di Edoardo Bianchini
Qualche riflessione su 10 anni di
amministrazione gestita nel chiuso delle stanze senza ascoltare la gente – L’affaire Burchietti e la rottura del feeling con Mazzanti –
Com’è cambiato il volto di Quarrata – L’affaire Fabbri-Cialdi
QUARRATA. A volte bisognerebbe dare una medaglia al valore ai
cronisti che hanno lo stomaco di assistere ai consigli comunali, se non altro
perché è come se si immergessero, per ore, dentro un brodo tossico fatto di
indecorose menzogne, patologiche autoesaltazioni, appelli alla propria
iniziazione canonica alla beatificazione. E loro, i cronisti, sono lì costretti
a bersi quell’intruglio che, alla fine, è micidiale e irremissibile.
Penso, a questo proposito, a Andrea
Balli (vedi), davvero benemerito per averci regalato il resoconto delle
ultime parole di quella che è stata definita – «e
sfido chiunque a dire il contrario», avrebbe
strillato il buon Vittorio Amadori dei tempi d’oro – la peggio sindaca di
Quarrata. Una sindaca talmente peggio che merita, a mo’ di quattro
salti in padella, una divagazione sul suo inconsistente, ma soprattutto
negativo, operato in dieci anni, 3.650 giorni, di guida – ma è solo una
generosa metafora – del secondo Comune della provincia: quello che ha ormai
26mila abitanti e più problemi di quanti ne avesse prima dell’arrivo di questa autoincensante
prima cittadina.
Nerone, secondo il biografo Svetonio
Tranquillo, muore pronunciando queste auguste parole: Qualis artifex pereo!
che significa Che artista muore con me! Me lo hanno fatto tornare in
mente le parole della Sabrina, appunto, con la sfilza dei suoi autoelogi
sul letto di morte, il Consiglio comunale di qualche giorno fa.
Il Sindaco, infatti, ha cercato «di
spiegare le azioni di questo mandato iniziato nel 2007», secondo quanto ha
scritto Balli: ma ha opportunamente evitato di raccontare alla sua gente
(perfino quella che la aveva votata) l’incredibile e triste storia dei giorni
del ballottaggio; allorquando le autorità preposte – e, se non sbagliamo, il
sindaco Razzoli di Montale – si dimenticarono di prendere gli opportuni
provvedimenti di chiusura dell’inceneritore, che aveva dato di pazzo: Razzoli avrebbe
dovuto chiudere l’impianto entro 4 ore, ma si ricordò, invece, di farlo – così
abbiamo letto sui giornali – solo dopo 4 giorni: a babbo morto, si dice
a Roma, cioè quando ormai il ballottaggio di Quarrata aveva dato i suoi frutti
e la seggiola da sindaco era già stata opportunamente spolverata per l’augusto
innominabile della Sabrina – che oggi non si ricorda di niente, anche se
per questa vicenda Tibo e Cappocci sono stati condannati proprio in questi
giorni. E questo le è sempre stato addebitato, alla signora Sabrina.
Il suo secondo mandato iniziò così,
dopo che – a quanto si dice – aveva portato a votare anche 5 trammate (=
autobus completi) di fidissimi elettori, che determinarono quella manciata di
voti che fece la differenza tra lei e Mario Niccolai; elettori che – e ancora
si riferisce quello che tuttora si dice a Quarrata – furono attovagliati
(= messi a tavola), sembra – al San Pietro degli
Olmi, per grazia ricevuta. Se non è vero, smentisca questa malignità una
volta per tutte.
Ma se le cose stanno così, il secondo
mandato di questo sindaco-medico(cura-te-stesso) iniziò, credo, piuttosto
male: non ci sarebbe nessuna differenza fra questa sua campagna elettorale e
quella di Napoli-anni-50, con un Lauro che portava a votare i napoletani con un
cartoccio di un chilo di spaghetti o, ancor meglio, con la scarpa destra di un
paio di calzature nuove, a cui sarebbe stata aggiunta la scarpa sinistra se le
elezioni fossero andate come sperato.
E questo, tanto per partire. Poi si può
anche «tracciare un bilancio amministrativo di questi dieci anni» della Sergio
Gori. Ovviamente fra virgolette sto riportando le parole di Andrea Balli.
