REQUIEM. ARTICOLO 18, CI TOGLIERANNO ANCHE L’ARIA CHE RESPIRIAMO

Mi rivolgo ai lavoratori dipendenti. E mi rivolgo anche alle tute blu della Breda, che, in questo momento, e da mesi, stanno lottando, con le promesse inutili di tutti – e volesse il cielo che mi sbagliassi.

Mi rivolgo a tutti. Mi rivolgo a chi rischia di più, quelli che sono al lavoro, ma che, complessivamente, rischiano meno, perché – forse – stanno per uscire dal mondo del lavoro e per raccogliere almeno un po’ dei frutti delle loro promesse e poi falcidiate pensioni.

Ma mi rivolgo anche ai più bastonati, sbeffeggiati e spregiati: i giovani, ai quali, fra tutti – partiti e tecnici – hanno sbattuto la porta in faccia.

E li invito a rileggersi, su questo blog, quello che da mesi sto scrivendo circa l’articolo 18: che alla fine tutti sarebbero stati d’accordo; che i guaìti della Camusso e i no di Bersani sarebbero, infine, stati solo e soltanto una commedia.

Ci avviamo a questo. Ci avviamo al colpo di spugna, e, anche se a me la cosa non tocca che appena di striscio, non posso non ricordare, negli anni della pensione che per me si aprono da settembre prossimo in là, la vergogna dell’esproprio di ogni diritto dei lavoratori; la strage della dignità di chi, non nato Agnelli, non avrà, domani, nessuna tutela o difesa.

«Ci hanno lasciato credere che tutto sarebbe stato diverso – dice il caporale (Diego Abatantuono) in Mediterraneo di Salvatores – e poi non ci hanno lasciato fare niente».

È sbagliato anche questo, amici e compagni lavoratori.

Dopo tutte le promesse, ce ne hanno fatte di tutti i colori: mentre loro si sono fatti d’oro e d’argento.

Edoardo Bianchini

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[Giovedì 15 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]