di Giacomo Del Bino [*]
Ma c’è da augurarsi che nessuno se ne approfitti prendendola come una
scappatoia…
PISTOIA. Il 13 gennaio in Consiglio comunale è
stato affrontato il “caso” Nuti: la figlia dell’assessore alle politiche
sociali, al commercio ed alla sanità del Comune di Pistoia, Tina Nuti, è stata
assunta alcuni mesi fa come frontista da un’azienda privata, la Ge.Sat – che
gestisce servizi in alcuni ospedali toscani – e presta la sua opera presso il
nosocomio pistoiese.
Sgombriamo subito
il campo da ogni dubbio. Il M5S di Pistoia non ha mai affermato, scritto o
pensato che il risultato ottenuto grazie ai colloqui dalla giovane donna fosse
in realtà il frutto di intervento della madre. Non abbiamo motivo di dubitare
delle qualità, capacità e competenze specifiche della ragazza e, allo stesso
tempo, nutriamo stima e fiducia nell’assessore Nuti. Premettiamo anche che il
fatto, così come si è delineato, non rappresenta reato.
C’è però un grave
problema di opportunità politica e di trasparenza, che non può non essere ben
individuato anche da chi – giustamente – dichiara che gli amministratori hanno
gli stessi diritti degli altri cittadini, ma qualche dovere in più.
In Consiglio
comunale abbiamo chiarito il nostro pensiero. A nostro avviso, l’assessore Nuti
avrebbe dovuto, una volta giunta a conoscenza del posto di lavoro ottenuto dalla
figlia, compiere una di queste tre azioni:
1) dare le dimissioni e tornare a fare il
suo precedente lavoro d’insegnante;
2) dire alla figlia di rinunciare al
posto di lavoro;
3) informare tempestivamente il Sindaco –
e magari i cittadini tutti – della situazione, anche allo scopo di condividere
la strada da percorrere, le scelte da perseguire.
Con una qualsiasi
di queste azioni avrebbe posto se stessa e la Giunta in condizioni di massima
trasparenza e ciò avrebbe – oltretutto – amplificato il consenso nei confronti
dell’amministrazione.
Mi si dirà che
informare preventivamente la cittadinanza per condividere un percorso sarebbe
stato gesto assai atipico. Rispondo che se si vuol cambiare le cose, allora è
lecito e doveroso compiere anche e soprattutto gesti atipici e significativi.
Ma niente di
questo è stato fatto. C’è voluta una mano birichina che ha fatto arrivare al
Sindaco un “pizzino” per far sì che lo “scandalo” uscisse alla luce del sole.
Si tratta di vero scandalo? No, in realtà. Ma il modo in cui la situazione è
stata gestita è scorretto ed offre il destro a considerazioni di ogni tipo.
Sempre in
Consiglio comunale, ho chiesto delucidazioni sulle modalità di svolgimento dei
colloqui grazie ai quali è stata assunta la figlia dell’assessore, se e che
tipo di pubblicità è stata data ai colloqui stessi ed alla graduatoria, nonché
se fosse possibile avere la documentazione. Mi è stato risposto che potrò
ottenere soddisfazione in altra sede.
Il M5S ha fatto il
proprio dovere – in quanto portavoce del “sentiment” dei cittadini –, indicando
alla dottoressa Nuti, con l’intervento del collega Maurizio Giorgi, la
possibilità di rinunciare almeno alle deleghe sulla Sanità. Era l’unica cosa
che potevamo, anzi, dovevamo fare.
Anche il Sindaco
ha fatto l’unica cosa che poteva fare: ha criticato con parole pesanti l’atteggiamento
tenuto dalla dottoressa Nuti e perfino con invettive peggiori quello di chi ha
permesso di mettere in luce il fatto. Per adesso, mi limito a registrare ed a
cercare di leggere tra le righe, consapevole che la politica è veramente il
regno del possibile, di ciò che è vero e falso e non vero e non falso. Voglio
aggiungere una provocazione, per affrancarmi dal coro: in questo caso, chi ha
tradito chi? La mano invisibile (che poi tanto invisibile non è e non lo è mai
stata), ha veramente tradito qualcuno? O ha fatto invece il suo dovere? Infine:
quale consigliere di maggioranza avrà adesso il coraggio di riferire al Sindaco
– o a chi per esso – circa eventuali situazioni ambigue, senza essere preventivamente
certo che non sarà per questo fustigato in pubblica piazza?
