di Paolo Nesti
PISTOIA. A distanza di circa sei mesi dalle celebrazioni patronali
sembrerà strano parlare di sfilata rievocativa ma ciò ha una logica.
Dal momento che quello che viene
mostrato, nell’occasione del corteggio inneggiante al Santo patrono, non ha
nulla di simile a quanto si verificava qualche secolo fa, credo che conoscere
per tempo, con precisione, ciò che si verificava durante tale festeggiamento
potrebbe mettere in condizione gli organizzatori di documentarsi adeguatamente
e cominciare sin da ora a provvedere seguendo davvero, nei limiti del
possibile, la storia.
Riconosco la buona volontà e la
dedizione con cui il Comitato Cittadino si impegna nella manifestazione ma
debbo anche segnalare la totale, generale ignoranza di quanto accadeva
realmente a Pistoia quattro o cinque secoli fa nella prossimità del 25 luglio.
Ecco come si svolgeva realmente la
sfilata secondo quanto riferito, con dovizia di particolari, dal Prof. Alberto
Chiappelli nel suo libro Città e terre mistiche. Pistoia, pubblicato nel
1923 da Libreria Editrice Fiorentina. Volume che chiunque può consultare in
biblioteca naturalmente.
Il corteggio della processione
religiosa, che dalla chiesa di San Francesco moveva, attraverso le vie della
città, per riportare la reliquia di San Jacopo alla Cappella del Santo nella
Cattedrale, era disposto nella seguente maniera:
I banditori del Comune ed una squadra
di militi del Potestà erano a capo della processione. Dopo di costoro seguiva
una schiera, il più spesso maschile ma talora anche femminile di suonatori di
ventura, chi di liuto, chi di arpa, chi di organetti, chi di tamburi, chi di
piffari, chi di trombetti, chi di baldese. Il più spesso costoro erano italiani
, ma talora anche tedeschi o francesi.
Al seguito di costoro venivano
istrioni, danzatori, atteggiatori e spiritelli accorsi a Pistoia per la
ricorrenza della festa e che l’Opera di San Jacopo remunerava perché
figurassero nella processione. Essi suonavano, cantavano, motteggiavano,
danzavano ed imprimevano una nota assai gaia e singolare alla processione
religiosa.
Gli abitanti della città e sobborghi
non ascritti alle arti, venivano dopo due a due, con cero in mano, ed erano
preceduti dai vessilli dei rispettivi quartieri. I maestri prima, poi i
discepoli delle undici arti venivano di seguito ed ogni arte era preceduta dal
pallio, che doveva essere offerto al Santo.
Seguivano poi nel corteggio le
rappresentanze numerose dei comuni del contado e distretto coi pallii da
offrirsi, ed erano con loro trombettieri e suonatori di tamburelli e
cennamelle.
Di seguito alle rappresentanze
pistoiesi procedevano quelle dei comuni, città e Signorie d’Italia, precedute
ed accompagnate da araldi, da trombettieri, da sonatori di vari strumenti e da
buffoni o atteggiatori. Dopo di loro venivano i rappresentanti delle
istituzioni pubbliche pistoiesi di carità portanti un cero acceso in mano, il
Potestà di Pistoia colla sua corte e il suo seguito recante il pallio da
offrirsi.
La rappresentanza del Comune di Pistoia
veniva dopo il corteggio del Potestà ed era preceduta dal gonfalone, dagli
araldi a cavallo, dei quali metà era vestita di rosso e metà di bianco con
vesti dipinte, come pure erano dipinte le gualdrappe dei cavalli.
Agli araldi succedevano i trombettieri,
i suonatori di nacchere e di cornamuse con tutti i loro strumenti decorati con
ricchi pendenti.
I famigli del Magistrato Civico, nei
loro particolari abbigliamenti, portavano seco il suntuoso pallio che il
Magistrato donava al Santo. L’altro pallio ricchissimo da contendersi nella
corsa dei cavalli del giorno seguente, nel quale ricorreva la festa patronale
della città, era sostenuto da un araldo a cavallo in sfarzoso abbigliamento,
per metà rosso e per metà bianco.
Dietro al Magistrato Civico ed ai palli
seguivano le milizie, poi le religioni dei frati, i rettori delle chiese di
città e di campagna, i beneficiati, il clero, il Capitolo della Cattedrale ed
il Vescovo di Pistoia, nei loro speciali sfarzosi paramenti.
Dopo il clero ed il Vescovo stavano i
due o tre carcerati destinati ad essere restituiti in libertà, appena che fosse
stata fatta l’offerta loro all’altare di San Jacopo nella Cattedrale. Questi
carcerati erano coperti di una veste di color verde, che li faceva distinguere
dalle altre persone formanti parte del corteggio della processione. Il loro
numero poteva variare d’anno in anno e potevano essere tanto gli uomini come le
donne prescelti per la liberazione.
Al seguito dei prigionieri sotto un
ricco baldacchino e sopra un altare portatile appariva il reliquario artistico
di San Jacopo, circondato da varie diecine di fanciulli recanti torchi di cera
accesi. Chiudeva il corteggio una squadra di milizia e dietro ad essa il popolo
devoto.
Non mi pare di aver mai riscontrato
nulla di simile nelle sfilate sin qui organizzate.
Oltre a questa descrizione assai
indicativa, occorrerebbe anche eseguire una ricerca sia sui costumi dell’epoca,
che sulle armi dei militi e sugli strumenti musicali impiegati all’epoca.
È chiaro che cose simili non possono
essere improvvisate né tantomeno affidate solo all’impegno di volenterosi ma
richiedono uno studio, una ricerca e soprattutto una regìa adeguata.
Sarebbe l’ora di cominciare a cambiare
qualcosa considerando che molti stranieri giungono in città il 25 luglio
provvisti di guide come quella che ho appena citato?
Potrebbe essere un’idea consultare Ugo
Pagliai, cittadino pistoiese abitante sulla Sala, per avere
almeno indicazioni su chi potrebbe essere il regista di una sfilata all’altezza
del nostro passato storico?
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Nelle foto: momenti della sfilata storica.
[Domenica 19 gennaio 2014 | 08:42 - © Quarrata/news]
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