di ALESSANDRO ROMITI
La persona che dette l’allarme e prestò
il primo soccorso vive da vent’anni in Italia, ma è ancora in attesa della
cittadinanza
QUARRATA. È passato un anno dalla tragica rapina sulle colline di
Buriano che ha costretto Gian Michele Gangale su una sedia a rotelle.
Il processo ha visto assegnate le prime
condanne, ma nessuna forma di riconoscenza è stata adottata nei confronti di chi
ha permesso il rapido intervento delle forze di Polizia, mettendo a rischio la
propria incolumità e consentendo l’arresto dei criminali.
Il coraggioso signor N. al
momento dell’aggressione, si trovava nei pressi dell’abitato, impegnato a
lavori agricoli alle dipendenze del Conte Spalletti ed è intervenuto sulla
scena dell’aggressione senza indugi.
Lo abbiamo incontrato fuori dall’aula
del tribunale dove si stava celebrando il processo e abbiamo scoperto che il singor
N. è un extra-comunitario (ma con un soggiorno ventennale in Italia, dove ha
lavorato come vigilante notturno) che vive all’insegna della precarietà, ma in
grande onestà, con la sua famiglia, nella Piana Pistoiese.
Si è sfogato con noi: perché tutti i
giorni può toccare con mano come la nazionalità sia ingiustamente usata per
stigmatizzare comportamenti delittuosi, creando categorie accusatorie di gente
equivoca, discriminata solo per la sua provenienza.
Approfittando delle quattro chiacchiere
che fa con noi, il signor N. vuole rivolgere un appello alla società
civile per un possibile riconoscimento, vista il senso di responsabilità mostrato
nel sostegno dato alla polizia e alla giustizia.
Spera in un’occupazione nuova, senza
pretese ma dignitosa, soprattutto per poter dare un po’ di sicurezza alla sua
adorata bambina, affetta da una sindrome che richiede cure costanti.
Il processo ha visto tornare in primo
piano la determinante figura di chi ha prestato i primi soccorsi agli aggrediti:
un soccorritore che, ad oggi, non ha ricevuto alcuna menzione o ringraziamento,
mentre, in altre occasioni, episodi di cronaca nera hanno visto consegnare dei
riconoscimenti cittadinanza anche a persone irregolari e per ciò costrette ai
margini della socialità.
Questo nostro appello è pubblicamente diretto
al Prefetto Mauro Lubatti.
Potrà verificare – non gli sarà difficile – la regolarità
dei requisiti per una cittadinanza anche per meriti civili al signor N. in
nome della comunità.
Oltre che un atto di giustizia per il
gesto di coraggio, sarebbe un riconoscimento quasi dovuto per chi ha dato immediatamente
buona prova di sé.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Martedì 21 gennaio 2014 | 10:58 - © Quarrata/news]
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