di Luigi Scardigli
Ora che è uscito allo scoperto, candidandosi ufficialmente alle primarie, non posso non fare altrettanto, allo scoperto, visto che l’ho fiancheggiato per tutto questo tempo.
Il soggetto non è affatto sottinteso, è Roberto Bartoli, il professor Roberto Bartoli, ordinario di Diritto penale all’Università di Firenze; poeta, sottile e profondo, ex rocker, e nonostante qualche chilo in più rispetto all’età adolescenziale, ancora ottimo giocatore di biliardino.
Per sapere cosa abbia in mente di fare e di proporre alla città per i prossimi cinque anni – si accontenterebbe di una legislatura, probabilmente, qualora il segreto dell’urna interna dovesse mandarlo a fronteggiare il candidato degli altri: dopo vorrà tornare in cattedra; è quello il suo mestiere, quello è un mestiere, la politica è un surplus, un’aggiunta terribilmente onerosa –, oltre ad averne avuto la possibilità, voi blogeristi, seguendo i suoi cinque punti strategici da noi fedelmente pubblicati, sarà sufficiente che non perdiate la sua convention, quella in programma la sera di giovedì prossimo, 10 novembre, al Melos, la leopolda de noantri.
Scrivo per invitare gli scettici (gli amici sono già là, in tenda, ad aspettarlo) ad andarlo a vedere, giovedì, ma soprattutto per chiedere a Roberto Bartoli di non dimenticarsi degli amici, qualora i colleghi del Pd decidessero di farsi rappresentare da lui per la corsa a Palazzo di Giano – se va lui vince, ma vince chiunque vada: gli avversari non esistono –; gli chiedo di non scordarsi di me, soprattutto.
Glielo chiedo pubblicamente, a Roberto, perché il patto assuma i crismi che vanno ben oltre una semplice promessa.
Ho scoperto di volerti bene, Roberto, un giorno di molti anni fa, quando lessi una tua poesia, alla libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio. Eri lì per presentare quella raccolta, di cui non ricordo il nome. Non mi eri simpatico, a pelle: scambiavo la tua schiettezza con arroganza, la tua profonda felicità di vivere con pressappochismo. Poi ho dovuto per forza di cose rileggere me, più che te: e ora, insieme ad una tribù molto più qualificata della mia modestia, sono qui a tirarti la volata.
Lo dico pubblicamente, anzi, lo scrivo, perché tu non dimentichi le promesse che hai fatto: ai tuoi genitori, a tua moglie, a tuo figlio, ai tuoi amici, ai tuoi studenti e ai tuoi elettori. E a me. Continuerò a seguirti Roberto, da vicino, se questo Blog continuerà ad esistere. Lo farò con la passione e l’entusiasmo che ho scoperto ti appartengono, e con il rigore che contraddistingue la tua vita di cittadino, prima che di marito, padre, professore, amico…
Lo farò senza transigere mai. È quello che ti chiedo Roberto: se dovessi tradire me e la fiducia riposta in te da tutti quelli che ti sono stati vicino in tutti questi anni, mi giocherei sicuramente un pezzo di credibilità professionale.
Ma soprattutto un amico, al quale credo.
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[Venerdì 4 novembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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