«Durante il suo intervento il sindaco
ha anche ribadito di “avere seminato” per la futura amministrazione»: ed è vero
in assoluto. Solo che, per la futura amministrazione, il nostro caro
angelo-Sindaco ha seminato unicamente grane, se solo si pensa che ha impegnato
20 milioni di euro in emerite cazzate che vanno dalle piste ciclabili per 25
ciclisti e no-Tav locali (un bel mucchio di miliardi elle vecchie lire),
a progetti di vario genere e natura che non starò a ripetere, senza aver messo
mano a un metro, che è uno, delle oscene strade del colle di Tizzana – ad
esempio – dove, per le costruzioni selvagge che vi si sono realizzate in questi
ultimi 20 anni, la gente (e in parte ben gli sta) è costretta a viaggiare su mulattiere
ricavate da interpoderali e vicinali che, se va bene, risalgono alle strade del
Risorgimento, e, se va male, a quelle dell’800 dopo Cristo e dei primi regni
romano-barbarici, con 2-3 metri appena di carreggiata.
Se questo è amministrare, capperi! Sarebbe
stato un gran Sindaco anche un quisque de populo (= un qualsiasi del
popolo) come, a uso, Morello di Mogaste, che solo in pochi sanno chi era, e non
certo il 95% di coloro che si sono seduti in questo consiglio Comunale di
Quarrata, sotto il regno di Sabrina Sergio Gori IIa.
«Non sarò certo io a tagliare molti
nastri – dice il Sindaco delle cicogne –. Ma questo non importa. Tornerò
infatti a tempo pieno alla mia prima occupazione, ovvero a quella del medico
con la certezza comunque di avere lavorato insieme alla mia squadra unicamente
per il bene di Quarrata a cui è stata data una impronta di città [ovviamente
disastrata – n.d.r.]»: no, di nastri non ne taglierà molti; li farà
tagliare tutti – e al tempo stesso farà pure tagliare le vene dei polsi – alla
nuova amministrazione: per lo strascico dei debiti che lascerà e per non aver
mai pensato, come abbiamo detto, ai reali bisogni della propria gente, ma solo
a Màgie, Querciole, opere d’arte da Paese dei balocchi o di Cuccagna
come le scritte di Nannucci e le fontane di Buren. Ma l’elenco potrebbe
continuare a lungo.
Il riflusso nel suo vecchio mestiere di
medico sarà, forse, la miglior cosa per cercare di dimenticare Palermo,
ossia i criteri con cui questo Sindaco ha gestito questa città. E per non
restare nel vago, ricorderò solo che per parlare con lei – l’esperimento fu di
Marta Quilici, cronista non sospetta per certa vicinanza politica alla Sabrina
– ci volevano 17 giorni, perché il Sindaco era molto impegnato. Se fosse stata
come la Moratti, a Milano, per parlare con lei ci sarebbero voluti 17 anni?
E qui scendo a livello personale, con
un’esperienza che mi riguarda direttamente e, quindi, come testimone diretto. Per
problemi legati all’inaffidabilità di certi uffici comunali – per non fare nomi
i Vigili e il Tecnico della signora architetta Nadia Bellomo – la Sindaca
Sabrina mi ricevette in appena una dozzina di giorni invece che nei canonici
17, ma per darmi una risposta («non so cosa fare»: bellissimo no?) perse addirittura 45 giorni. Questa la sua
operatività: meglio di quel lampo di Napoleone.
«Dopo 10 anni di legislatura – ha
spiegato Gori – Quarrata ha cambiato il proprio volto, ha avuto molte
opportunità ma ci sarà ancora molto da lavorare». E che Quarrata abbia cambiato
volto non c’è alcun dubbio, se solo si pensa che lo ha cambiato in peggio:
tanto peggio che perfino gli elettori della Sabrina le hanno, in buona
sostanza, girato le spalle; e tanto peggio che, appoggiando lei la candidatura
di Dalì, ha determinato la sconfitta del suo ambizioso e poco avveduto delfino:
poco avveduto a non rendersi conto – pur avendo vissuto alla corte e all’ombra
di Mauro Mari, da cui avrebbe dovuto imparare almeno un po’ di trucchi di
sopravvivenza – che, comunque, farsi sostenere dalla Sabrina corrispondeva a
picchiare una musata di brutto. Da qui la sua perfetta trombatura.
Ma la cosa più bella nelle ultime
parole del Sindaco, in quello che è il suo “testamento spirituale”, è il
pensiero rivolto in «particolare ai suoi collaboratori e ai membri del
consiglio comunale. “Mi sento di ringraziare i consiglieri comunali e la giunta
che hanno lavorato perché Quarrata potesse progredire e andare avanti».
