di Luigi
Scardigli
MONSUMMANO. È modesta, la capienza dell’Yves Montand, di Monsummano Terme, ma ieri sera, senza l’aggiunta
di alcune sedie poste a lato delle file delle poltroncine, qualcuno, ’Na matassa mbrugliata,
commedia di Eduardo Scarpetta fatta risorgere da Hilde Maria Renzi e la sua
compagnia teatrale di Sant’Agata dei Goti, l’avrebbe vista in piedi.
Tre atti di amabili sotterfugi, tenuti in piedi e insieme
tra loro dall’amalgama dell’intera compagnia, una squadra niente male di
giovani e vecchi adoratori del palcoscenico, che fino a ieri, però, non avevano
mai calcato.
«Sono emozionati fino all’inverosimile – mi ha confidato,
prima della rappresentazione, Hilde Maria Renzi, la regista, nonché
organizzatrice dell’intera compagnia, che si chiama Hilmarè, una che di teatro,
dopo aver lavorato con i fratelli De Filippo, ne sa qualcosa –. È la prima volta che tutti insieme calcano le scene di un
teatro a pieni effetti e meriti. Fino ad oggi, questa affiatatissima compagnia,
ha solo ravvivato feste paesane e incontri estivi, all’aperto: stasera (ieri sera
– ndr) sono su un palcoscenico, con tanto di sipario e
poltroncine piene di persone che saranno concentrate solo e soltanto su di loro».
Eh sì, perché questa rappresentazione teatrale, al di là
dell’estrinseco valore artistico, è anche il frutto di un’antica riconoscenza,
quella che l’amministrazione di Monsummano deve alla gente di Sant’Agata dei
Goti, immigrata in massa nella provincia pistoiese decenni or sono, una
reciproca gratitudine sottolineata, prima dello spettacolo, dal Sindaco di
Monsummano, che ha voluto ringraziare ancora una volta, senza riuscire a
nascondere un briciolo di emozione, la gentilezza e l’affabilità della gente di
quella terra, arrivata, integrata e divenuta, con il tempo, fulcro dell’economia
e della vitalità del Comune toscano.
In sala, del resto, dei vecchi e nuovi amici di quelli
restati laggiù e che grazie al teatro sono riusciti a ridurre, almeno
virtualmente, le distanze, non mancava nessuno, felicissimi tutti, grandi e
piccini, di riassaporare, per un paio d’ore, la lieta leggerezza di quei
malintesi della commedia napoletana che non esistono davvero più e che proprio
per questo, spesso, da quelle parti, rappresentano il senso d’appartenenza,
quella maglia che indossi quando nasci e che non ti togli più, ovunque la vita
ti suggerisca, anzi, spesso ti imponga, di andare a stare.
La trama è davvero una matassa imbrogliata, perché alla
vigilia di un matrimonio desiderato dai protagonisti, ma osteggiato dal ricco
zio dello sposo, maritato tre volte e tre volte buggerato e per questo deciso a
non lasciare nulla in eredità al nipote qualora quest’ultimo decida di
pronunciare il fatidico sì, nascono una serie concatenata di divertenti
contrattempi, che il pubblico, decisamente spaesato,
ha sottolineato con piccoli e rumorosi scrosci di applausi a scena aperta,
costringendo sovente il cast ad improvvise pause non contemplate.
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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 24 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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