PISTOIA E PIANA. Se non ha il coraggio di farlo chi dovrebbe farlo istituzionalmente, organi di stampa compresi, lo abbiamo noi.
E bastano queste poche osservazioni della dottoressa Gentilini – peraltro solo stralciate – per dover alzare la mano e puntare l’indice contro tutti quelli che riscuotono per guardarci dai problemi, ma in realtà non muovon, loro stessi, un dito e non fanno nulla, limitandosi semplicemente a fare finta di non vedere e ingannandoci.
È inutile che molte amministrazioni facciano come quella di Quarrata: si scalmanino, cioè, per raccogliere firme contro la corruzione e poi, magari, il sindaco – nella fattispecie medico di base – ci venga a dire che l’aria della piana è pura come quella del Tibet.
La corruzione è all’interno delle istituzioni, dell’amministrazione pubblica, della politica, dei tribunali allorquando tutti coloro che ci lavorano – e che noi paghiamo e spesso fin troppo –, non fanno un bel niente e continuano a vivere indisturbati, come se fossero immortali e intangibili, anch’essi, dal cancro e dalla morte.
Il male non sta fuori, dunque: sta dentro. E lo dimostra – con un’evidenza da fare spavento e da far rivoltare lo stomaco al tempo stesso – perfino il processo che si sta svolgendo in questi tempi a Pistoia contro Tibo e Capocci, difesi dagli avvocati Turco e Niccolai.
Sono anni e anni che comitati e cittadini richiamano l’attenzione della procura sui problemi dell’inceneritore. Ma solo dopo infinite prese di posizione, la procura si è mossa.
Nolenti o volenti, anche chi non ha finora visto è responsabile del disastro in cui ci troviamo infilati, a testa in giù, come in un culo di sacco. Anche chi scrive ha mangiato per anni frutta, verdura e polli dell’area dell’inceneritore; ha respirato l’aria pura uscita dalle canne fumarie di quel mostro.
Che oggi si scopra che tutto quello che si dice contro l’inceneritore è stato vero, non ci fa per niente piacere: ci addolora ancora di più e ci fa solo capire che esistono trame sottili e fittissime di responsabilità in più, e ben più estese dell’apparente, in questa immoralissima direzione pubblica.
E se alla fine Tibo e Capocci dovessero pagare – e notate bene diciamo dovessero, perché il futuro è sempre incerto e le sorprese sempre dietro l’angolo –, non abbiamo risolto un bel nulla: nel mezzo ci saranno stati tutti quei morti a cui nessuno potrà mai rendere umana dignità nella giustizia di una Giustizia che arriva solo per chi vuole, quando vuole, quando non può farne assolutamente a meno e comunque sempre troppo tardi.
Per colpa di finti ciechi, finti sordi e finti muti che ci amano.
* * *
«A dicembre superato il limite
autorizzato di diossine
Silenzio assoluto»
MONTALE. La dottoressa Patrizia Gentilini, membro del Tavolo istituzionale sui rifiuti, ha scritto a Federica Fratoni, presidente della Provincia, per denunciare lo sforamento di diossina registrato a dicembre. Vi proponiamo alcuni stralci della missiva. «L’inceneritore di Montale ha superato, ancora una volta, il limite autorizzato previsto per le diossine». «È avvenuto lo scorso dicembre, questa volta è stato superato, nel controllo ufficiale fatto da Arpat, il limite di attenzione pari a 50 picogrammi per metro cubo nei fumi». «Un limite – continua la Gentilini – che impone l’immediata manutenzione dell’impianto, ma purtroppo non risulta che ciò sia stato fatto». Il prelievo è del 9 dicembre 2010, mentre i risultati Arpat sono del 30 dicembre. «Il 20 gennaio 2011 – scrive la dottoressa – l’Arpat li ha mandati alla sua amministrazione che li ha ricevuti il 26 gennaio, sono tutti dati pubblici che ho letto sul sito internet della Provincia».
«Per un mese – denuncia la Gentilini – nessuno ha fatto niente, per un mese nessuno ha detto niente, mentre l’inceneritore ha continuato a funzionare ». «Non le sembra necessario alla luce di questi fatti, revocare l’autorizzazione che la sua amministrazione ha concesso a questo impianto?».
Infine la Gentilini ricorda i precedenti del luglio 2007: «Quella volta la comunicazione Arpat, che dovrebbe essere immediata, fu data con un ritardo di 6 giorni, questa volta il ritardo è stato di oltre tre settimane ». «Perché è così difficile essere normali quando di mezzo c’è un inceneritore, soprattutto quando la proprietà dell’impianto è di tre Comuni?».
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[Domenica 6 febbraio 2011]
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