di LUIGI SCARDIGLI
Pietro Taucher, Chiara Luppi e Carmine
Bloisi nella ‘caverna’ di piazza Mercatale
PRATO. Il Wallace di
Prato, il pub storico della città, è davvero un posto magico, incantato,
lontano e fuori da ogni regola. Come l’amore ai tempi del colera, tanto
per intenderci, o la musica in quelli della crisi. Ieri sera, tanto per
scendere nei dettagli, nell’afosa caverna di piazza Mercatale, improvvisamente,
le decine di persone che degustavano birra, sorrisi ammiccanti e la prima
stellata d’estate ai tavolini fuori, si sono catapultati all’interno: non se ne
poteva fare a meno, perché sul palco si esibivano tre padovani; anzi, due
padovani ad origine controllata e uno acquisito.
Gli indigeni dell’ex terra della Lega
erano Pietro Taucher all’organo Hammond e Chiara Luppi alla voce; la batteria
la sorreggeva, in punta dei piedi, Carmine Bloisi, catapultato nella provincia
veneta per motivi sentimentali. È stato il soul, l’anima della serata, almeno
fino a quando ho deciso di lasciarmi incantare; poi, a People get ready, che mi sono riascoltato fino all’esasperazione in
macchina nella versione Jeff Beck-Rod Stewart, ho deciso di andarmene. Le
lancette avevano già oltrepassato la mezzanotte ed io dovevo ancora rincasare,
facendo prima tappa obbligata al bar La
Repubblica, per il solito cappuccino e una brioche d’altri tempi e poi
mettermi curvo a divorato dalla nicotina sul mio net book, a scrivere.
Faccio quasi sempre così, quando
ascolto musica: eleggo un momento della serata come il tratto apicale del
groove e lì stacco la spina emozionale, riponendo tutte le informazioni ricevute
fino a quell’istante nella mia cesta elastica, che è quella che mi spinge a
raccontarvi la notte, la musica, un tratto della mia vita.
Chiara Luppi, con
gli stivaletti con tacco dodici resi meno ingombranti da una zeppa
equosolidale, una gonnellina da paggetta e un viso terribilmente equivoco, ha
tutta l’aria di essere un’ex pornodiva, che se solo il tempo glielo concedesse,
saprebbe lei come fare per aizzare i furori maschili. Succede fino a quando il
suo conterraneo Pietro Taucher non la mette in difficoltà dando il la ad un intro ingannevole: la ragazza, una veneta che trasuda voglia di
vivere, inizia ad ondeggiare ritmicamente il collo, come se la testa le fosse
stata applicata sul busto in un secondo momento; il diaframma si accorda agli
sguardi del pubblico che aspetta di essere trafitto, l’ugola sorride e spara,
il microfono ha solo da essere acceso, ricevere le informazioni e renderle per
quelle che valgono.
Meravigliosa, intensissima, eccitante:
Chiara Luppi ha il palcoscenico nel sangue, anche se le mani, per nulla
affusolate, lascerebbero pensare che fino a quando chi di dovere non si è
accorto della sua voce, la ragazza abbia sbarcato il lunario in trasferta, in
una risaia del vercellese. Anche Pietro Taucher è padovano: l’organo Hammond
che strapazza e circuisce è la macchina con la quale gira in lungo e in largo i
cuori degli spettatori; gli anelli che gli occupano alcuni dei metatarsi delle
dita sono un ricordo, mai sopito, di stagioni di sogni ed illusioni, alcune
delle quali, fortunatamente, vissute anche al risveglio. In fondo alla grotta,
dove abitualmente si mettono a riposare le bottiglie più pregiate di rossi
irripetibili, con un completo scuro e scarpette da ginnastica Adidas, ma senza
lacci, proprio à al page, Carmine
Bloisi, che non ama, per timidezza, essere incensato, ma che tra tom, rulli e
piatti è sempre più grosso, autorevole, concentrato e sorridente, come si
conviene a quelli che, oltre a suonare, non san fare praticamente altro.
In sala, oltre a qualche bikerista, il
solito stuolo di appassionati (assente ingiustificata Giuliana Monti), alcuni
dei quali particolarmente attendibili: i due chitarristi stabili del pub
pratese, Marco Banana Pieraccini e Leonardo Ricotti; il vocalist Andrea
Ranfagni, che aspetta dalla sua bellissima compagna il quarto pargolo della sua
vita, ma che non poteva disdegnare dell’ugola di una collega tanto intrigante e
Michele Papadia, una tastiera-divinità, non solo al Wallace.
Sono venuto via quando la serata era
abbastanza calda ma non aveva ancora emesso la sua sentenza notturna: l’ho
fatto perché mi bastava quello fin lì raccolto per rispedirlo ai lettori di
questo Blog, sperando che al vostro risveglio, facciate parte dell’oltre
milione di visitatori che ci impongono di non fermarci e ci autorizzano a
fantasticare. Carmine Bloisi compreso: lo scrivo perché se no, anche stavolta,
aspetta che qualcuno posti il pezzo su facebook, per leggerlo!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Venerdì 14 giugno 2013 | 07:57 - © Quarrata/news]
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