PISTOIA. Attenta e acuta come sempre, Cristina Privitera scrive
stamattina nel suo Buongiorno Pistoia:
È rimasto lì, seduto a Palazzo di Giano
ad alzare la mano per due anni e nessuno ha avuto da eccepire. È l’incredibile
storia di Pietro Mazzotta, consigliere comunale di Sinistra indipendente. Sì,
in effetti, quando fu arrestato per l’affaire dei falsi permessi di soggiorno
ai cinesi, fu sospeso.
Ma poi tornò nell’assemblea a rappresentare i cittadini:
né lui, né tutto il resto della maggioranza di centrosinistra, né i membri dell’opposizione
hanno avuto niente da ridire. Nel frattempo Mazzotta è stato condannato in
primo grado e in appello (tre anni e quattro mesi di pena). C’è voluto – a tre mesi dalla sentenza in appello, in zona Cesarini di
legislatura, quando ormai da votare di importante è rimasto poco o niente – l’intervento del prefetto per dare la sveglia a tutti:
Mazzotta, per legge, in consiglio non ci poteva più stare. Ma a fare un po’ di
baccano ha contribuito certo l’intervento di Alessio Bartolomei di Fli, se no
forse Mazzotta sarebbe rimasto lì fino alla scadenza del mandato.
Nessuno si era posto il problema? Che
so, l’ufficio legale del Comune. Nessuna coscienza degli amministratori in
carica aveva avuto un sussulto di etica politica? La civile Pistoia, che vanta
lo Statuto comunale più antico d’Italia, trova normale essere rappresentata da
chi è stato condannato? Come si fa a non avere il dubbio che la maggioranza
volesse evitare la sostituzione di Mazzotta con la prima dei non eletti,
Elisabetta Querci di Sel che sta all’opposizione. A pensar male si fa peccato,
ma qualche volte ci si indovina.
Ma in provincia Pistoia il caso
Mazzotta non è unico. A Pescia, è rimasto sereno sulla sua sedia di consigliere
(stavolta Pdl) Paolo Checchi, anche lui recentemente condannato in primo grado.
Se questo è il nuovo che avanza in
politica, quello che tanti sbandierano, non ci piace per niente.
La collega ha, ovviamente, più che
ragione.
Solo che Pistoia è la città che è ed ha
gli amministratori – e non solo – che ha.
È un destino quello di non potersi
cambiare i connotati: di non poter scegliere i genitori, gli amici, i
conoscenti, o i propri tutori e custodi, perché ci vengono propinati a forza nel
piatto e come tali restano ab aeterno in aeternum.
Qui, a propinarceli, è un eterno
P(artito) D(ominante) che altro non fa che scegliere se stesso e i replicanti
di se stesso, tanto per dare continuità alla tradizione democratica e
legalitaria di ispirazione berlingueriana da Questione morale.
Pensate, per esempio, al Sindaco
designato Bertinelli, che, sui brogli del seggio 11 di Ponte alle Tavole, ha
fatto il suo bivacco nella cena (poi definita “delle beffe”) celebrata proprio
lì per festeggiare la valanga di voti che lo hanno unto successore di
Pietro-Berti.
Ma pensate anche, per esempio, a un
Berti che firma l’accreditamento di Bardelli Luigi Egidio presso la Regione
Toscana della trasparenza e della legalità (e rileggetevi i 300 milioni di euro
della sanità di Massa), al posto del Dirigente del Comune a cui competeva la
firma (mi sembra, se non vado errato, di averlo scritto io stesso e poi letto
anche sulle cronache cittadine). Infine pensate a Scarafuggi che versa i nostri
quattrini (6,5 milioni di euro) nelle casse dell’Apr/Bardelli di via San Biagio
102, accreditata – se sono veri gli addebiti e i rilievi mossi a Berti – con
una firma fatta ma in ipotesi di abuso di ufficio.
A me – scusatemi – ma mi si piglia
male.
A me a cui si chiede di essere un cittadino
modello; a me a cui si muovono rilievi di correttezza e di legalità nel
mestiere che fo; a me a cui si imputa di avere offeso qualcuno o qualcosa solo,
magari, per avere fatto una battuta in più in un pezzo scritto e in termini di
pura satira politica; a me che non ho mai fatto il no-Tav andando a insultare
le forze dell’ordine o salendo su un traliccio dell’alta tensione con tutti i
casini del dopo; a me che non ho mai sparato contro la polizia e che (forse per
questo) non sono mai stato fatto dirigente della segreteria del Sindaco di
Milano; a me a cui vengono inflitte mille punizioni trasversali (muri e muri di
gomma e di silenzi) se cerco di fare vedere, a chi di dovere, che una firma
autenticata da un avvocato non è affatto di chi l’avvocato afferma che sia
quella firma (e che, in altri termini, quella firma è falsa e strafalsa); a me
che vengo tenuto per 20 anni sulla corda di processi che non finiscono mai e
che, alla fine, per disperazione e dolore, perdo il mio metabolismo, mi ammalo
di diabete e, con esso, subisco un infarto e un arresto cardiaco con annessi e
connessi; a me che mi scandalizzo quando vedo che un cittadino, che dimostra
documentalmente che una testimonianza resa a un giudice è falsa, si sente dire,
da un Pm, che l’esposto che ha presentato è un esposto confuso e che perciò
andrà all’archivio, cioè nel cestino della carta straccia; a me che…
Mi si piglia male e non so che santo
ringraziare in questa Pistoia – direbbe Montale – nutrita di stanchezze e di
silenzi, in cui nessuno vuole vedere nulla; in cui tutti vogliono fare
finta di nulla.
E allora ha ragione, credo, quel
rompiscatole di Giampaolo Pagliai, che mi canta Bandiera rossa sulla
segreteria del cellulare e che, proprio ieri, mi diceva che, dopo
l’insediamento della nuova amministrazione, chiederà che il Comune assuma
diversi lettori di giornale per il Sindaco, la Giunta e il Consiglio, perché
così non gli abbiano a sfuggire fatti come quelli di Mazzotta – o della diatriba Apr-Bardelli/Aias-Principato, aggiungo io.
Ma dato che ci siamo – dico io –, assumiamone, di
lettori, una dozzina in più per tenere informati anche altri uffici di Pistoia
che avrebbero il compito di vigilare e sorvegliare sulla corretta applicazione
delle leggi e sull’andamento legalitario di tutto l’ambaradàn.
Assumiamoli, sì. Perché, in tanto
silenzio, quegli uffici non rischino di dormire un sonno infinito.
e.b. blogger
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[Domenica 4 marzo 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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