di Antonio Nardi (*)
Tutte
le volte che, in televisione, Amato civettava sul tema, avrei buttato
l’apparecchio dalla finestra. I professori devono fare i professori. Se passano
alla politica, ci passano e vi restano, con tutto quanto di impegnativo ed
anche di spiacevole ciò comporta.
Ho
conosciuto professori che non si “prestavano”. Uno per tutti: il prof. Cesare
Vasoli, già chiarissimo, ora professore emerito dell’Università di Firenze.
Insegnava filosofia e lo faceva con passione, con responsabilità, senza
demordere. Studiava, pubblicava, spiegava.
Faceva
il professore. Era un piacere ascoltarlo ed anche, posso dire, vederlo.
Magro,
i capelli all’indietro, vestito semplicemente, sempre con giacca, maglioncino e
cravatta, gli occhiali tondi. Ti fidavi solo a vederlo e continuavi a farlo
appena prendeva a spiegare.
Ricordo
una lezione sulle “Meditationes de prima philosophia” di Cartesio. Due ore ad
alta densità, senza cadute, piene di giudizi che restano e di informazioni.
Vasoli era un professore, un vero professore. Anche Pistoia ha un bravo
professore, che però si è buttato in politica. Si chiama Roberto Bartoli, ha
fatto le primarie del Pd senza vincerle (innegabile il successo, innegabile la
sconfitta), ha cercato di restare in partita, senza riuscirvi. Alla fine, dopo
una minaccia di lista civica, si è ritirato.
Bartoli
è un “professore prestato alla politica”. Un po’ qui, un po’ là. Un po’ leader,
con tutte le attese che ha suscitato nel suo “popolo”, un po’ chierico del rito
universitario. È uscito con una lunga intervista al giornalista Luigi
Scardigli, pubblicata sul blog “Quarrata News”. Ne cito due passi, annotandoli
brevemente.
Il
primo. Chiede il giornalista: «E
alle elezioni di maggio, Bartoli e i suoi seguaci, cosa voteranno?». Risponde Bartoli:
«È intanto opportuno sottolineare come dal Pd ci sia uscito io e non tutti
quelli che mi hanno appoggiato; poi, non avrò naturalmente il benché minimo
problema a confidare e rendere pubbliche le mie simpatie elettorali. Con il mio
entourage e con quelli che hanno caldeggiato questa avventura ho, da molti
anni, un buonissimo rapporto, franco e onesto, ma non mi permetterei mai certo
di suggerire che e chi scegliere nel segreto dell’urna».
Nella
risposta compaiono due affermazioni incompatibili: Bartoli dice di non avere
problemi a dichiarare le sue simpatie elettorali e, subito dopo, afferma di non
voler suggerire alcunché ai suoi sostenitori. Le due affermazioni si elidono.
Il
secondo. Spiega Bartoli: «No,
Luigi, ho capito di non possedere i mezzi per combattere questa battaglia – mi
confida rammaricato Roberto Bartoli –. Soprattutto perché i miei impegni di
lavoro non mi permettono di competere come la politica esige: chi lavora e che
fa un lavoro maledettamente bello e impegnativo come il mio, non si può
permettere il lusso di dedicarsi, anima e corpo, alla politica. E con questa
politica, poi: questa città non è nelle mani del Partito Democratico, ma in
quelle di una triade, privata, che risponde ai nomi di Samuele Bertinelli,
Paolo Bruni e Andrea Paci. Consegneremo questa città, se dovesse spuntarla
Samuele, a ciò che di più antidemocratico non si possa nemmeno immaginare».
Mi
chiedo: il lavoro universitario qui invocato non valeva anche quando Bartoli si
è presentato alle primarie, appena due mesi fa? Se avesse vinto, avrebbe
lasciato? Da sindaco “poteva permettersi il lusso di dedicarsi, anima e corpo,
alla politica”?
Qualcosa
non torna. La politica, si sa, cambia poco. Forse in due mesi è cambiata
l’università. O, come è più probabile, non è cambiato niente.
“Si
vis me flere, dolendum est”, scriveva il poeta Orazio. Se vuoi che io pianga,
devi convincermi di essere nel dolore.
È
il criterio della coerenza fra ciò che si dice e ciò che si è. Un modo per
cavarsela è abolire il principio di contraddizione.
Nella
tragedia è difficile. Nella commedia un po’ meno.
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[Mercoledì 28 marzo 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
Difficile non sottoscrivere quanto dice Antonio Nardi. Con notevole rammarico, peraltro: secondo me andrà disperso un capitale umano e politico che Bartoli era riuscito a catalizzare. Forse, ora verrebbe quasi da pensare, quasi inconsapevolmente/incoscientemente e più per un diffuso malumore e una voglia di evadere dal consueto stantio del PD pistoiese, che per un'autentica capacità di leadership del professore, che dopo tanti proclami si è tirato indietro. No, direi che una gran bella figura non ce l'ha fatta. Chi ha la pancia piena, verrebbe da dire, non ha tanta voglia di arrabattarsi: il passatempo ha divertito per un po', ora però si rimette nella scatola e si torna a fare i compiti, con tanti saluti ai "compagni di gioco" rimasti lì con un palmo di naso. E così si lascia la partita vinta agli organismi saprofiti, che di fame invece ne hanno, e parecchia.
RispondiEliminaSpero veramente di sbagliarmi ma penso che questa ritirata strategica sia stata voluta dai dirigenti padroni del partito in questione, sembra (è un sentito dire) che il prof. abbia ricevuto promesse relative alle prossime elezioni politiche del 2013 per poter arrivare alla poltroncina di deputato per il PD nel Parlamento nazionale. Se questo fosse vero si capirebbe come mai il prof. abbia rinunciato al diritto di una giusta rivalsa nei confronti del suo avversario e del suo partito cittadino. Ripeto spero di sbagliarmi ma pensando male il più delle volte ci si azzecca.....
RispondiEliminaGestri, ma secondo lei, il PD baratterebbe un posto di candidato per il consiglio comunale con una poltrona in Parlamento??? Provi a rivoltare il discorso, piuttosto, e forse diventerà più verosimile... Ovvero che il risultato di Bartoli è giunta inaspettato a rischiare di scompigliare un equilibrio già scritto e concordato all'interno del PD su cariche sia attuali sia future...
RispondiEliminaIn quanto agli impegni professionali, non c'è contraddizione. Finite le primarie con una sconfitta, che fu subito riconosciuta, "il professore" (e chiunque altro a dire il vero) non pensava certo di dover ingaggiare una battaglia di questo tipo e di trovarsi di fronte a un comportamento del genere da parte del PD ed ha sbloccato tutta una serie di impegni in sospeso, di altissimo profilo ed impegno (convegni internazionali, pubblicazioni, ecc.). Quello che è accaduto nei giorni successivi era veramente fuori da ogni previsione, e a mio modo di vedere anche oltre ogni limite di decenza. Per questo il ricorso alla lista civica - mai programmata e anzi prima sempre esclusa come possibilità - era diventato legittimo e a un certo momento anche possibile, nella concitazione degli eventi. La scelta di non rendersi disponibile, alla fine, pur se gran parte dei suoi sostenitori la volevano, è stata di Bartoli, e non solo per impegni personali, visto che tutte le condizioni che aveva posto inizialmente all'assemblea dei sostenitori (compreso l'ampio finanziamento) erano già soddisfatte.