di Luigi Scardigli
Ancora da solo. E non potrebbe essere diversamente, del resto. Nessuna spalla, donna o uomo che siano, sono in grado di supportare il fiume in piena che si chiama Alessandro Bergonzoni, una costante esondazione di parole e suoni alla quale, il teatro di Quarrata, ha deciso di affidare l’ouverture della stagione che si aprirà mercoledì (ore 21) con Urge, l’ultimo devastante monologo dell’inarrestabile comico bolognese, uno Ionesco imparruccato da oltre vent’anni alla ricerca logica nel mare dell’assurdo.
Non è difficile immaginare l’impatto e le conseguenze di Urge, ultima follia del 53enne avvocato bolognese che invece di provare a curare le cause perse dei propri improbabili clienti, ha deciso di provare a destabilizzare gli onorari dei suoi virtuali colleghi, inanellando una serie paradossale e impressionante di non luoghi comuni che si sono fatti strada e consapevolezza durante il percorso senza meta alcuna per arrivare, incolume, ma replicante, ad un punto di non ritorno che non può che non essere soprattutto la partenza.
E non è certo causa ed effetto dell’approssimarsi della fine del mondo che ha suggerito al funambolico istrione emiliano i non sensi dell’imminenza; anche lontano dalle tragiche e apocalittiche previsioni di Nostradamus, Alessandro Bergonzoni ha sempre appoggiato, spesso dimenticandosene prima di uscire di casa, la propria esistenza sul filo del tracollo, riuscendo a restare miracolosamente in equilibrio solo e soltanto perché chiunque altro, oltre che lui stesso, non è mai riuscito a capire fino in fondo la sua comicità, che è ben più tragica dell’ufficiale quotidianità che lui sembra e riesce ad aggirare.
È sufficiente riavvolgere il filo della sua straordinaria roboris (che è la forza al genitivo, per non parlare dei genitali) degli ultimi trent’anni e fare un mix delle sue previsioni, puntualmente mai avveratesi, perché già trascorse, dunque grande bluff artistico, o improbabile intuizione: Scemeggiata, Chi cabaret fa per tre, La regina del Nautilus, per arrivare alla sua definitiva consacrazione disartistica, con Le balene restino sedute, lo spartiacque bibliografico che l’ha definitivamente consacrato come uno dei meno comprensibili personaggi del teatro, letteratura, giornalismo e musica italiani.
Nei primi anni ’90 infatti, Alessandro Bergonzoni viene invitato tanto dai salotti maleodoranti della cultura, quanto dagli amici musicisti degli Stadio, che gli impongono una collaborazione alla quale capisce di non potersi sottrarre, nonostante offra loro il peggio della sua programmazione. Prima di diventare collaboratore ufficiale della rock band conterranea, Bergonzoni viene catapultato a molla dagli studi televisivi nazionali ufficiali e clandestini, alle redazioni di quotidiani e settimanali, presenze che altro non fanno che accrescere il senso di disagio universale che coglie puntualmente lo spettatore al termine di una sua qualsiasi rappresentazione.
Dalla celebrazione del suo nichilismo in poi, Bergonzoni sfoggia a distanza quasi chirurgica (il paziente dell’operazione è naturalmente morto sotto i ferri) l’una dall’altra, tre opere prime degne di assoluta devastazione: Madornale 33 (1999), Predisporsi al micidiale (2004) e Nel (2007).
Nulla di nuovo, ancor meno di riletto, ma Urge che non ve lo perdiate, l’ultimo Bergonzoni. Ve lo consiglio perché il vostro livello di autostima, presumibilmente in via di decomposizione, tornerà a rivedere la luce. Forse. Altrimenti, vi spaccherete dalle risate, soprattutto perché non riuscirete a capire cosa abbiano tanto da ridere quelli che vi siedono accanto durante lo spettacolo.
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[Sabato 12 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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