di Luigi Scardigli
C’è qualcosa di oggettivamente perverso nella preoccupazione che serpeggia all’interno del Pd in vista delle primarie, soprattutto alla luce dell’autocandidatura di Roberto Bartoli.
Il vertice del partito, infatti, alfiere del centro-sinistra, ha tutto il sacrosanto dovere di controllare, prima che politicamente, ma anche e soprattutto civilmente e socialmente, la morigeratezza di chiunque decida di voler rappresentare una massa considerevole di elettori. Insomma, non è che in democrazia chiunque possa sentirsi in diritto di concorrere a poter essere scelto.
Mi sfugge, però – ma non è vero, lo dico solo per dare un pizzico di pathos a quanto sto per raccontarvi –, perché la candidatura di Roberto Bartoli, anzi, del professor Roberto Bartoli, generi più ansia nella casa del grande fratello che in quella del nemico inesistente.
Procediamo in ordine dei requisiti inderogabili. È persona onesta, il professore: il cud lo porta nel cruscotto della macchina, con la patente e il libretto; è persona colta, il professore, appellativo questo non da usare in corsivo, e non solo per la cattedra ordinaria universitaria che gli viene assegnata o per le poesie, atti di mostruoso amore, che ha scritto e pubblicato, ma anche perché è un rullo compressore di curiosità e informazione e si aggiorna sempre; è persona politicamente corretta, il professore, che si rivolge con pari cordialità, dignità e disponibilità ai pochi che possono stare al suo passo e alla moltitudine che ha bisogno delle sue docenze, senza dimenticare come anche nel bel mezzo di un alterco riesca, sistematicamente, a non perdere di vista calma e buon senso, senza tracimare mai; è cittadino in regola, ordinario anche nella vita di tutti i giorni, con un amore promesso e mantenuto, la prole e una serie di interessi collaterali che gravitano attorno a quelli primari. È, oltretutto, persona piacevole, così, chimicamente: e fidatevi, a me ce n’è voluto un bel po’, per capirlo.
Ma perché il Pd, in rappresentanza del centro-sinistra, non scommette su di lui? Perché non ha un trascorso nel Partito Comunista Italiano? D’ora in avanti, però, al di là della rivoluzione ideologica, tuttora in corso d’opera, sarà sempre più difficile trovare, nel centrosinistra, ragazzi con trascorsi nelle cellule della Figc; strano, perché il professor Bartoli incarna veramente tutto quello che occorre alla politica del terzo millennio: ce l’avessero, di là, un professor Bartoli da spendere, anche se di là, di professor Bartoli non ce ne sono stati, non ci sono e non ce ne saranno mai, questo lo dice la storia, io mi limito a ricordarlo a voi.
L’arcano, dunque, è ancor più misterioso e per molti versi addirittura perverso. Pistoia non può certo sottrarsi dall’ineludibile e inesorabile destino del mondo che cambia e deve capire, in modo lineare, prima che diventi traumatico, che la politica, presto, diventerà una missione, un onere, un impegno difficilmente sopportabile e per questo, come suggerisce Grillo ormai da tempo, un contratto a tempo determinato: al massimo due legislature, poi occorre farsi da parte, per non aver tempo di colludere con gli affari, ma soprattutto perché dopo dieci anni di vita politica attiva, non si avranno più le forze per continuare ad esercitarla correttamente.
Roberto Bartoli è lo spartiacque ideale tra la vecchia politica e il nuovo modo di concepirla; speriamo che nel Pd si ravvedano e non brucino un puledro di razza pura, perché Bartoli è inevitabilmente il futuro e presto, la storia di questa città gli consegnerà il pallone d’oro, come miglior interprete della politica.
Quel giorno sarebbe carino che, alla consegna del prestigioso trofeo, il professor Bartoli si presentasse con la maglia del Pd, perché se in dosso ne avesse un’altra, dello stesso colore, beninteso, ma con un’altra sigla, la beffa, per gli ex comunisti di Giano, sarebbe doppia, tripla.
Devastante.
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[Sabato 5 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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