mercoledì 27 novembre 2013

MUSICA INDIPENDENTE


di LUIGI SCARDIGLI

Per tre giorni esibizioni live fuori dalla cerchia del mercato

A STARE rinchiusi nel convento si corre il rischio, tangibile, di pensare e convincersi che fuori non ci sia nulla di migliore, ma anche solo di diverso. Peggio: ci si convince che fuori non esista.
E invece, per fortuna, fuori c’è, eccome e nello scorso fine settimana, sotto i portici di Palazzo di Giano, se ne è avuta una dimostrazione lampante, piacevole e gradita. Indispensabile, è forse il caso di aggiungere, con tanto di sottolineatura. La musica indipendente ha fatto tappa a Pistoia e venerdì, sabato e domenica scorsi ha piazzato manager, musicisti, vinili, Cd, video e anche un microfono e un paio di casse per raccontare ai pistoiesi, figli di un dio che controlla il mercato, non solo quello della nostra città, ahinoi, che la musica non è solo quella che si ascolta alla radio, che si vede nei video o che si produce ai concerti.

Esiste un sottobosco floridissimo, che non ha mezzi per come reclamizzarsi e dunque non ha la possibilità di farsi ascoltare da un mercato che non ha tempo di ascoltare. Tra questi, i Triad, una formazione principalmente sonora che ha cercato, riuscendoci perfettamente, di coniugare i ritmi primordiali dell’Africa con il jazz. Il risultato si chiama Dreamtime, dieci tracce che soddisfano, ampiamente e con pregevoli risultati, la voglia di questo ritorno al futuro, di questa proiezione nel passato.
L’equazione ritmica è quella che si instaura tra i sax soprani suonati da Eric Marienthal e Tino Tracanna, tar i vocalizzi di Virginia Quesada e quelli, in contraltare, di Eduardo Cespedes, con il djembèe affidato a Mamadoù Diouf, il sax e il flauto nella bocca e nei progetti di Sandro Cerino, nella chitarra di Giuseppe Scarpato e nel vibes di Daniele Di Gregorio.
Un cofanetto graficamente anonimo, ma inquietante, una galleria, sul fronte, dalla quale si intravede un bagliore di una luce gialla e che rimanda l’ascoltatore nel quarto di copertina, che raffigura una strada statale di una periferia qualsiasi.
Al di là delle emotività ottiche, ascoltarlo è un piacere, soprattutto per chi non ha ancora del tutto staccato la spina dalla nostalgia della world music prima maniera, quella eseguita da Mike Manieri o dai Weather Report, gli Steps Ahead o gli YellowJacket, fino all’apoteosi della Mahavishnu Orchestra, stuolo di musicisti che non si sono mai permessi il lusso, per rispetto e devozione, di ignorare le origini dei propri studi sonori e sintattici, prima che musicali, che non possono che ricercare le origini tra i tribalismi equatoriali dell’Africa.
Alla confezione del Cd, prodotto da Raffinerie musicali di Lacchiarella (Milano) e registrato a Bergamo nello studio Cavò, hanno partecipato, fattivamente, il basso di Ezio Salfa, le tastiere di Gendrikson Mena Diaz, il digeridoo di Tanni Walter Mandelli e la batteria e le percussioni affidate a Gennaro Scarpato.
Ad un terzo Scarpato presente nella raccolta, Antonio, è dedicata la registrazione, realizzata grazie ad una serie di personaggi che gli artefici dell’incisione si sono preoccupati di ringraziare pubblicamente: Lelio Morabito, Iaia e Jacopo Scarpato, Filippo Giunta e la Rototom Sunspalsh, Lamberto Cesaroni, ST Pro e la Fondazione Luigi Tronci, la nostra Fondazione di uno degli uomini più importanti e meno ascoltati di questa città, il padre dei rumori, Luigi Tronci, che persevera nella produzione e realizzazione di opere minori, quelle che non appartengono alò dio del mercato.
Piccola, ma significativa obiezione: l’uso, sull’intera collezione, della lingua inglese, uno dei mali di un mercato assuefatto a se stesso.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 27 novembre 2013 | 18:59 - © Quarrata/news]

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