Evidentemente il Sindaco ha sempre
fatto il mestiere del funaio che – come tutti sappiamo – va avanti andando
indietro. Ma a parte la facile battuta, per la Giunta – e soprattutto per il
clima di collaborazione e di libertà che la ha caratterizzata specie nell’ultimo
quinquennio – basterà, per tutti, il ricordo della “liquidazione di Burchietti”,
stretto alle corde e fatto dimettere o messo in fuga. E forse la Sabrina ha
dimenticato il suo commento di quel mattino in cui, trovandosi giuntata
con l’Eleanna Ciampolini e lo Scatragli ad Agliana, non ricordo per cosa, appena
ricevuta la notizia delle dimissioni di Burchietti sul cellulare, presa dalla
commozione per il suo fido assessore alle finanze, esclamò a gran voce (e la
frase poi fece il giro dell’universo) «Finalmente si è levato di torno!».
Si noti che Burchietti ha sempre detto,
pubblicamente, che la Sabrina non voleva far sapere troppo in giro quello che
mestava: troppa comunicazione, troppi problemi, secondo lei.
E questo investe il discorso della
partecipazione popolare, di cui colei che se ne va si è vantata in
consiglio per i risultati raggiunti – risultati che peraltro non sono stati
molto soddisfacenti e apprezzabili, almeno secondo Daniele Manetti che, pur
essendo di area sabrino-compatibile, si è sempre lamentato della chiusura del
Comune e del Sindaco su questo versante.
E un’altra riprova dell’armonia che si
è creata intorno anche a livello di Giunta, la signora Sabrina l’ha avuta nell’assenza
di Mazzanti: la cui malattia strategica non ci ha affatto convinto. Tra
Mazzanti e Sergio Gori il feeling, fino a poco fa quasi eterno – lo
sanno anche i muri –, si è interrotto di colpo quando, per garantire il suo
appoggio a Marco come candidato Sindaco, la Sabrina uscente avrebbe chiesto un
posto fisso (sì, proprio di quelli che non piacciono a quel genio di Monti) e
soprattutto di rilievo, per la sua segretaria Barbara Vannelli: un bel no
fulminante da parte di Mazzanti; rottura dell’idillio con il vicesindaco e
fioritura improvvisa di un nuovo candidato di nome Dalì (poi troncato) sulla
scena. Le verità non dette sono queste; e tutti i pettegolezzi di cui nessun
giornale avrà mai il coraggio di far cenno.
Se la Sabrina è «particolarmente
emozionata perché non è possibile riassumere tanti anni della vita in poco
tempo», meno emozionati di lei siamo noi, cittadini di Quarrata, perché nel
tirare le somme del suo mandato, non riusciamo a trovare niente di positivo al
di là di una gestione della cosa pubblica secondo i canoni del sommo sacerdote
del tempio di Gerusalemme: un modo di muoversi mistico, iniziatico, intrasparente
e strettamente orientato a propri interessi (arte, cultura, legalità,
lampioncini, sampietrini etc. etc.) e non a soluzioni necessarie alla
collettività (ponti, porte, fogne, vie, gasdotti etc. etc.).
La politica non deve essere, come
dichiara Sergio Gori, «una bellissima avventura» da vivere – come lei ha fatto
vedere – proprio nei termini di Donnavventura o di Isola dei famosi
o di Vattelappésca. La politica è un servizio e di esso c’è da rendere
conto: cosa che la Sabrina non ha fatto né per sé né per i suoi come Magazzini
in quell’infelice storia messa a tacere in nome della legalità del Sindaco dopo
l’alluvione di Natale.
È vero che a «chi verrà dopo di noi lasciamo [la Sabrina lascerà – n.d.r.]
già tanti finanziamenti in corso e quindi per altri anni potranno essere spesi
denari che abbiamo ottenuto per far progredire la città», ma saranno debiti, questi denari da spendere, e non
crediti per una Quarrata migliore e più rispondente ai bisogni. E saranno
debiti da spendere in opere inutili e che nessuno ha chiesto.
Sergio Gori, in ultima analisi, è stata
il Sindaco della recessione: sia perché la recessione c’era già, sia
perché lei, con le sue mega-spese di Donnavventura, ha ben contribuito a
crearne dell’altra.
Quarrata vecchia era e vecchia è
rimasta: sdrucita, con le toppe al culo, con progetti stellari di piscine che
non si sono mai viste; di ponti, strade e vie non fatti o fatti male (vedi l’attraversamento
del Fermulla da via della Repubblica a via De Gasepri), ma con grandi feste per
l’arte e grandi spese per la Màgia, le settimane della legalità e molto altro
ancora.
Sì. La Sabrina ha cambiato volto a
Quarrata. Da normale che era, ha messo la tristezza in viso ai suoi abitanti.
È giusto e salutare che se ne vada, la
Sabrina, e se ne torni a fare il medico.
Come Sindaco è stata una frana ed è l’ora
di dimenticare.
P.S. – E non parliamo di come ha
gestito l’affare Fabbri-Cialdi. Da… lavanda gastrica.
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[Domenica 4 marzo 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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