Tito Boeri |
L’economista
è intervenuto al convegno di “NoisefromAmerika” a Firenze – Boldrin (Fid): «Siena sta rischiando di
perdere i centri gestionali della banca»
FIRENZE. “A Siena
chi doveva fare il proprio dovere non ha controllato”. E’ quanto ha ribadito l’economista
Tito Boeri, intervenuto ieri mattina al convegno nazionale sulle fondazioni
bancarie organizzato dal think-tank NoiseFromAmerika. “Nel caso Mps – ha
aggiunto - ci sono aspetti patologici, ma il caso senese ha rivelato la
situazione generale del ruolo della fondazioni bancarie nella governance delle
banche italiane. Sono state usate dalla politica come canale d’ingresso nel
mondo economico, cambiandone le strategie d’investimento e creando un circuito
negativo che ha distrutto un patrimonio che avrebbe dovuto essere usato per
sostenere progetti di utilità sociale.
L’utilizzo è stato invece principalmente
verso la costruzione di carriere e posizioni di potere nel sistema bancario.
Per il futuro credo si debba assolutamente andare verso forme di separazione
tra fondazioni e banche, anche per salvaguardare le fondazioni stesse e
permettere loro di sostenere progetti di pubblica utilità, di cui in un momento
di crisi c’è davvero bisogno. Allo stesso tempo ciò permetterebbe ai banchieri
di concentrarsi nel fare il loro mestiere, con beneficio per tutto il sistema
economico. Bankitalia ha fatto il proprio dovere con una pressione costante e
continua, ma se avesse avuto poteri più forti avrebbe potuto rimuovere il
management di Mps. Tra le autorità di regolazione, chi non ha fatto il proprio
dovere è semmai il ministero del Tesoro, che avrebbe dovuto avere un controllo
molto più serio sulla fondazione Mps”.
All’appuntamento
fiorentino è intervenuto anche Michele
Boldrin, tra i fondatori di “Fare per Fermare il Declino”(NoiseFromAmerika
nei mesi scorsi ha contribuito in maniera decisiva alla nascita del movimento
guidato da Oscar Giannino). “Chiediamo che Bankitalia riconosca che di fatto
Mps è una banca nazionalizzata, e ciò permetterebbe di raggiungere tre
obiettivi: riconoscere che a comandare siano i cittadini italiani che ci hanno
messo i soldi attraverso i Tremonti bond; permettere di completare il
cambiamento del management della banca con uomini indipendenti e non di
estrazione politica, commissariandola anche per il tempo strettamente utile a
controllare a fondo i conti; accedere infine al fondo salva-banche dell’Unione europea, con un alleggerimento del carico sui
cittadini italiani. Il problema vero è che le banche continuano a fare poco
credito, meno di quanto sarebbe necessario. Gli istituti sono
sottocapitalizzati, e la stretta creditizia è un problema ancora peggiore delle
tasse di Monti: un governo responsabile deve forzare in tempi brevi le banche
italiane a ricapitalizzarsi e tornare a concedere credito.
Se questo significa
un cambio nel pacchetto di controllo, così sia. Il caso della Fondazione Mps
non è così diverso da altri casi, quello che è successo a Siena può succedere
con altre grandi banche italiane e non è il caso di correre questo rischio. Il
processo di controllo partitico delle grandi banche attraverso le Fondazioni è
iniziato vent’anni fa, e continuare a proteggere questo controllo implica fare
un danno all’economia italiana, perché porta a mantenere istituti
sottocapitalizzati con un costo altissimo per il Paese. Il sistema senese è
andato, questo i cittadini devono accettarlo. Perché quel sistema ritorni,
occorrerebbe convincere gli italiani a fare un grande regalo alla città di
Siena, un regalo di diversi miliardi. Ne dubito. Per la città di Siena ora la
questione è mantenere gli uffici direzionali, l’attività e l’indotto: lo può
fare solo se accetta e spinge per mantenere la propria indipendenza in una
ricapitalizzazione in tempi rapidi aperta però ad azionisti esterni. Oggi
esiste il rischio di uno scorporo e che la banca venga assorbita da altri,
quindi la città deve riuscire un ambiente appropriato perché il centro resti lì
e la gente continui a lavorare a Siena. Un po’ come accade a Trieste con le
Generali, insomma.
Come
evitare che riaccadano cose del genere? Servono controlli più rigorosi, la
possibilità di forzare ricapitalizzazioni serie e sfatare il mito delle grandi
banche: ad averne oltre una certa dimensione non ci sono grossi vantaggi. E se
la banca è di media dimensione, i guai che può fare l’amministratore sono
sempre relativi. Altrimenti, con una grande banca, i guai sono quelli che
vediamo”.
Per informazioni:
Marco Gemelli E Nicoletta Consumi – cultura@hlstampa.com. [comunicato]
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 17 febbraio 2013 | 17:56 - © Quarrata/news]
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