domenica 16 giugno 2013

UN RITRATTO INEDITO DI SANTA MARIA NUOVA, O IN BRANA O DEI BOMBARDIERI


di LORENZO CRISTOFANI

PISTOIA. Frammenti di identità perduta, si potrebbero definire, quelle ex chiese che spuntano quasi come funghi, passeggiando in città e a cui non si dà nemmeno tanta importanza, nonostante appartengano, quasi da un millennio, al paesaggio urbano.
Tra le testimonianze del romanico pistoiese, quella serie di edifici dall’abside in marmo calcareo durissimo e dal campanile a vela, c’è sicuramente Santa Maria Nuova, che rientra a pieno diritto nel patrimonio monumentale della città tra restauro riuso e abbandono.
Patrimonio, vale la pena ribadirlo, che si potrebbe in prima approssimazione suddividere in tre grandi categorie: complessi conventuali, edifici di culto non più facenti funzione e palazzi gentilizi dell’aristocrazia locale.

Fanno compagnia, alla chiesetta tra via Laudesi e l’imbocco di Corso Amendola, solo per rimanere al periodo romanico e accomunate dalla medesima sorte di sottoutilizzo e degrado, le chiesette di San Jacopo in Castellare, San Salvatore e San Pier Maggiore.
Ad oggi l’unica struttura ecclesiastica che abbia ritrovato una qualche forma di riuso è Santa Maria del Giglio, in un omonimo vicoletto che porta sulla Sala, riadattata curiosamente a ristorante, cosa quanto meno caratteristica e che permette la contemplazione degli antichi lineamenti, compreso l’altare di-vino.
Per tutto il resto delle chiese, romaniche e di altre epoche – anch’esse non poche – complessi conventuali e nobili dimore, non è ancora iniziata quella seria riflessione che invece dovrebbe svilupparsi proprio ora che è stato costituito l’ufficio per la città storica, un ramo della macchina comunale teoricamente fondamentale nella sfida più grande che si pone per Pistoia: la programmazione generale di funzioni e interventi particolari per mantenere il carattere della città antica in equilibrio con gli sviluppi della modernità.
Il blog ha già lanciato qualche spunto, con riferimento al ruolo strategico che avrebbero le fondazioni bancarie e tornerà poi sul tema; per il momento, pour parler, due propostine immediatamente spendibili senza durare fatica potrebbero essere: far adottare un monumento locale ad una società o gruppo di raffinati mecenati americani, sul modello della villa fiorentina I Tatti (vedi), presa in carico con un progetto specifico dall’Università di Harvard, o inserire la generica struttura pistoiese in questione nel network toscano –Ar.te. Sal.va. – che si occupa di valorizzare ed elaborare soluzioni per simili casi specifici dei beni architettonici (vedi).
Si conclude con due brevi battute sulla chiesa da cui siamo partiti, oggi di proprietà di Enrico Flori, un imprenditore pistoiese sensibile al tema delle ricchezze artistiche cittadine che è doveroso ringraziare per aver concesso qui la pubblicazione di immagini inedite.
Si segnala che la chiesetta, frequentata dal corpo di guardia della fortezza S. Barbara, per cui detta anche dei Bombardieri, fu oggetto di uno straordinario patrocinio artistico da parte di un castellano della Fortezza del Seicento.
Si badi bene che all’epoca l’incarico di castellano, conferito direttamente dal granduca, era probabilmente la massima responsabilità che esistesse a Pistoia, se non altro per il fondamentale ruolo di controllo dei valichi appenninici affidato al fortilizio militare.
Non si dimentichi che l’architettura militare è quella che più di altre, tra mura, bastioni e fortezze, ha caratterizzato l’identità urbana e le rappresentazioni iconografiche delle città toscane.
Il castellano era Girolamo Emanuelle Paleologo e lasciò un blasone, ancora visibile a fianco dell’altare principale, raffigurante un’aquila bicipite nera, simbolo inequivocabile di un’ascendenza imperiale.
Dopo questo periodo di fasti e munificenza si arriva a fine Ottocento, quando il consiglio comunale intendeva demolirla affinché la via Laudesi potesse arrivare direttamente in quella che oggi è piazza d’Armi: non vennero trovati i soldi per l’immonda spianatura e, per fortuna, la chiesa rimase in piedi. Ha resistito poi alle bombe dell’ultima guerra, esplose nei paraggi, che hanno però causato delle crepe ancora oggi visibili sui muri perimetrali.
Infine è sopravvissuta anche a quei due illustri assessori della passata legislatura, l’architetto Riccardo Pallini, che – come è stato scritto da voce autorevole – sarà ricordato nella storia di Pistoia per non essersi accorto che gli appalti pubblici del Comune erano quasi sempre truccati e inoltre per la realizzazione vergognosa e fuori norma della Porta cosiddetta Nuova, e l’avvocato Silvia Ginanni, che sarà ricordata – lo scriviamo ora noi – per aver tenuto in spregio la tutela dei beni architettonici ed i regolamenti sui manufatti specialistici, come amaramente si evince dagli appartamenti oltremodo ravvicinati alla chiesa michelucciana della Vergine e dalla vergognosa devastazione urbana, tra le tante, dei giardini storicizzati di Via Abbi Pazienza e del palazzo Sozzifanti/Buonatalenti.
Nel 2008 sono venuti alla luce, grazie al restauro di Giuseppe Gavazzi, dei bellissimi affreschi probabilmente di scuola giottesca. Qui nella foto si vede l’immagine carnale e avvenente di una donna bionda che, quasi sensuale, fissa languidamente l’osservatore come a volerne accendere il desiderio.
Il desiderio di contemplazione intima ed esistenziale ovviamente, cosa avevate capito?

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto Q/n.
[Domenica 16 giugno 2013 | 10:49 - © Quarrata/news]

3 commenti:

  1. Una precisazione: la proprietà della chiesa non è mia(Enrico Flori)ma dei miei parenti.

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  2. L'ho letto un po' in ritardo ma mi e ' piaciuto molto.

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