dello Stato: non è possibile, lo sanno tutti. E in primo luogo lo sanno proprio quelli che lo dicono. Da vent’anni lo stanno dicendo e nessuno è mai riuscito farlo, né il Cavaliere né il partito di quel simpatico di Bersani che, nei giorni dell’Italia ‘in graticola’, è riuscito a esprimere, dalla profondità metafisica del suo cervello, una frase epocale: «Questo è il momento peggiore dal dopoguerra ad oggi». Il mio barbiere di Porretta avrebbe fatto certamente di meglio, anche lui emiliano come Bersani.
Non mi fido delle escort, che hanno dominato la nostra vita e il mondo della Giustizia, e che ci hanno liofilizzato i maroni con storie vere-nonvere-false.
Non mi fido del calcio – se non quello in culo, bene assestato e opportuno – e dello sport in generale, perché bisogna essere imbecilli totali a non vedere che è tutta una emerita presa in giro, un volgarissimo inganno.
Non mi fido di Napolitano perché disse bravi ai Russi, che schiacciavano l’Europa Orientale, in nome della giustizia proletaria; e poi si è ricreduto e vive e prospera in un sistema di stra-privilegio, rinunciando alle sue precedenti idee egalitarie e facendo il salvatore della Patria. Cosa dovremmo dire di quei poveracci, che non hanno mai applaudito l’Unione Sovietica quando invadeva i suoi Servi, e che, proprio per questo, venivano chiamati fascisti?
Non me ne fido oggi che dice che l’Italia deve pagare e affrontare sudore e sangue per rimettersi in piedi: a Napolitano questo non toccherà mai, toccherà alla gente comune e ai morti di fame, che dovranno rivolgersi alla Caritas per un pasto caldo.
L’Italia non si rimetterà in piedi in nessun modo con la classe di politici che ha, e che a tutto pensano fuorché all’Italia. E come Platone, da vecchio, non si fidava più della politica, così càpita a me, a dispetto di Melani di Valenzatico che ha avuto il suo momento di gloria – me lo consenta – inutile pur se eclatante.
Sono invece  più propenso a credere a Pansa, quando ci dice che torneremo poveri, più poveri di prima: e dirò, provocatoriamente, che, in qualche modo ci sta bene, perché con tutta la nostra ambizione di voler essere potenza economica mondiale, abbiamo mangiato tutte le uova in culo alle nostre galline ancor prima che le scodellassero; ci siamo fatti galli grossi e pettoruti, mentre avremmo dovuto farci umili pulcini lavoratori dei popoli ricchi ed essere noi, perfino oggi, a servire i Cinesi che stanno emergendo a forza, e non viceversa, diventandone provincia.
Figuratevi, quindi, se credo a Monti che ci parla di crescita ed equità sociale.
Siamo già alle solite chiacchiere, perché finché ci saranno loro alla guida della barca – di destra, di sinistra o di centro –, non cambierà assolutamente nulla: riscuoteranno solo 25mila euro al mese sfilati dalle nostre tasche, più il resto.
Quando poi arriveranno Bersani e Rosy Bindi, con trombe e tamburi, vedremo quali meraviglie tireranno fuori dal loro cilindro per i lavoratori del popolo amato.
e.b.blogger
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[Lunedì 14 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]

1 commento:

  1. Il suo è un esame molto amaro della nostra realtà, e mi dispiace, ma ha perfettamente ragione e concordo su ogni punto.
    Sandro

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