di Luigi
Scardigli
La Guerritore incontra il pubblico
alla libreria ‘Lo Spazio’ di via
dell’Ospizio
Il rituale incontro con il pubblico, per questo gran finale
della stagione di prosa pistoiese, non si è consumato, come abitualmente è
avvenuto, nel saloncino del teatro Manzoni, ma in quello, assai più avaro – in
quanto a volume – della libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio.
La scena, naturalmente, se l’è presa lei, Monica Guerritore,
reduce dalla straordinaria performance della sera precedente, quella che l’ha
vista mattatrice di Mi chiedete di
parlare, una resurrezione storica, culturale, femminile, di Oriana Fallaci,
una delle giornaliste più preparate, coraggiose, invise e sole della storia,
soprattutto quella delle donne.
La gente che riempie la sala da thè della libreria del
centro, però, è più attratta dalla lettura effettuata dalla Guerritore della
Fallaci, che della Fallaci stessa. Forse perché tra la figura oggetto di culto,
studio e rappresentazione teatrale e la sua interprete, di tratti comuni ce ne sono
molti, troppi, forse tutti.
Proprio come la Fallaci, troppo bella per essere considerata
anche e soprattutto una reporter, anche la Guerritore soffre leggermente la
propria bellezza, un fascino disarmante, che si incunea tra i tessuti connettivi
della propria muscolatura, soprattutto quella dei tendini dei polsi: se invece
di raccontare cose di inestimabile bellezza, Monica Guerritore leggesse il menù
di una bettola della periferia di Caracas, il risultato sarebbe esattamente lo
stesso; quello di una donna terribilmente normale conservato gelosamente nelle
borse degli occhi, sulla pinza che le tiene raccolti i capelli sulla nuca, nell’eleganza
con la quale accavalla le gambe seduta e racconta, ad un pubblico
massicciamente femminile, i suggerimenti goduti e sofferti da Oriana Fallaci.
La cosa che sembra unirle inseparabilmente, Oriana e Monica,
è la solitudine.
Perché è troppo difficile competere con la sensualità, ancor
prima che con la sessualità, di Monica Guerritore, una presenza devastante,
resa incombente e insopportabile dall’offerta con la quale si regala ad una
platea stordita, imbalsamata e rapita da un diaframma che si contorce e snoda
con improbabili ritmi e frequenze cardiache, quelle di una donna ormai
deceduta, o meglio, mai nata.
Con la mattatrice, sul palco rialzato della libreria,
Saverio Barsanti, direttore artistico del Manzoni e Lucilla Mininno, l’unica
alla quale Monica Guerritore concede, in questo spettacolo, il lusso di poterle
stare accanto, a patto che si ricordi, sempre, di essere, seppur specializzata
e unica, la sua segretaria e, all’occorrenza, badante.
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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 24 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]
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