di ALESSANDRO
ROMITI
Al momento dell’ampliamento dell’impianto del Cis la vicenda fu
segnalata all’autorità giudiziaria ma… finì in cenere
AGLIANA. Mentre l’Assessore all’ambiente della Provincia Fragai rassicura
a mezzo stampa la cittadinanza e propone di svolgere un incontro con gli Organi
di Controllo al fine “...predisporre uno specifico dossier, condividendo
tutta la informazione in loro possesso” (che bravo! Che ganzo! – vedi),
emergono altre interessanti notizie dagli stessi operai applicati allo
sbancamento del terreno per la costruzione e l’ampliamento dell’impianto del
Cis di qualche anno fa (vedi).
Essi riferiscono di essere stati anche interrogati dalla sezione
di P.G. del Corpo Forestale dello Stato presso la Procura di Pistoia (e dunque
ciò fa riconoscere come certa la precedente denuncia dei problemi della
discarica alla autorità giudiziaria).
Queste notizie sono davvero importanti e significative se
confrontate con la nota scritta che è stata verbalizzata nella riunione del 10
maggio scorso:
– Il fosso “Agnaccino” [4 nella tabella] è oggi interrato e si
trova più o meno a contatto con le banchine
di ceneri ammassate sul piano di campagna, sicuramente in quota superiore allo
strato di “argilla e limo” (profondità di 3 metri e spessore di 4 metri) che
Fragai intende riconoscere come una naturale probabile protezione per la “tenuta
in sicurezza della discarica” (Ma funziona? L’ha verificata? Quando?).
– Durante gli scavi per l’esecuzione delle fondazioni palificate,
eseguite nell’ampliamento dell’impianto, era pompata “acqua lurida” (nera catrame, non per fanghiglia in
sospensione), che era stata raccolta nel “pozzo prime piogge” [3 nella tabella].
Una volta colmato, il Cis non ebbe a provvedere allo smaltimento con l’invio a
società attrezzate per il trattamento di acque reflue inquinate (e perciò,
almeno come rifiuti-speciali, se non, più sicuramente, tossico-nocivi).
Conclusione: fu ritenuto sufficiente riversare le acque luride raccolte nell’Agnaccino,
che scorse e confluì dove doveva confluire secondo la sua pendenza e il suo
corso.
– L’Agnaccino è un vecchio fosso poderale che confluisce nella Bure.
Nessuno sa che effetto hanno avuto quelle acque (nere) nel torrente di confine
tra Agliana e Montale. I pesci non parlano – più o meno come pare stiano facendo i dirigenti del Cis!
– La porzione di terreno scavata (le ceneri di scavo, furono
trasportate dalla ditta Marrassini, ma non sappiamo dove) è stata cosparsa di
polveri bianche superficialmente (ma di questo, avranno parlato nella riunione
in Provincia, o avranno fatto finta di “non saperlo”?): servì per la
costruzione delle fondazioni ed è l’area indicata al numero [2 nella tabella].
– Anche l’intera area al numero [1 nella tabella] è sicuramente
interessata dalla massicciata costituita con le ceneri residue dell’incenerimento.
– Probabilmente, solo le aree indicate con il [5 nella tabella]
sono non interessate da ceneri, ma solo una serie di carotaggi lo potrà
escludere, dato che tali “rifiuti tossici e nocivi” sono stati sicuramente
usati anche per la costruzione delle massicciate di fondazione delle strade di
via Tobagi e di via Rossa (così ci dicono).
Al peggio non c’è fine: lo ha insegnato la vicenda Eternit,
purtroppo adeguata a rappresentare il caso in esame per le analogie di “metodo”.
Un appello al gentile Assessore Rino Fragai: con la prossima
sessione di riunione, oltre a fare “condividere la documentazione” (l’atto è
privo di valenza funzionale, si tratta di una mera collazione di atti diversi,
che poi, vengono archiviati e così sarà detto da tutti i partecipati che: “s’è
fatto qualcosa…” – ancorché inutile – ma, insomma, “…qualcosa s’è fatto!”) veda
cortesemente se riesce a farsi spiegare il senso di quel “cospargimento di
polveri bianche”. – ossia l’ingessatura delle ceneri di incenerimento…
Un’ultima inquietante domanda: ma perché l’autorità giudiziaria
mandò tutto al macero (o forse all’incenerimento)…?
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Giovedì 13 giugno 2013 | 18:27 - © Quarrata/news]
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