di Luigi
Scardigli
Il Professore ci va duro – «La città? È
in mano a una triade privata» – «Credo nella resurrezione. Anzi, ci spero
proprio…»
Peccato. Roberto Bartoli ha deciso di mollare.
Basta, via dal Pd – ma c’è mai stato? – e nessuna lista
civica.
I prossimi 6 e 7 maggio, nelle urne del rinnovo del
Consiglio comunale di Pistoia, i circa 60.000 elettori che virtualmente si
dovranno recare alle urne, la faccia del Professore, quella che sorride e
guarda oltre, forse troppo in là, è il caso di dire, a questo punto, non la
troveranno.
Vedranno invece quelle di Samuele Bertinelli, ritratto
probabilmente con un po’ di ghigna, vista la débâcle del suo grande rivale;
quella decisamente più composta della leghista Simionato; quella (pre)destinata
alla onorevole sconfitta della ginecologa Celesti e quella che non ha assolutamente nulla da perdere del prode Bartolomei,
afflitto, forse, dall’anticipata uscita di scena dello stimato docente universitario,
al quale, però, ora, dopo i giuramenti di ieri, non è da escludere che chieda
una mano.
»No, Luigi, ho capito di non possedere i mezzi per
combattere questa battaglia – mi confida rammaricato Roberto Bartoli –. Soprattutto
perché i miei impegni di lavoro non mi permettono di competere come la politica
esige: chi lavora e che fa un lavoro maledettamente bello e impegnativo come il
mio, non si può permettere il lusso di dedicarsi, anima e corpo alla politica.
E con questa politica, poi: questa città non è nelle mani del Partito
Democratico, ma in quelle di una triade, privata, che risponde ai nomi di
Samuele Bertinelli, Paolo Bruni e Andrea Paci. Consegneremo questa città, se
dovesse spuntarla Samuele, a ciò che di più antidemocratico non si possa nemmeno
immaginare».
Questo lo
sapevi anche prima, però…
«Mi sono lasciato trascinare in un vortice più grande delle
mie possibilità di difesa e contrattacco, trovandomi improvvisamente a dover
far fronte ad uno scenario semplicemente impraticabile. Esco dal Pd, alzo la
bandiera bianca di chi si è arreso, mi scuso con tutti quelli che hanno creduto
nel mio progetto e mi concentro sui prossimi appuntamenti universitari, tanti e
particolarmente delicati».
E alle
elezioni di maggio, Bartoli e i suoi seguaci, cosa voteranno?
«È intanto opportuno sottolineare come dal Pd ci sia uscito
io e non tutti quelli che mi hanno appoggiato; poi, non avrò naturalmente il
benché minimo problema a confidare e rendere pubbliche le mie simpatie
elettorali. Con il mio entourage e con quelli che hanno caldeggiato questa
avventura ho, da molti anni, un buonissimo rapporto, franco e onesto, ma non mi
permetterei mai certo di suggerire che e chi scegliere nel segreto dell’urna».
Pistoia,
però, è sempre stata così, Roberto: non dirmi di averlo scoperto solo ora…
«No, certo, ma prima e durante le primarie, e subito,
immediatamente dopo, l’immobilismo e la preordinazione sembravano essere state,
per un attimo, accantonate. Poi, quando è iniziata a circolare la voce della
mia lista, il Pd ha contemporaneamente sfoggiato e sfoderato una serie di no e veti
alla mia candidatura motivandoli, sistematicamente, in maniera diversa: hanno
iniziato a respingermi perché volevo assicurazioni e posti di comando; hanno
finito classificandomi inopportuno e inaccettabile. Tolgo, momentaneamente, il
disturbo, con l’amarezza di chi ha dovuto constatare di non essere abbastanza
forte e ferrato per competere e contrastare corazzate quasi invincibili: mi
rincresce, parecchio, l’idea di poter consegnare la città nelle mani di una
linea che ignora, letteralmente, i fondamenti della democrazia, al punto di
voler e riuscire a contrabbandare il nuovo che avanza come una grande riforma,
invece che dichiarare che è il vecchio che ha deciso di continuare a sopravvivere».
E ora?
«Torno ai miei uffici, con l’onestà e la serenità di sempre;
quelle che mi assicurano mia moglie e i miei figli. Certo, con la morte nel
cuore; ma credo nella resurrezione. Anzi, ci spero proprio…».
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[Martedì 27 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]
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