di LUIGI SCARDIGLI
Daniela Morozzi al Funaro con il suo spettacolo per il
Cesvot
PISTOIA. Un organo, una voce delicata, ma portentosa e Daniela
Morozzi. Non ha bisogno di altro Storie
di badanti e di badati per uscire dal guscio della rappresentazione e
arrivare diritto al cuore. Certo, la musica di sottofondo, affidata all’organo
di Leonardo Brizzi, ha la sua valenza, così come il diaframma scalzo di Maria
Grazia Campus, anello di congiunzione tra un racconto e il successivo, nenia
ossessiva e liberatrice dei dolori delle protagoniste assenti, ma non
invisibili, è insindacabilmente tanto funzionale quanto gradevole; senza
dimenticare la percentuale narrativa affidata alle poesie di Alberto Bertoni e
recitate, registrate, da Riccardo Sottili e Marco Zannoni, sullo sfondo di
immagini rarefatte e affidate all’estro interpretativo dei presenti sui quali
confida l’architetto Beatrice
Ficalbi.
Il letto che ospita i racconti di
alcune badanti arrivate da tutto il Mondo a far compagnia ad alcuni nostri
vecchi, accudendoli nell’animo, nello spirito e nel corpo, la trama variopinta
e slangata di Daniela Morozzi, è la
sala principale del Funaro, che ospita, oggi e domani, La cultura del volontariato, una
delle tante rassegne audiovisive promosse dal Cesvot.
Storie di donne rimaste improvvisamente
sole, ma che non hanno per questo smesso di combattere, anzi, la loro guerra
alla solitudine, accompagnate dall’amore dei loro figli rimasti a casa e dalla
speranza che un giorno il mondo, se non migliore, possa almeno cambiare. Sono i
racconti di ucraine, peruviane, russe, che come le donne di tutto il mondo sono
nate coltivando un sogno, quello dell’amore. E attorno a questa meravigliosa,
indispensabile ed insostituibile chimera si muove la trama dello spettacolo,
che è la circolazione sanguigna dei sentimenti che impongono ad ognuna delle
nostre compagne di viaggio di farne uno, anche l’ultimo, spesso, da sole, con
la mente occupata e impegnata dai ricordi e con lo sguardo rivolto a non
dimenticarli.
Attorno ai singoli calvari di Ana, Marcela e le altre migranti-badanti, la vena,
umoristica, ma tragica, di Daniela Morozzi, un’attrice con una propensione
naturale a far sorridere e con un impeto culturale che impone di riflettere.
Sulle note sospese di Leonardo Brizzi, attento a cucire spazi vuoti e
rilanciare il tormento e intorno al cuore, nudo, di Maria Grazia Campus, una
cantante con una precisa e volubile modulazione di frequenza. Tutto questo
incastonato all’interno di un messaggio chiaro e preciso, quello che il Cesvot
lancia in orbita quotidianamente: il peso di ognuno di noi, il peso delle
nostre parole, l’indispensabilità di ogni singolo amore. Le ricette per come
riuscire a sopravvivere le abbiamo già, parrebbe di capire: basta aprire il
cassetto, tirarle fuori e leggerle; non c’è il rischio di non capire, sono
scritte in tutte le lingue del mondo, sono scritte con il cuore.
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[Sabato 23 novembre 2013 | 20:21 - © Quarrata/news]
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