di LUIGI SCARDIGLI
Tragicomico monologo di Covatta al Nazionale di Quarrata
QUARRATA. Fa ridere perché è fisicamente simpatico, Giobbe Covatta.
Si ride solo a guardarlo. E no perché sia ridicolo, ma perché suscita
buonumore, come buona parte di quei napoletani che sono chimicamente simpatici.
Poi, quando parla, l’ilarità si decuplica, anche se racconta cose drammatiche,
come quelle snocciolate ieri sera al Nazionale di Quarrata nel suo 6 gradi.
È questo il titolo del suo nuovo
spettacolo, con il quale sta girando l’Italia in lungo e largo ed è di questa
piccola variazione di temperatura che parla il comico partenopeo, suscitando
risate che hanno il sapore di provare a tenere lontano un epilogo catastrofico.
La realtà infatti, dimostrata non da uno stuolo di comici nichilisti, ma da
apprezzati scienziati, è che la temperatura terrestre rischia seriamente il
pericolo di innalzarsi di sei gradi nel prossimo secolo.
Giobbe Covatta – in scena per due ore
esatte, senza la minima interruzione, se non per una, non preventivata, imposta
dalla rottura della farfalla,
prontamente sostituita, con uno sgargiante lungo giaccone rosso di pelle –,
immagina di trovarsi nel 2114 e racconta cosa sia successo in questo ultimo
scorcio di vita. Lo fa alla sua maniera, semiseria, guascona, divertente e
profondamente professionale, senza però risparmiare e risparmiarsi alcuna
considerazione. Racconta di un paese di ignoranti, il nostro, e non è difficile
da immaginare, affannati nella rincorsa all’effimero che si dimentica di
rispettare e preservare il posto che li accoglie, la terra.
Attorno a questa catastrofe ruota tutta
la sua comicità, un classico del suo repertorio, raccontato in un napoletano
più che comprensibile, con l’eccezione di qualche vocabolo che appartiene allo
slang dell’entroterra ma che non ha bisogno di simultanei, per arrivare a
destinazione. Racconta di politica e società, di usi e costumi, oltrepassando,
forse in una circostanza di troppo, lo steccato della discrezione e cadendo, consapevolmente,
nel tranello delle battute a sfondo sessuale, di quelle che non vanno più di
moda nemmeno nelle caserme di stanza in Afghanistan.
Però è robusto, Giobbe Covatta, tiene
banco per due ore e soprattutto, al di là della simpatia che emana e che il
pubblico gli riconosce e ricambia con applausi calorosi, impone riflessioni che
vanno ben al di là della singola e amena serata.
Insomma, perché i nostri nipoti possano
ancora andare a teatro, nel 2114, sarà bene che i loro nonni, cioè noi, si
inizi a fare qualcosa. Di utile, di importante.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 27 gennaio 2014 | 08:23 - © Quarrata/news]
Nessun commento:
Posta un commento
MODERAZIONE DEI COMMENTI
Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.