di Luigi Scardigli
Da quando sono padre – 14 anni, poco più – ho (ri)scoperto il peso dei termini, degli aggettivi, delle parole, insomma.
Stamani, le civette dei due quotidiani cittadini, riportavano, con eguali caratteri cubitali, l’ennesimo atto di microcriminalità consumatosi, il giorno prima, a Pistoia: quello che ha visto come protagonista un malcapitato e non proprio chirurgico rapinatore e il coraggio e la freddezza della vittima, una barista, che è riuscita a mettere il malvivente in fuga a suon di vassoiate.
Per fortuna, comunque, è bene immediatamente dire che dalle nostre parti, i titoloni, se li porti via una bazzecola criminale, un incidente giudiziario, un’inezia anche per quelli pagati decisamente male di via Macallè e viale Italia.
Però un ladro messo in fuga da alcune vassoiate ben assortite, diciamoci la verità, non possiede, non solo nel mio immaginario, ma anche in quello di chiunque altro lettore, credo, un profilo particolarmente cruento e un’eventuale rappresentazione, anche la più pessimista e funerea, simulerebbe l’accaduto con i personaggi e l’abbigliamento dell’età dell’oro, tipo Charlie Chaplin e monello al seguito.
Tutto questo per dire che una rapina, con un epilogo fortunatamente sereno, non può, probabilmente, meritare un risalto così ampio sulle civette dei quotidiani di una città dove i problemi sono ben altri e assai più dolorosi; ma soprattutto, abbinare ad un evento, delinquenziale quanto si voglia, ma pur sempre minimo, il termine choc, sembra davvero esagerato.
Sarebbe stato forse meglio scrivere rapina scioc: anche mia figlia, abbastanza arguta, avrebbe sorriso all’avviso lanciato ai lettori e curiosa com’è, ne sono certo, avrebbe voluto che le comprassi una copia del giornale.
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[Domenica 6 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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