di Luigi
Scardigli
Ha ragione Michele Serra, quando scrive (ieri, L’amaca – Repubblica) che gli antagonisti
violenti della Val di Susa somigliano, troppo, ai più beceri ultrà da curva.
Dimentica, però, Michele Serra – persona gradevolissima – che tra gli
antagonisti violenti si annidano, sempre con più maggior frequenza – e non solo
alle pendici delle Cozie e delle Graie – gli
esclusi, gli apolidi, quelli che questa politica ha messo ai margini, senza
lavoro, dimenticando i loro diritti, le loro aspettative, i loro sogni:
dimenticandoli.
Ma soprattutto Serra dimentica, nel suo solito piacevole
piccante e pacato controcorrente il
distico di questa rivolta montante, che vede sì alcune chirurgiche
infiltrazioni, ma anche lo zoccolo più consistente e duro formato dalla
popolazione indigena e che è quella che obietta un principio difficilmente
attaccabile: questa benedettissima Tav, cui
prodest?
I lavori di questa avveniristica linea ferroviaria che
collegherà Torino con Lione sarà terminata quando né io, né Serra ne potremo
più dissertare; i costi per la realizzazione, da faraonici che sono al momento,
diverranno incalcolabili; per la realizzazione di questo grandioso monumento
all’inutilità si sventreranno montagne, di disboscheranno ettari ed ettari di
conifere e si metterà ad ulteriore repentaglio la salute di una consistente
fascia di popolazione; tutto questo perché alle soglie del 2050, quando
Nostradamus si sarà già impiccato e la Tav pronta, Torino e Lione saranno tra
loro più vicine, o meno distanti, come preferite, di 13 minuti.
Sì, però, con questa mastodontica operazione industriale,
tra l’altro finanziata dalla Comunità Europea, si distribuiranno per oltre una
generazione lavori e manovalanza preziosissimi.
Vero, falso? Non lo so, ma anche se così fosse, in questo Paese,
gli stanziamenti comunitari europei potrebbero essere investiti in altre più
urgenti opere (autostrada Salerno-Reggio Calabria; le fatiscenti meraviglie
archeologiche dell’hinterland napoletano e salernitano e una serie infinita di
recuperi strutturali e immobiliari veramente utili alla comunità, non solo
europea, ma anche e soprattutto del posto).
O forse aveva ragione Keynes – e Serra avrebbe dimenticato
anche questa dotta citazione, nel suo sarcastico editoriale – che in momenti di
grande depressione conviene assoldare operai per fare buche e altri per
ricoprirle: non servono a nulla, vero, ma almeno sono impegnati, guadagnano e
possono spendere e non è da escludere che a Bruxelles, questa iniziativa,
potrebbe raccogliere ampi consensi!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Sabato 3 marzo 2012 – © Quarrata/news 2011]
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