di LUIGI SCARDIGLI
Alessandro Benvenuti rispolvera tutto il repertorio e si
offre al pubblico di Pistoia
PISTOIA. È di casa Gori la
poltrona che gli permette di accomodarsi, nel bel mezzo del palcoscenico. E di Ivo il tardivo l’oracolo posto alla
destra della scena. Le battute, gli psicodramma, la modulazione della voce, la
smorfia del viso, quella deambulazione kaetoniana
sono i beckettii e tutto quello che
Alessandro Benvenuti ha seminato in quasi 40 anni di teatro e che ieri sera,
con disinvolta leggerezza, ha raccolto e riofferto agli spettatori del teatro
Manzoni per la prima del primo trittico del 2014.
Un comico fatto di sangue,
riveduto e corretto in collaborazione, strettissima, con Chiara Grazzini,
ispiratrice involontaria, ma scelta, visto che è la moglie, della applaudita e
divertente tragicommedia andata in scena ieri sera e che ha riassunto, oltre
che gli ultimi quindici anni di una delle tante famiglie medie italiane, anche
una buona parte del background del comico fiorentino. Che subito dopo lo
scroscio di sentiti e meritati applausi tributatagli da una sala colma e
autorizzata ad essere un po’ sguaiata, nel camerino, non ha nascosto la propria
autentica emozione a riproporsi su un palcoscenico, quello pistoiese, che lo
aveva già acclamato, ripetute volte, in plurime qualità artistiche.
Certo, visto la personificazione di
vari personaggi, Alessandro Benvenuti avrebbe anche potuto rispolverare, e
sarebbero stati ideali, se solo avesse potuto, i due vecchi compagni di inizio
carriera, Francesco Nuti e Athina Cenci, gli altri due toscanacci con i quali si presentò al pubblico come uno dei tre
denti dei Giancattivi.
«Mi sono abituato a lavorare da solo – ha raccontato Alessandro
Benvenuti ai curiosi che si sono voluti complimentare personalmente con lui al
termine dello spettacolo – e poi ognuno va per la sua strada».
Il tempo che gli è passato
inesorabilmente sulle spalle non lo ha appesantito più di tanto: primo perché
ce ne vuole, a quell’altezza, ma soprattutto perché Alessandro Benvenuti ha
saputo gestire e gestirsi, allontanandosi, con inevitabile moderazione, dalla
comicità anglosassone che ne ha segnato gli esordi, quelli che lo vedevano
testimone incorruttibile della vera
storia d’iddondi sorreggere una fune rivolta verso l’alto al quale non era
aggrappato un condor pasa, ma un
gallinaccio rampino, cosa questa che era capace di ripetere anche settecento sessantatré volte.
Da allora è passato così tanto tempo e
sono successe così tante cose che Alessandro Benvenuti ha dovuto per forza
prenderne le distanze, impegnandosi su altri campi scenici e drammatici, che
non hanno fatto altro che impreziosirne l’acume teatrale e la simpatia, che
resta e resterà, per sempre, fisica, emotiva, immediata.
Il padre di famiglia che incarna è
quello che lavora molto tempo fuori casa per consentire agli abitanti della
medesima una sopravvivenza tutto sommato decorosa, un boomerang che scopre
ritorcerglisi contro da una semplice confessione di una professoressa,
tabagista, di una delle due figlie. Quello che lo aspetta è una vita al
ribasso, con i rapporti familiari che peggiorano con sistematica indifferenza e
che diventano mortali e cruenti alla comparsa della cagnolina, una presenza
ostile sofferta con pia e rassegnata implosione per lunghi quindici anni e che
diverrà insostenibile, sprigionando la carneficina, il giorno dell’arrivo del
secondo quadrupede di casa, paolobonolis,
un bastardino abbandonato che accenderà la miccia della strage.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 11 gennaio 2014 | 10:39 - © Quarrata/news]
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