sabato 24 marzo 2012

GUERRITORE-FALLACI. SARÀ IL PUBBLICO A SALVARLA DA UN SONTUOSO ISOLAZIONISMO


di Luigi Scardigli

Oggi pomeriggio incontro pubblico
alla libreria ‘Lo Spazio’ di via dell’Ospizio

Monumentale. Poche altre volte, a teatro, mi sono emozionato così. Ieri sera, però, Monica Guerritore ha superato se stessa, la sua alterigia, la sua altezzosa antipatia, la sua inavvicinabile bellezza, il suo disarmante fascino, la sua straordinaria elasticità del corpo e del cuore, la sua semplicità, la sua comprovata corrispondenza, inabissandosi, senza alcuna possibilità di riemergere, nella storia che si fa leggenda, nella leggenda di una storia molte altre volte raccontata, ma mai così.

Le è bastato poco più di un’ora, tempo nel quale ha portato in scena il suo ultimo lavoro, Mi chiedete di parlare, per raccontarci un’altra Oriana Fallaci, icona giornalistica e bibliografica, certo, ma soprattutto donna divorata dalla solitudine, che nel tempo e con il tempo, è diventata la sua certa e insostituibile compagna.
Lo ha fatto al teatro Manzoni, Monica Guerritore, aprendo l’ultimo fine settimana di prosa di questo cartellone 2011-12, una stagione che ha deciso di chiudere i battenti affidando l’arrivederci a una delle più grandi interpreti italiane, un animale da palcoscenico, una fiera addomesticata a spaventare, un giunco appassito sul tramonto, un caleidoscopio di ricordi, una donna dalla bellezza imbarazzante, disarmante, che vanta un’invidiabile presenza scenica, così notevole da ingolfare un palco praticamente vuoto, sgombro, appoggiato a due librerie poste ai lati, ricoperte da cellophan e uno sfondo sul quale Enrico Zaccheo si è sbizzarrito non poco a riprodurre il sonoro di un’intervista muta, quella fantascientifica e irreale che Monica Guerritore ha voluto fare a se stessa, prima che alla Fallaci e a tutte le donne del mondo, reporter di guerra, eroine dei due mondi, mogli, madri, casalinghe.
Donne.
New York New York, di Liza Minnelli, con i grattacieli della grande mela che scappano via veloci da una telecamera in movimento, l’odore acre del petrolio bruciato nei pozzi del Kuwait, alcuni primi piani asimmetrici di qualche dittatore, ebrei e musi gialli accostati nelle fosse comuni dell’odio e della violenza, Firenze, il declino, la malattia, l’amore interrotto, il colore della copertina di un libro, i primi cedimenti alla malattia, la voglia di resistere, la morte, impresentabile e vergognosa, comunque meglio, soprattutto di nulla.
Con la mansueta Lucia Mininno nei panni di una segretaria-badante e questa ricerca a macchia di leopardo della vita di Oriana Fallaci, intrappolata nella morsa di una donna leggendaria che avrebbe voluto poter urlare la propria libertà anche al cospetto di una tavola da stiro, forse, a patto che anche lì, il suo talento, avesse potuto fare la differenza, al punto da renderla odiosa proprio come pare abbia fortemente desiderato, un pilotato snobismo dal quale è poi stata deglutita.
Anche Monica Guerritore, al di là del parallelismo della malattia, che la camaleontica attrice è però riuscita a sconfiggere, pare possa correre i medesimi rischi di sontuoso isolazionismo nel quale questa comunità di allineati potrebbe decidere di sacrificarla.
Sarà il pubblico, però, a salvarla, come è successo ieri sera e come replicherà oggi pomeriggio, nell’incontro che avrà alla libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio alle ore 17:30 e come ricapiterà stasera, nella replica al Manzoni e domenica pomeriggio, per l’atto finale, sulle note di Mr Robinson, cantata, a New York, da Paul Simon e Art Granfunkel.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 24 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]

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