Accuse durissime e una analisi spietata:
grave disagio fra gli operatori sanitari e i medici – Personale a livelli
critici – Necessario potenziare Pescia e sviluppare il ruolo di San
Marcello – La Direzione aziendale non è stata in grado di fornire risposte
adeguate né ai medici né ai cittadini – In vista anche manifestazioni pubbliche eclatanti
PISTOIA. A cinque mesi dall’avvio delle attività nell’Ospedale San
Jacopo, l’Intersindacale Medica della ASL 3 riscontra che la gran parte dei
problemi che erano stati individuati nelle fasi precedenti ed immediatamente
successive il trasferimento dal “Ceppo” restano irrisolti.
Inoltre, il modello organizzativo cosiddetto
“per intensità di cure” messo alla prova nell’attività assistenziale ha
mostrato debolezze di tale entità da metterne in dubbio l’applicabilità.
La somma di difetti di programmazione o
più precisamente di una visione distorta, non necessariamente disinteressata,
del ruolo degli ospedali nella rete dei nosocomi dell’Area Vasta Centro e di
una modellizzazione quanto meno approssimativa hanno fatto sì che l’ospedale
pistoiese si trovi attualmente in una condizione di grave disagio manifestato
quotidianamente e con insistenza da parte degli operatori sanitari e dei medici
in particolare.
A fare fronte ad una domanda di
assistenza significativamente aumentata in termini di numero e di complessità
deve rispondere un personale numericamente insufficiente organizzato secondo
modalità che spesso generano confusione, all’interno di una struttura in
termini di posti-letto uguale o minore.
Questo determina quotidianamente una
collocazione dei pazienti spesso casuale e per forza di cose non corrispondente
al livello di intensità corrispondente alle loro condizioni oltre alla
necessità di aprire spazi come quelli della chirurgia a ciclo settimanale (“week
surgery”) ovviamente destinati ad un altro impiego.
In una situazione critica come l’attuale
è necessario agire su leve strategiche e strutturali. Fra queste ultime il
potenziamento dell’ospedale di Pescia, un ulteriore sviluppo del ruolo della
struttura di San Marcello e l’attuazione di piani operativi sul territorio. Per
quanto attiene le leve strategiche gli elementi sui quale agire sono
imprescindibilmente riportabili alla gestione delle risorse umane tramite la
corretta applicazione delle norme contrattuali e l’implementazione di percorsi di
sviluppo delle competenze.
Su entrambi i fronti, a partire dall’insediamento
che auspicabilmente avrebbe dovuto porre rimedio agli effetti negativi prodotti
dalle precedenti gestioni come noto implicate in valutazioni anche di tipo
giudiziario, l’attuale Direzione aziendale non è stata in grado di fornire fino
ad oggi risposte adeguate. Ha continuato ad agire secondo indirizzi finalizzati
a logiche ragionieristiche di solo risparmio e non, come più volte proposto
dall’Intersindacale Medica, attraverso la costruzione di un legame strettissimo
fra i bisogni specifici di salute dei cittadini, descritti puntualmente dai
dati di mortalità e di malattia che sono registrati e disponibili, e gli
investimenti da effettuare. Ma fino ad ora da parte aziendale non è pervenuta
alcuna risposta.
Per di più, per quanto riguarda la
risorsa professionale medica, la Direzione sta procedendo secondo una confusa
programmazione delle assunzioni messa a punto su criteri non noti (in un
recente passato arrivando anche a prescindere dalla semplice
informatizzazione), non sta agendo conformemente a quanto si sta delineando in
sanità con il decreto 101 relativamente alla stabilizzazione dei precari, non
ha ancora risolto la storica penalizzazione dei medici più giovani ai quali
viene di fatto disconosciuto il peso della specificità professionale e di
conseguenza la possibilità di sviluppo delle competenze.
Ad aggravare questo drammatico scenario
che penalizza le forze professionali più fresche e che oramai riguarda la sola
azienda pistoiese fra tutte le aziende sanitarie toscane, si aggiunge l’aggravante
di un investimento risibile in formazione e l’applicazione di un ventaglio di
regole che ne ostacolano in tutti i modi la fruizione.
Al contrario nei livelli più elevati
del management aziendale si continuano a mantenere aggregazioni di
multi-incarichi “fiduciari” a singoli dirigenti che dovrebbero essere in grado
di gestire contemporaneamente strutture e funzioni estremamente impegnative
anche afferenti ad aree diverse (dalla prevenzione allo staff della direzione
aziendale, alla qualità, alla direzione sanitaria, alla promozione della salute
ecc.) a dimostrazione o di uno straordinario eclettismo di qualcuno o dell’assoluta
inutilità di alcuni incarichi stessi.
Di fatto questo profilo aziendale è
risultato utile a generare un altro paradosso:
la corresponsione di livelli retributivi estremamente elevati ad un pugno di
dirigenti che superano quelli degli stessi direttori della Direzione aziendale
ai quali essi dovrebbero rispondere. In
più, a fronte della incapacità di innovare il ruolo dei primari, si è scelto di
lasciare le strutture che fanno assistenza nell’ospedale con una percentuale
elevatissima di incarichi precari ed a termine.
A fronte di tutto questo l’Intersindacale
si riserva di fare ricorso a manifestazioni pubbliche anche eclatanti
soprattutto a difesa dell’occupazione, del precariato e dei colleghi più
giovani cogliendo l’occasione per evidenziare che livelli analoghi di malessere
sono recentemente emersi anche intorno al nuovo ospedale di Prato.
La divisione che è stata inserita e
consolidata fra le componenti gestionali ed i clinici è sicuramente uno degli
elementi di debolezza dell’aziendalizzazione ed una delle cause che ha fatto
scivolare il Sistema Sanitario Toscano al sesto posto nel Rapporto 2013 dell’Università
Bocconi (Rapporto OASI 2013) dopo Emilia R., Friuli V.G., Veneto, Umbria e
Lombardia.
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[Martedì 28 gennaio 2014 | 21:31 - © Quarrata/news]
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