Non ho risposte. I
miei sono pensieri ad alta voce, o, se preferiamo, appunto, provocazioni tese a
comprendere fino in fondo le situazioni, che spesso non son quelle che
sembrano. Quasi mai.
Critiche aspre –
dicevo – bacchettate, moniti, ma poi il Sindaco ha lasciato tutto com’era.
Ovvio. Dando per scontato la sincerità delle sue parole (cioè che la sua
fiducia nell’assessore è rimasta inalterata), non avrebbe comunque potuto
permettersi di ridurre ulteriormente il già esiguo numero di assessori. Non
avrebbe potuto farlo in un momento delicato come questo, in cui neppure lui è
perfettamente in grado di distinguere – almeno credo – gli “amici”, coloro che
sono fidati e sinceri – da chi invece è pronto ad infilargli un coltello nella
schiena alla prima occasione utile, per interesse personale.
L’unica strada che
il Sindaco avrebbe potuto percorrere – almeno circa la Nuti – era dunque quella
che ha effettivamente seguito. Mi si perdonerà, però, se mi saltano in mente le
parole del compianto Fabrizio De André, contenute nel suo capolavoro Don
Raffaè: “Prima pagina, venti notizie, ventuno ingiustizie e lo Stato che
fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”.
Una leggerezza
commessa in buona fede: questa la motivazione addotta da Bertinelli per
argomentare il suo “perdono” nei confronti dell’assessore. Comprensibile.
Ricordo però, solo di passaggio, come almeno in un altro caso non sia stato
tenuto lo stesso atteggiamento “bonario” e non sia stata data una seconda
possibilità; ma, soprattutto, voglio fare una considerazione sulla “buona fede“:
in quanto presidente della I Commissione consiliare, più di una volta mi è
capitato di trovarmi a dover gestire situazioni piuttosto anomale: materiale
giunto in ritardo alla mia conoscenza – quindi a quella degli altri consiglieri
–, assenza di dirigenti alle sedute di Commissione, mancanza di spazi per lo
svolgimento delle nostre funzioni, per dirne alcune.
Per senso di
responsabilità verso la città ed i cittadini, ho sempre cercato di sopperire
alle lacune, caricandomi talvolta anche pesi sulle spalle che, a ben vedere,
non sarebbero toccati a me.
L’ho fatto
credendo nella buona fede di chi tali errori o mancanze ha commesso e
consapevole che l’errore è sempre in agguato, quando si fanno le cose. Non sono
pentito e lo farò ancora, quando se ne presenterà la necessità.
Ma non vorrei che
la “buona fede” divenisse una stella polare, un appiglio sicuro in momenti di
maretta o in situazioni critiche.
Di buona fede si
può vivere, ma anche morire.
[*] – Consigliere M5S
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 15 gennaio 2014 | 20:17 - © Quarrata/news]
proprio oggi,16 Gennaio 2013,un articolo sul giornale de la Nazione,tratta una casualità devo dire alquanto insolita,ma che a essere un pò smaliziati e malfidati si potrebbe correlare al caso Nuti,e vi spiego : ad Anghiari,provincia di Arezzo,e stato bandito un concorso per bibliotecario,ed un ragazzo che aveva partecipato,arriva secondo,quindi niente posto chiaramente,ma il caso vuole che il vincitore rinuncia a quel posto,così dal comune viene avvertito il 7 Gennaio che il posto vacante era suo in quanto arrivato secondo,lui si precipita per confermare la sua volontà di coprire quel ruolo,ma incredibilmente gli dicono che non può essere assunto in quanto lui compirebbe 30 anni l'11 Gennaio e che il tempo non sarebbe bastato per consentire di attuare le pratiche burocratiche del caso,e siccome il concorso aveva la soglia massima d'età che non doveva oltrepassare i 30 anni,per sfortuna del ragazzo e per dubbia lentezza della pratica d'assunzione,aimè come si dice a Pistoia,nisba,quindi il posto tocca al terzo candidato arrivato........una figliola fortunata,che la casualità e ripeto solo la casualità,vuole essere la figlia di un assessore.......che si e indignato pure lui, come la Nuti,per le maldicenze di un paese che non crede alle casualità.
RispondiElimina