di LUIGI SCARDIGLI
Dopo la presentazione, allo Spazio,
della monografia sul poeta scritta da Massimo Baldi
PISTOIA. Ascanio Celestini, meraviglioso, dotto, caotico cantastorie,
sostiene che se la poesia è incomprensibile, l’autore è bene che si ravveda.
Lungi da me – con tale premessa –
suggerirvi la mia teoria, che non può, non deve e non vuol essere una
conclusione, che Paul Celan abbia sbagliato mestiere, nei suoi lunghissimi ed
intensi 50 anni di vita. Però, se uno dei suoi più illustri estimatori e
studiosi, Andrea Mecacci, correlatore, ieri pomeriggio, con il collega
universitario Fabrizio Desideri, della monografia scritta da Massimo Baldi e
presentata alla libreria Lo Spazio
in
via dell’Ospizio, a Pistoia, sostiene di non aver capito l’80% della produzione
del poeta, mi sorge il dubbio che attorno a certe sommità artistiche, spesso,
ci si giri intorno con un nichilismo che va forse oltre il già problematico ed
impermeabile ermetismo degli autori stessi.
Il mio bagaglio bibliografico e di studi
non arriva forse nemmeno ad avere la consistenza dello spago con il quale,
Mecacci, tiene sotto controllo il suo, ma la poesia, per sottrarsi alla propria
inconsistenza e musealità, quella tanto detestata e aborrita da Celan, deve
arrivare a nominare e nominarsi, in modo che chi la legge, l’unico destinatario
di qualsiasi mittente, ne venga trasformato: senza percezione non può esserci
adesione, senza comprensione non può esserci rivoluzione. È un diktat storico e
storiografico, questo: il fallimento di alcune frange pseudo rivoluzionarie
europee sta, in massima parte, nella totale scollatura tra il dogmatismo dei
proclami e la loro incomprensione.
Questo se il poeta riveste e deve
rivestire un abito socialmente indispensabile in modo che, oltre alle
filastrocche con le quali si mettono a nanna i più piccoli, i grandi avvertano
il disagio del loro tempo e si sentano in dovere, più che in diritto, di dare
un senso alla propria esistenza, senza dimenticare che la poesia, come la
musica, la pittura e ogni frangia cosiddetta artistica ha diverse sfaccettature
e copre svariate funzioni; leggere Gabriele D’Annunzio vale quanto osservare i
quadri di Salvador Dalì: due personaggi sostanzialmente inutili, entrambi, alle rispettive cause culturali, ma
terribilmente gradevoli, affabili, belli, musicali, spesso incredibili.
Perchè il silenzio caotico e il
babelico ordine di Paul Celan rintraccino, nel volgo, che soggiace al suo
pensiero, almeno un seguace, è indispensabile che a disintrecciarne le trame
venga preposto uno studioso che non si fregi di piacere tanto alle donne mentre
si autoerotizza davanti allo specchio.
Leggendo il saggio di Massimo Baldi, infatti,
mi sono ripromesso di accostarmi, con maggiore energia e raffinata umiltà, alla
poetica di Paul Celan; dopo aver ascoltato il teorema di Andrea Mecacci,
invece, ho deciso di desistere.
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[Sabato 15 giugno 2013 | 08:27 - © Quarrata/news]
Caro Luigi,
RispondiEliminacome sai ho sempre apprezzato e 'amato' la tua onestà e la tua schiettezza - in breve, la tua intelligenza. Soprattutto da quando è all'opera in questo blog, una grande risorsa per la città. Quello che scrivi qua sopra, però, è sbagliato. E volerti bene e rispettarti implica darti una risposta, una risposta netta.
1) Sostenere che un poeta la cui scrittura è ostica abbia sbagliato mestiere è indegno di te e ti prego di ravvederti (Celestini è uomo di spettacolo, è intelligente e raffinato imbonitore - e anche lui credo sappia quando non è il caso di prenderlo troppo alla lettera). La lingua di Celan (come quella del Paradiso di Dante!) è complessa perché si propone di restituire ed esprimere spazi, millimetri di vita e di respiro in cui non si vive e in cui non si respira. Raccontare il demone elettrico che impedisce all'individuo di abbandonarsi alla vita e che riempie di fantasmi ogni spazio di pensiero: questo 'trasumanare' vero il basso è l'inteso della poesia di Celan, e proprio mentre non lo comprendiamo esso ci comprende.
2) Per orientarci nell'opera di tali poeti è indispensabile armarsi di tutti gli strumenti possibili. E la comparatistica e la filologia non possono mancare. Si possono fare, certo, importanti affondi nell'opera di Celan senza chiamare in causa grossi bagagli bibliografici - il nostro amico e maestro Carifi lo ha fatto e benissimo. Ma insieme a questo è necessario anche il lavoro dello studioso che si orienta con strumenti più affinati e - in barba al semplicismo in voga - più colti. E quando uno studioso dice di non aver compreso l'80% delle poesie di Celan esprime da un lato, un banale stato di fatto e dall'altro, la non banale circostanza che le poesie di Celan non sempre sono fatte per essere comprese ma più spesso per aprire squarci nel terreno della lingua, per ricordarci cos'è e da dove proviene quest'attrezzo che è il linguaggio. Parlando a un pubblico o scrivendo un libro per un pubblico - questo pubblico funzionalmente è e non può non essere un pubblico di discenti - lo studioso deve anche chiamare in causa questi sui affinati strumenti. Non per narcisismo né tantomeno per onanismo intellettuale, ma per far sì che questo pubblico di lettori/uditori si orienti con lui.
3) Se hai deciso di non leggere più Celan, sei tu a perderci. Sono certo che ci sono altri grandi poeti che ti appassionano. Ma,nel quadro del la poesia del Novecento, non leggere Celan è come non leggere Dante nel quadro del 300, Shakespeare in quello del 600, Goethe in quello del 700, Leopardi e Baudelaire in quello dell'800. Ci sono altri grandi poeti del 900 e 900 pagine non basterebbero a elencarli (provo? Montale, Pascoli, Pasternak, Valéry, Cvetaeva, Madel'Stam, Blok, Apollinaire, Ungaretti, Bachmann, Hofmannsthal, Trakl Rilke, Benn, Meister, Zanzotto, Sereni, Pavese, Cummings, Eliot, Pound, Yates, Thomas, Milosz, Fortini, Penna, Pozzi, Rosselli, Luzi, Bigongiari, Pessoa, Neruda... chissà quanti ne dimentico), ma l'opera di Celan, credimi, vanta un movimento e un contenuto di assoluta e non questionabile trascendenza filosofica, letteraria, linguistica, intellettuale rispetto all'opera di tutti questi grandissimi. E' come leggere Cino, Guinizzelli, Cavalcanti, Lapo Gianni... e poi, all'improvviso, Dante. Il Paradiso di Dante. Fai la prova.
Un abbraccio
Massimo