venerdì 1 febbraio 2013

SULLE VERITÀ: PENSIERI PER DON DIEGO

di EDOARDO BIANCHINI

Caro Diego, da anni molte cose ci uniscono, ma molte di più ci dividono.
Mettiamola così – anche se io sono molto scettico –: che la Divina Provvidenza questo ha voluto per due uomini di età diversa e diversa cultura, pur nati lo stesso giorno, il 4 giugno.
Tu fremente di divina ispirazione, io fremente (con verbo transitivo come nei Sepolcri del Foscolo) amor di patria: amore laico, amore del rispetto della legge e della legalità, quindi, anche dell’uomo e della verità che, nella tua cultura, è ricompresa in quella più alta Verità che si scrive con la V maiuscola.
Una verità che, se le cose stanno come Alessandro Romiti le narra – e, ripeto, per come lo conosco e per la sua collaborazione con me e il Quarrata/news, non ne ho da dubitare in alcun modo –, in ciò che avresti detto è stata da te ampiamente e profondamente ferita e tradìta: sotto il profilo religioso e sotto il profilo umano, come prete (e non sarebbe cosa di poca gravità) e come giornalista (e nemmeno in questo caso la questione sarebbe, secondo la tua dottrina e il tuo credo, di ‘natura veniale’).
I “cavalieri della luce”, di cui il tuo amico Luigi Egidio Bardelli sembra far parte, assumono l’impegno della Verità come fondamentale nella loro vita: e come tali dovrebbero rispettare non solo la Verità, ma tutte le verità in ugual modo, misura e maniera.
Ma soprattutto tu, sacerdote, a qualsiasi Verità/verità dovresti fare da sponda e da sostegno. Indistintissimamente.
E invece pare proprio che sia il contrario. Pare che la Verità s’abbia a incarnare solo in te che giudichi anche chi giudica te e gli altri; chi, per giudicare, è stato messo lì appositamente; chi, di quei giudizi, ha la depositata e legittima potestà.
Insomma, Diego, non sembra che tu voglia dare a Cesare quello che è di Cesare né a Dio quello che è di Dio, secondo le indicazioni del Maestro di cui tu ti professi discepolo e apostolo al tempo stesso, ergendoti, poi, a censore morale degli altri.
Così non va, Diego. Non va, perché – e tu me lo insegni – non si può servire contemporaneamente a due padroni.
Per rinfrescarti la mente, ti do qui il link dell’ordinanza di Roma che investe Luigi Egidio Bardelli, ma anche te, alla quale né Luigi Egidio Bardelli né tu state – come sarebbe vostro preciso dovere: etico, morale, religioso, umano, di cavalieri, di scudieri, di paggi o quant’altro volete – rispettare nel pieno, assoluto e radicale rispetto della legalità: che non è, Diego, una “cosa a intermittenza” come le lampadine dell’albero di Natale. Lèggitela, quell’ordinanza. e non fare come il Sindaco Bertinelli…
Ecco, allora, da dove le nostre strade si dividono senza poi correre parallele, ma divaricandosi sempre più all’infinito: dal rispetto anche della forma, che diventa sostanza. E il fatto che a Pistoia – dove tutto e gli interessi di tutti sembrano essere e restare trasversali e per niente chiari – nessuno vi dica, a te e a Luigi Egidio Bardelli, «ragazzi, fatela finita una buona volta e cominciate a rispettare la legge e ciò che impone per dare testimonianza viva, Vera e credibile di ciò che professate»; tutto questo, dico, non vi autorizza affatto a ritenere preconcettualmente che abbiate solo ragione in ogni modo, ma autorizza solo a pensare che, in questa città, dell’obliquo è stata fatta regola di vita, dell’incerto è stato fatto metodo e dell’illecito è stato fatto Vangelo.
Sotto questo profilo io credo (ed è bene chiarire che lo ritengo alla luce del dettato dell’art. 21 della Costituzione, disattesa da questo Paese, come ogni giorno l’Europa ci rimprovera parlandoci di corruzione e bacchettandocene) che tu non dia il giusto lustro né al tuo ministero sacerdotale, né all’altro, ben più vile ma non meno importante, dell’iscrizione a un albo professionale – quello dei giornalisti – che ha, come proprio impegno laico, l’affermazione di una verità che comunque rientra nella tua Verità.
È per questo che stamattina ti dedico pubblicamente – a uso di riflessione e meditazione della sera – uno dei Carmina Burana (39b [42 della mia edizione] *) che si rivolge al sacerdote:

Cum vadis ad altare
missam celebrare,
te debes preparare,
vetus expurgare
de corde fermentum;
sic offers sacramentum:
invoca Christum,
psalmum dicas istum:
„Iudica“,
teque ipsum preiudica,
Israel et Iuda
cordis mala denuda.
Quando tu vai all’altare,
ecco, a celebrare,
ti devi preparare,
il cuore purgare
dal vecchio fermento:
tu offri il sacramento!
Implora Gesù
e il salmo di’ tu
«Iudica»;
da te, te stesso giudica:
a Israele e Giuda
del cuore il mal denuda!

Non vergognarti di meditare su ciò che dice un antico contestatore. E fallo con quella serena modestia che – a quanto pare – non sembra tu abbia fatto brillare l’altra sera nei confronti di Alessandro Romiti, tuo fratello nella fede (è praticante) e tuo collega (è giornalista come te).
Pax et bonum.

[*] – Carmina Burana. Canti morali e satirici, introduzione, traduzione e note di E. Bianchini, appendice sulla fortuna musicale dei Carmina Burana di Giacomo Baroffio Dahnk, testo latino e altotedesco a fronte, Milano, Rizzoli/bur, 2003, vol. I, pp. 1.400.

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[Venerdì 1 febbraio 2013 | 12:12 - © Quarrata/news]

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