sabato 10 marzo 2012

FRANCA VALERI. IL PALCOSCENICO È IL MONDO CHE LE APPARTIENE


di Luigi Scardigli

È riuscita ad essere tanto rigorosa al punto di non perdonarsi nulla Straziante, ma non commovente, che si eleva in alto, ma senza resurrezione

Al suo posto, a quell’età e con un trascorso lungo più di mezzo secolo di applausi a scena aperta, chiunque altro, uomo o donna, preferirebbe essere ricordato per quello che faceva, preferirebbe essere dimenticato.
Franca Valeri no, è ancora in scena, appoggiata al suo bastone, che si porta dietro più per scaramanzia, che per necessità, come ieri sera, al Manzoni, protagonista assoluta di Non tutto è ancora risolto, salutato dalla platea gremita dell’anfiteatro pistoiese tra ammirazione e stupore, gratitudine e un senso di velata invidia.
La malattia che le fa compagnia da molti anni le dovrebbe e potrebbe suggerire cautela: la ultranovantenne milanese invece, ha preferito affiancare a medicinali e terapie la sua inseparabile dose farmacologica, quella dell’adrenalina da palcoscenico; un mondo che le appartiene, dove riesce a muoversi ancora con una straordinaria lenta e oculata disinvoltura.

I movimenti infatti non sono più repentini e austeri come una volta e la voce, soprattutto la voce, pare appartenere ad un playback con le pile scariche, che ogni tanto gracchia e indebolisce il timbro, che era autorevole, prepotente, isolente e per nulla disposto ai compromessi. Ogni tanto invece s’increspa, indi si spiana beata e specchia nel suo cuore vasto codesta povera sua vita turbata.
Che diviene straziante, ma non commovente, che si eleva in alto, ma senza resurrezione. Franca Valeri è ancora lì, più piccola del solito, perché la vita, prima di chiudersi per cause di forza maggiore, decide di ridurre lo spazio visivo, come se preferisse preparare il corpo, oltre che la mente, all’infinito.
Licia Maglietta, la sua segretaria, Urbano Barberini, un figlio mai nato, o mai riconosciuto, o maldestramente desiderato e non saputo accudire, e Gabriella Franchini, anche domestica, se necessario, le hanno gravitato attorno tutto il tempo, soprattutto in quei brevi lassi di tempo nei quali, la protagonista, la contessa caduta leggermente in miseria e nella polvere, non era contemplata da un copione scritto da lei, un notes di appunti esistenziali, una magnificenza appassita dal tempo, non certo dalla nobiltà, che resta, che non invecchia e che non muore.
Anche il senso dell’humor, più inglese che mai, ora che è necessario non perdersi nemmeno una sillaba rimbalzata dall’eco della malattia, è quello di sempre: pungente, acido, elegantissimo, mai, rigorosamente mai volgare, senza una caduta di stile, con quell’aplomb che pare non appartenerle, come se le cose scritte e raccontate riguardassero altro.
Ha continuato a guardarsi allo specchio senza vedersi, Franca Valeri e così è riuscita ad essere tanto rigorosa, fino al punto di non perdonarsi nulla, ma proprio nulla.
Non a caso, non tutto è risolto: a cominciare dal camino, che senza legna è più freddo di una finestra aperta su una distesa gelata. Basta che qualcuno le porti arbusti e carta di giornale: per accendere il fuoco, la signora Valeri, sa ancora come fare.
Da sola.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 10 marzo 2012 - © Quarrata/news 2012]

Nessun commento:

Posta un commento

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.