di Edoardo Bianchini
Una città sospesa tra la “gran virtù de’
cavalieri antiqui” e i “mala tempora” della politica di cui ha parlato Pietro
Iozzelli
PISTOIA. Sarà perfettamente inutile cominciare con il dire che
Claudio Rosati ha introdotto il discorso; che Alfio Fedi lo ha continuato; che
Renzo ha raccontato se stesso leggendo anche lettere di Napolitano e di Chiti:
che poi il suo biscugino Luigi Egidio, patron di Tvl, lo ha sostenuto e
additato alla pubblica ammirazione di una Sala Maggiore gremita; che infine
Pietro Iozzelli ha fatto le sue considerazioni e ha chiuso con una domanda
aperta: ma perché la politica oggi è caduta così in basso? Qual è il male oscuro?
Vorrei, io che Renzo non riesce a ricordare quando da
sindacalista passavo per il suo Comune a trattare l’applicazione dei contratti
degli enti locali, io vorrei che Pistoia fosse davvero quella che lui – con quel
pizzico di arte della recitazione che lo caratterizza – ha rappresentato oggi
al pubblico e (ne sono certo) avrà rappresentato nel suo voluminoso libro.
Pistoia c’era tutta. E quando dico tutta intendo dire tutta:
dal Prefetto, al Questore, al Vescovo, alle rappresentanze politiche
istituzionali (non ho visto Berti, però) e meno istituzionali dei transfughi e
degli scambisti. Ed è vero quello che ha detto Iozzelli: tutta quella della
politica di oggi; una politica senza bussola e senza orientamento – mi spiace
per Renzo che, sinceramente, io apprezzo e conosco da una vita, anche se lui
(anch’egli ha i suoi anni…) non si ricorda di me.
C’era la città civile e – permettetemi di aggiungere – anche
qualche rappresentante di quella ‘incivile’: ove con questo aggettivo io indico
quella che Renzo rifiutò con le sue dimissioni del 31 marzo 1982; quella
stalinista, quella vetero e… quella che –
in questi ultimi tempi di dissidi e divisioni, del dopo-Bartoli, insomma – si ripresenta in questa città che Renzo amava definire a
misura d’uomo, ma forse l’uomo pieno di vizi e avaro di virtù.
E con lo stesso coraggio – o temerarietà? – con cui Renzo parlò a Pansa, èccotelo che stamattina,
dinanzi a tutti, ripete le stesse accuse e ribadisce che il partito, di cui era
entrato a fare parte, non solo non cambiò mai, ma oggi, pur essendo cambiato,
non gli garba punto. E con quel partito non gli garba nemmeno una Cgil che
parla solo di diritti e mai di doveri.
Ecco in che limiti Renzo – l’ex-sindaco che non si ricorda
di me – ha parlato, stamattina, di persona e attraverso alcuni dei suoi scritti
perfettamente letti in sala.
Resta sempre Renzo Bardelli che ha avuto il coraggio di dire
e in tempi davvero non sospetti: e un uomo che può permettersi di parlare
dinanzi a tutti come ha fatto, non insistendo solo su di sé, ma citando anche
collaboratori e avversari a cui dedicò stima e attenzione.
Iozzelli gli ha chiesto del male oscuro che abbuia la politica
di oggi. E ha lasciato la porta aperta alla discussione.
Ma – credo – sia pure fugacemente Renzo ‘il dimenticone’
(detto con affetto) gli ha risposto, sia pure en passant, mentre diceva
che anche questo Pd non gli piaceva e non lo convinceva, perché non era
cambiato e – quindi – restava sostanzialmente stalinista come quel Pci che
colpì Renzo in gita a Praga e in Polonia, dove iniziò la sua lenta conversione
alla luce della realtà occidentale.
Già: lo stalinismo strisciante e – come l’analfabetismo – “di
ritorno”.
M’è venuto da pensarlo – Renzo, perdonami… – perché accanto a me, a non più di tre metri, era seduto il
Sindaco Designato dal Pcus centrale di Pistoia, Samuele Bertinelli.
È stato mio allievo, Renzo. Altri miei allievi, stamani,
hanno attraversato mezza Sala Maggiore per venire a salutarmi: lui no. Nemmeno
se era a tre metri.
Renzo, tu mandasti tutti a quel paese. Samuele, invece, tace
da quando ha preso il 44% delle preferenze alle primarie.
Vedete? Pistoia non è quella di cui ci ha parlato l’ex-Sindaco
Bardelli.
Pistoia è quest’altra. Quella dei silenzi neostalinisti.
Non ci credete? Chiedetelo a Bartoli.
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[Sabato 24 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]
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