sabato 11 gennaio 2014

UN COMICO FATTO DI SANGUE


di LUIGI SCARDIGLI

Alessandro Benvenuti rispolvera tutto il repertorio e si offre al pubblico di Pistoia

PISTOIA. È di casa Gori la poltrona che gli permette di accomodarsi, nel bel mezzo del palcoscenico. E di Ivo il tardivo l’oracolo posto alla destra della scena. Le battute, gli psicodramma, la modulazione della voce, la smorfia del viso, quella deambulazione kaetoniana sono i beckettii e tutto quello che Alessandro Benvenuti ha seminato in quasi 40 anni di teatro e che ieri sera, con disinvolta leggerezza, ha raccolto e riofferto agli spettatori del teatro Manzoni per la prima del primo trittico del 2014.

Un comico fatto di sangue, riveduto e corretto in collaborazione, strettissima, con Chiara Grazzini, ispiratrice involontaria, ma scelta, visto che è la moglie, della applaudita e divertente tragicommedia andata in scena ieri sera e che ha riassunto, oltre che gli ultimi quindici anni di una delle tante famiglie medie italiane, anche una buona parte del background del comico fiorentino. Che subito dopo lo scroscio di sentiti e meritati applausi tributatagli da una sala colma e autorizzata ad essere un po’ sguaiata, nel camerino, non ha nascosto la propria autentica emozione a riproporsi su un palcoscenico, quello pistoiese, che lo aveva già acclamato, ripetute volte, in plurime qualità artistiche.
Certo, visto la personificazione di vari personaggi, Alessandro Benvenuti avrebbe anche potuto rispolverare, e sarebbero stati ideali, se solo avesse potuto, i due vecchi compagni di inizio carriera, Francesco Nuti e Athina Cenci, gli altri due toscanacci con i quali si presentò al pubblico come uno dei tre denti dei Giancattivi.
«Mi sono abituato a lavorare da solo – ha raccontato Alessandro Benvenuti ai curiosi che si sono voluti complimentare personalmente con lui al termine dello spettacolo – e poi ognuno va per la sua strada».
Il tempo che gli è passato inesorabilmente sulle spalle non lo ha appesantito più di tanto: primo perché ce ne vuole, a quell’altezza, ma soprattutto perché Alessandro Benvenuti ha saputo gestire e gestirsi, allontanandosi, con inevitabile moderazione, dalla comicità anglosassone che ne ha segnato gli esordi, quelli che lo vedevano testimone incorruttibile della vera storia d’iddondi sorreggere una fune rivolta verso l’alto al quale non era aggrappato un condor pasa, ma un gallinaccio rampino, cosa questa che era capace di ripetere anche settecento sessantatré volte.
Da allora è passato così tanto tempo e sono successe così tante cose che Alessandro Benvenuti ha dovuto per forza prenderne le distanze, impegnandosi su altri campi scenici e drammatici, che non hanno fatto altro che impreziosirne l’acume teatrale e la simpatia, che resta e resterà, per sempre, fisica, emotiva, immediata.
Il padre di famiglia che incarna è quello che lavora molto tempo fuori casa per consentire agli abitanti della medesima una sopravvivenza tutto sommato decorosa, un boomerang che scopre ritorcerglisi contro da una semplice confessione di una professoressa, tabagista, di una delle due figlie. Quello che lo aspetta è una vita al ribasso, con i rapporti familiari che peggiorano con sistematica indifferenza e che diventano mortali e cruenti alla comparsa della cagnolina, una presenza ostile sofferta con pia e rassegnata implosione per lunghi quindici anni e che diverrà insostenibile, sprigionando la carneficina, il giorno dell’arrivo del secondo quadrupede di casa, paolobonolis, un bastardino abbandonato che accenderà la miccia della strage.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 11 gennaio 2014 | 10:39 - © Quarrata/news]

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