di LORENZO CRISTOFANI
La sfida e le nuove frontiere del piano
paesaggistico regionale toscano
PISTOIA. «Questo insieme di cittadini è un esempio di dove dovremo
andare tutti se vogliamo rivedere le politiche pubbliche in un’ottica di
innovazione e sviluppo» aveva esordito l’Assessore regionale Anna Marson, riferita
alla platea della Pro Loco di
Pracchia, nell’ex-albergo Piernovelli, dove il 30 maggio è stato
presentato il piano paesaggistico della Regione Toscana.
L’assessore aveva infatti colto nella
presentazione introduttiva di Eriberto Melloni, della locale Pro Loco, tutto l’impegno,
l’intelligenza e la passione di una comunità che ha acquistato e restaurato a
proprie spese una struttura per farne un luogo pubblico dove riunirsi, mettendo quindi a disposizione risorse prima
ancora di chiederle alle istituzioni.
In rappresentanza del Comune di Pistoia
non c’era purtroppo nessuno ma l’entusiasmo dei partecipanti ha in qualche
misura lasciato prefigurare qualcosa di positivo, per gli scenari futuri di una
zona montana, quella pistoiese cioè, per la quale la politica e le istituzioni
non hanno ancora un’eccessiva volontà o capacita di impegnarsi concretamente.
L’esempio emblematico è il servizio
essenziale della ferrovia Porrettana: le corse sono state dimezzate, ma l’attuale
riorganizzazione della mobilità è tale per cui contemporaneamente ai treni
partono degli autobus per la stessa destinazione. Con quale logica? Ma in
particolare: tutto ciò è efficiente e realmente utile? Qualcuno aveva
addirittura chiesto: Sarà stata fatta
questa operazione, con la scusa di tagliare, solo per dare soldi al Copit che è
in rosso?
L’assessore Marson aveva scelto di
raggiungere Pracchia in treno e di farsi accompagnare in un piccolo Grand Tour alla scoperta di alcune
testimonianze di archeologia industriale come la ferriera Sabatini e la
ghiacciaia della Madonnina sul Reno.
Il mini pulmino, messo a disposizione
da Legambiente Pistoia, aveva accompagnato, assieme all’assessore, una piccola
comitiva di giornalisti e rappresentanti del luogo anche a Pianaccio, una delle
tante borgate che vivono solo d’estate e meritevoli di un ripensamento
accurato.
Durante gli spostamenti era stato
possibile apprezzare la competenza tecnica e la passione genuina di questa
donna veneta che sostiene da anni la necessità dello stop al consumo di suolo, la riterritorializzazione di attività
economiche – come la zootecnia montana (la Toscana è esportatrice netta
di carne) – e del riutilizzo e manutenzione dell’esistente. Un valore
aggiunto per il governo del territorio toscano e soprattutto un riferimento
prezioso, a ben vedere, per il presidente Rossi e il resto della Giunta
Regionale.
Il piano paesaggistico aspetta insomma
osservazioni e interventi dal basso
perché i primi a crederci devono necessariamente essere i più diretti
interessati. Il piano
paesaggistico è infatti prima di tutto un inedito strumento che invita
le varie comunità territoriali alla cittadinanza attiva e alla presa di
coscienza circa caratteri e potenzialità delle diverse realtà: si tratta
insomma dell’elaborazione di un quadro conoscitivo, non dissimile dalle famose indagini leopoldine che precedettero, a
fine 700, la stagione fertile di sviluppo e riforme del Granducato. Un quadro
conoscitivo che parte dall’idrologia e dall’idrogeologia, elementi costitutivi
di un territorio, che ha, trai principali obiettivi, il recupero di aree a
pascolo fagocitate dal bosco negli ultimi decenni, il mantenimento dei
castagneti da frutto con potenziamento della filiera, e il riutilizzo del
patrimonio abitativo inutilizzato.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 14 giugno 2013 | 08:24 - © Quarrata/news]
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