di PAOLA FORTUNATI
Servono invece regole certe, semplici e
condivise in accordo con l’Europa e con i Paesi di origine degli immigrati
PISTOIA. L’associazione si chiama Rotta Comune: comune come Comune
di Pistoia e rotta nel senso del verso che si ritiene quello giusto. È alla sua
prima uscita e propone un convegno dal tema impegnativissimo: Immigrazione
& Identità.
È un bel pomeriggio di sole e nel
chiostro di San Domenico vedo subito Marco. Lui è un poliziotto, lavora a
Milano nella lotta alla criminalità, in particolare bande di minorenni
sudamericani; ha lavorato a Lampedusa nei c.i.e. (centri di identificazione ed
espulsione), in altri contesti analoghi, ed oggi il suo Commissariato è quello
che ha avuto a che fare con Kabobo.
Marco è stato un mio studente, dal
primo banco sollevava giuste obiezioni e con garbo poneva pesanti questioni
sulla realtà giuridica del nostro paese. Marco oggi può insegnare a me molte
cose su come va il mondo nel 2014, nella nostra Italia ammalata di relativismo.
Marco lavora nella sede della Questura che si è dovuta occupare di Mada Kabobo
(di cui siamo ancora qui a domandarci “che ci faceva un clandestino con una
fedina penale lunga un chilometro in libertà in giro per Milano e armato di
piccone”?).
I relatori sono: Claudia Vicinelli,
consigliere provinciale Pd, Marcello Suppressa per la Caritas, l’avv. Ciappi di
Alleanza Cattolica ed un giovane esponente della Cisl pistoiese che ha messo
nel suo intervento tutta la speranza di chi ha tutta la vita davanti.
Vicinelli è l’autrice di un libro che
analizza il fenomeno immigrazione, dà i numeri del fenomeno, in fondo solo
quattro milioni di cui il 25% in centro Italia, su sessanta milioni di
italiani; producono l’11,1 del Pil nazionale, 220000 hanno creato imprese
assumendo italiani; non sottovaluta il problema degli islamici perché riconosce
che per loro il Corano è la legge e soprattutto è un loro preciso compito fare
proselitismo, convincere e vincere sulle altre fedi e culture. Però dalle
valutazioni di Vicinelli emerge che gli italiani hanno paura degli immigrati
perché hanno paura di chi è diverso. La sintesi è che gli immigrati sono una
risorsa e le nostre leggi sono inadeguate perché nei centri d’accoglienza si
viola la dignità delle persone.
L’avvocato Ciappi, da un altro punto di
osservazione, presenta e smonta alcuni “luoghi comuni” secondo cui per esempio
gli immigrati sarebbero una minoranza ma in verità seguendo i ritmi degli
ultimi venti anni notiamo che la crescita è esponenziale, ciò impedisce una
reale integrazione che richiederebbe invece gradualità. Non è vero dice Ciappi
che gli immigrati fanno lavori che gli europei non sono disposti a fare, invece
è vero che i datori di lavoro spesso preferiscono impiegare persone al nero,
pagare bassi stipendi. E infine paragonare i nostri antenati emigranti con gli
attuali stranieri che arrivano sulle coste italiane serve a sollecitare il
conferimento della cittadinanza, ma i nostri antenati erano compatibili con i
contesti sociali e culturali che andavano a incontrare per lo meno quanto a
confessione religiosa e a principi essenziali...
Accanto a me, Marco intanto mi dice che
non è vero che gli italiani non siano aperti, non siano accoglienti, che gli
italiani temono per la loro sicurezza, vogliono essere tutelati chiedono l’applicazione
della legge contro chi, non avendo spesso i mezzi normali per sopravvivere, è
portato naturalmente a delinquere. La mancanza di radici, contesti diversi e
sconosciuti in cui non si deve rendere conto alla propria comunità ma solo alle
proprie esigenze di sopravvivenza, inducono l’abbandono di ogni remora. Poi
continua raccontando che quando un poliziotto finisce in ospedale perché uno
straniero l’ha aggredito o l’ha morso (è capitato) per infettarlo, nessun
telegiornale se ne occupa: se non per sottolineare la disgraziata situazione
dello straniero.
Ecco che appare evidente il problema
del buonismo, la volontà di diminuirsi e perdere l’identità in nome di un
umanitarismo che non serve a nessuno, nemmeno agli immigrati, quelli seri e
onesti che ci sono, che lavorano e si impegnano per un futuro migliore.
Seguono gli interventi del pubblico, il
primo a parlare è il mio amico Marco che ripete a voce alta quello che mi ha
detto fino a questo punto: emerge il sentimento di un giovane italiano fiero
della sua scelta di difensore della legalità, ma cosciente della enorme
difficoltà di contenere fenomeni criminali dilaganti a fronte di atteggiamenti
pietistici ingiustificati.
Intervengono ancora dal pubblico
Patrizio La Pietra che in Consiglio Provinciale discute spesso con la
consigliera Vicinelli e rileva come il problema che non è stato affrontato è
quello dell’identità! Perché rinunciare alla nostra identità a vantaggio di
altre culture che non ci appartengono? E poi Alessandro Tomasi che si propone
di affrontare il tema dell’immigrazione senza ideologismi ma con il confronto,
evitando di far ricorso ai temi che parlano alla pancia del popolo che sia di
destra o di sinistra.
Un sabato pomeriggio di riflessione;
non si esaurisce l’argomento in due o tre ore di convegno, ma si mettono a
fuoco le tematiche di fondo.
La mia personale conclusione è che non
si risolve un esodo epocale conferendo la cittadinanza anche a chi non la vuole
dal momento che i diritti civili noi li garantiamo a tutti; né credo che si
possa risolvere rinunciando alla nostra identità culturale per non essere
accusati di xenofobia: servono invece regole certe, semplici e condivise in
accordo con l’Europa e con i paesi di origine degli immigrati.
Senza diritto non c’è pace né libertà.
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[Domenica 26 gennaio 2014 | 16:10 - © Quarrata/news]
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