di LUIGI SCARDIGLI
Gradito omaggio, anche se un po’ timido, ieri al Nazionale
di Quarrata, di Cocco, Tavolazzi, Borri e Maccianti
QUARRATA. Quando si è così bravi, sarebbe forse il caso di rischiare
qualcosa, fino a correre l’alea di non piacere. Stefano Cantini (sax), Ares
Tavolazzi (contrabbasso), Piero Borri (batteria) e Francesco Maccianti
(pianoforte) invece, quattro docenti di lungo corso, ieri sera, al teatro
Nazionale di Quarrata, in occasione del Living
Coltrane, hanno preferito ripassare, con dovizia sintattica, la lezione,
che mettere altra carne a cuocere.
Ascoltarli è un piacere: totale. Lo
scriviamo onde evitare inutili e fastidiosi contrattempi morali e umorali, ma
proprio per questo, sull’onda di decenni di sontuose performances di questi
quattro professori di musica, ieri sera avrebbero anche potuto sbizzarrirsi un
po’ e tentare di asfaltare, in una serata grigia e particolarmente umida, un’altra
strada. John Coltrane, nonostante sia vissuto davvero poco, ha comunque lasciato
in dote, a tutta la musica e a tutti i musicisti postumi, un bagaglio sonoro ed
intellettuale impressionante: saperlo maneggiare con tanta disinvoltura è,
congenitamente, una dote già particolarmente premiante e selettiva. Un motivo
in più per scatenare l’inferno e
mettersi all’anima, su uno spartito nutrito, composto e difficile, qualcosa che
riesca a traghettarlo nel terzo millennio con la grazia e la sapienza di chi ne
ha la possibilità e loro, Cantini/Tavolazzi/Borri/Maccianti, se lo possono
permettere. Eccome.
Altrimenti, con Petrucciani, Becker e
Holland, ad esempio, Stefano Cocco
Cantini non si sarebbe potuto fregiare di aver suonato, così come Ares
Tavolazzi non sarà certo stato per caso il contrabbassista di uno dei gruppi
più rivoluzionari della storia
musicale di questo Paese, gli Area; e
nemmeno Pietro Borri, così come Francesco Maccianti, non si saranno attestati
tra i più floridi strumentisti jazz italiani per pure coincidenze o mancanza di
degni e attendibili rivali del settore.
La serata, promossa dal Comune di
Quarrata e resa possibile dal contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di
Firenze, è iniziata con un brano, senza titolo, che appartiene all’ultima
registrazione, anch’essa senza titolo, effettuata, recentemente, dal quartetto.
Una intro molto coltraniana che è
stata il prologo, piacevolmente inevitabile, ai brani successivi in scaletta,
tutti nati e vissuti sotto il segno di John Coltrane, fino a India, un brano universale, un’anticipazione
della worldmusic che tanto affascinò i Weather Report e che allontanò lo stesso
Coltrane, per un periodo, addirittura da se stesso.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 18 gennaio 2014 | 09:38 - © Quarrata/news]
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