Non ricorda un po’... A noi? |
di Luigi
Scardigli
PISTOIA. Conosce a menadito tutte le teorie e le tecniche della
comunicazione di massa, Matteo Renzi e stamani, al Dopolavoro ferroviario di
Pistoia, al cospetto di una folla osannante, più vicino ad una curva da stadio
che non ad una reunion prima delle Primarie, ne ha dato una prova di
sconcertante naturalezza, ritmando e fondendo, con grazia e disinvoltura,
battute a diktat, sorrisi bonari e ammiccanti a seriosi e scrutanti sguardi
verso l’infinito, dando al linguaggio del corpo un peso straordinario,
alternando impostazioni dittatoriali (braccia conserte e mento ben sollevato in
alto) ad altre rassicuranti, con un volteggiare delle braccia capace di
abbracciare e stringere a sé tutti coloro che attendono, con ansia, l’alba di
un nuovo giorno.
Il nutrito stuolo di cui gode il Sindaco di Firenze, che
domani contenderà a Bersani, Vendola, Puppato e al non pervenuto Tabacci lo
scettro del centro-sinistra che guiderà il paese alla crociata delle prossime
politiche, somiglia, per analogia, a quello, decisamente meno coordinato, di
Grillo: entrambi gli elettorati non ne possono più di un Paese guidato da
personaggi che l’hanno lentamente, ma inesorabilmente, condotto alla deriva, ed
entrambi propongono soluzioni rivoluzionarie.
Quelle di Matteo Renzi sono politicamente più consone ad un
passaggio generazionale incruento, ma non per questo meno doloroso: la
rottamazione di cui parla e che anche oggi ha sottolineato, applaudita a scena
aperta dai presenti, Samuele Bertinelli compreso – accorso a lezione di feeling e groove, non certo di politica
– sarebbe dovuta appartenere alla sinistra storica dai tempi aurei del partito
comunista, ma nessuno, dico nessuno, dei dirigenti del Pci, si sognò mai di
straguadagnare meno in rappresentanza dei lavoratori, né di rinunciare a
vitalizi, né a prebende vergognose, né ad agevolazioni sconcertanti: nessuno
dei comunisti di questo Paese ha mai vissuto da comunista, nonostante la fronda
dei comunisti reali – pensionati,
casalinghe, giovani disoccupati –, da allora,
sia andata inesorabilmente ingrossandosi a vista d’occhio.
La sala del Dopolavoro |
È a loro, infatti, che Matteo Renzi si rivolge, consapevole
che i suoi coetanei, civilmente presentabili, stanno dalla sua parte, senza
comunque sentirsi a sinistra, perché di sinistra, in Renzi, c’è poco o nulla.
Non a caso, nei suoi anatemi, il Sindaco di Firenze si scorda sovente di
parlare di poveri, diseredati, ultimi, sconfitti e si dimentica, con la stessa
solerzia, di fustigare una chiesa ben oltre sotto la soglia della credibilità,
perché dei cattolici, dalle nostre parti, nessuno può farne a meno perché è la
storia che ci ha dato, geograficamente in consegna, il più alto sacrificio, la
città del Vaticano.
L’euforia dei renziani, però, è davvero grande: un po’
commuove, perché sono in molti a delegare al giovane rampollo fiorentino ancora
una volta le loro aspirazioni, o meglio, la loro indignazione; dall’altra, però,
ad essere onesti, un po’ irrita, perché sono in molti, nelle sue file, ad avere
trascorsi impelagati con quella classe dirigente che ora vorrebbero
delicatamente defenestrare.
A tutto questo occorre poi aggiungere che non è certo
peregrino che domani sera, o lunedì mattina, si scopra che nel centro-sinistra è
prevalsa la linea dei vecchi guardiani e che a spuntarla, in barba a tutto e
tutti, sia ancora il buon vecchio piadinaro
Bersani, difeso da Veltroni e D’Alema, entrambi osannati ieri dagli stessi
spettatori di oggi, che con la maniche della camicia arrotolate proverà, ancora
una volta, a proteggere quelle comodissime poltrone dalle quali sembra davvero
duro alzarsi e andar via. E se così fosse, cosa faranno quelle migliaia di
pistoiesi accorsi stamani al Dopolavoro ferroviario? Si asterranno,
dimenticheranno in fretta i sogni renziani e voteranno anche Tabacci, se fosse
questo quello che passa il Convento o si uniranno agli incazzati irriducibili
di Grillo (l’ipotesi Alfano non la menziono per scaramanzia)?
Se la profezia Maya non dovesse avverarsi, staremo a vedere.
Altrimenti, pazienza.
SENZA PELI SULLA LINGUA
Non posso fare a meno di aggiungere qualche riga di commento
personale.
E ad altro non penso che a quelle 90 poltrone in più che
questi pagliacci di politici riformatori – quelli
che in segreto votano per il carcere ai giornalisti – hanno iniziato ad approvare a razzo per dare vita a una
commissione che tagli il numero dei parlamentari (vedi).
Ha votato no solo l’Idv, che mi risulti. Ma è credibile con
i venti che tirano in casa sua?
Una sinistra, per essere davvero tale e credibile, a questo
punto potrebbe fare solo una cosa: sparare un secondo colpo da un’Aurora,
cacciare tutti gli zar in circolazione e far partire davvero per una seconda
rivoluzione – magari di novembre, magari più efficace di quella di ottobre.
Cosa che, come vedete, nessuno fa, nessuno ha assolutamente intenzione
di fare.
Mi vergogno. E credo di aver detto abbastanza.
Edoardo
Bianchini
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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 24 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
In qualche decennio, ne ho visti diversi di ottimi arringatori su folle plaudenti (per non parlare di quello che, molto prima, arringava da piazza Venezia).
RispondiEliminaE sono sempre più convinto - avendo in grande uggia ogni forma di populismo - che non bastino le capacità (tecniche) del grade arringatore di folle plaudenti.
Quanto a Renzi, io sono all'antica: penso che anche lui, che sempre ha vissuto con la politica e sulla politica, prima di fare il grande "salto" avrebbe dovuto dimostrare di essere capace, se non altro, nel governo dell'istituzione a cui i cittadini lo avevano chiamato, cioè la città di Firenze.
Qualche esempio? Leoluca Orlando, Mariotto Segni, Antonio Di Pietro, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo, Matteo Renzi ...
RispondiEliminaDimenticavo Umberto Bossi ...
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