di LUIGI SCARDIGLI
Risate e applausi a scena aperta in un Verdi tutto esaurito
MONTECATINI. C’è Cetto Laqualunque,
oggi, a sostituire Efrem. Gli altri,
da Alex Drastico a Perego, passando per Epifanio, ci sono tutti e tutti li ha
voluti ricordare, a modo suo, unico. Antonio Albanese rispolvera il proprio
esordio teatrale, Un uomo (1991), e
lo trasforma, con pochissima demagogia, in Personaggi,
lo spettacolo che ieri sera, 25 gennaio, al Verdi di Montecatini, ha fatto
registrare il tutto esaurito.
È vero, è la stato l’oceanico successo
raccolto poi in televisione e, con un briciolo di maggiore cautela, al cinema
subito dopo, ad indurre il comico lecchese, che conosce perfettamente, oltre al
meneghino, il calabrese e il siciliano, la solitudine del palcoscenico. Due ore
di solitaria, direttissima, invernale, con un saluto commosso durante lo
scroscio di applausi finale, che Antonio Albanese ha voluto rivolgere a Carlo
Mazzacurati, l’amico-regista prematuramente scomparso qualche giorno fa che lo
diresse, nel 2000, con Fabrizio Bentivoglio, nella tenerissima pellicola La lingua del santo.
Prima dei saluti, accompagnati dall’ultimo
mini-sketch, quello dei sommelier, Antonio Albanese ha ripassato, con la sua
solita, proverbiale, asfissiante tassonomica professionalità, tutte le proprie
creature, un susseguirsi di soggetti
che ai tempi degli esordi intervallava on
the road: si presentava sulla scena con il suo cappottino da diversamente
abile e quella deambulazione tragicomica di Epifanio
e la sua fidanzata, un vasetto da fiori di Valeriana
e dopo aver snocciolato quella serie paranoica di tic premonitori di una
generazione inghiottita dalla corsa al nulla, si metteva un collare ortopedico
e diventava Perego,
l’industriale del milanese nato per lavorare e con un figlio, unico, drogato, al quale non poter lasciare la fabbrica, per poi pronunciare spropositatamente l’epa, calarsi di qualche centimetro i pantaloni e, togliendosi gli slip dal sedere, con un’azione ortopedica sulle mascelle, assumere lo slang siculo e diventare, per magìa, Alex Drastico, un incallito disoccupato salvato dalla Mafia e mandato ad infestare il Nord.
l’industriale del milanese nato per lavorare e con un figlio, unico, drogato, al quale non poter lasciare la fabbrica, per poi pronunciare spropositatamente l’epa, calarsi di qualche centimetro i pantaloni e, togliendosi gli slip dal sedere, con un’azione ortopedica sulle mascelle, assumere lo slang siculo e diventare, per magìa, Alex Drastico, un incallito disoccupato salvato dalla Mafia e mandato ad infestare il Nord.
Si è un po’ imborghesito, Antonio Albanese, perché gli abiti e le smorfie dei
suoi singoli ed inimitabili Personaggi
li custodisce nel retro del palco, concedendo a se stesso e allo spettatore l’immeritato
reciproco vantaggio di capire quando muoia l’uno e nasca l’altro, restando
comunque uno dei pochi onemanshow in
circolazione a riempire di psicopatie, nevrosi, dialetti, risate grasse e
applausi a scena aperta un immenso nudo palcoscenico.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 26 gennaio 2014 | 08:52 - © Quarrata/news]
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