di Lorenzo Cristofani
Riflessioni
a margine della mostra alla San Giorgio – L’arte come luminosità,
orizzonte possibile, ricerca, natura, sedimenti che riaffiorano combinandosi
nel tentativo di liberarsi e comunicare
PISTOIA. Fino al 30 novembre
sarà aperta al pubblico, nell’atrio della biblioteca San Giorgio, la mostra
personale di Luciano Angioli, docente di discipline artistiche e presidente
dell’Irsa (Istituto di Ricerche Storiche e Archeologiche).
Durante l’inaugurazione,
sabato 10 novembre, notevole è stato l’apprezzamento generale per la principale
opera pittorica, “ Dittico Pistoia”, realizzata su due grandi tavole dipinte ad
acquerello sia sul fronte, che sul retro. Azzeccata pertanto la citazione da
Cino da Pistoia Veduto han gli occhi miei sì bella cosa di accompagnamento al dipinto scelta
dal curatore della mostra, Alessandro Andreini, architetto e amico di Luciano Angioli,
nonché quella dantesca Legato con amore in un volume (Dante, Par.,
XXXIII, 86) operata dall’autore della presentazione Lorenzo Cipriani.
Alcuni
pezzi esposti raffigurano paesaggi tipici della Toscana, immaginari ma
verosimili, nei quali affiorano le famose pievi pistoiesi; altri citano
meticolosamente particolari, facciate ed elementi decorativi del nostro
patrimonio artistico, le pietre di Pistoia insomma. Non serve parlare per evocare
e descrivere il fascino dei colori e delle forme disegnate dal maestro-pittore:
la cosa migliore è recarsi direttamente alla San Giorgio e godere autonomamente
e a piacimento dell’esposizione.
Il prof.
Angioli è stato insegnante anche di chi scrive – cui ha trasmesso il sentimento
di ammirazione, oltreché le nozioni basilari, per il patrimonio
storico-artistico locale – e ha concesso a Q/news un’ intervista
/chiacchierata su temi generali.
“Con l’arte non si mangia” e “l’arte costituisce
il petrolio dell’Italia” sono due slogan opposti, non ancora superati. Come lo
imposteresti un ragionamento per uscire da simili semplificazioni ?
Non è detto che con l’arte non si possa mangiare, ma è certo
che le difficoltà sono enormi e in momenti di oggettive difficoltà come l’attuale
ancora maggiori. Dovendo rinunciare a qualcosa proviamo ad immaginarci da dove
si comincia. Poi cosa s’intende con mangiare con l’arte? Insegnarla è mangiare
con l’arte? Vendere le proprie opere? Questa è un’altra storia.
Che l’arte, unitamente al paesaggio sia il petrolio dell’Italia
non è uno slogan, ma la semplice verità.
L’arte è anche un linguaggio universale, veicolo
di spiritualità e valori morali; oggi che i valori sono in crisi come è
cambiata l’arte? Se, in altre parole, nel passato si viveva immersi nell’arte,
intesa appunto come riflesso e rappresentazione dell’identità culturale di una
società, nell’èra del consumismo e della società liquida, cosa ci comunica l’arte?
Sull’universalità del linguaggio artistico niente da
aggiungere, ma sui suoi valori, specialmente se attinenti ad aspetti fondanti
del pensiero umano come la spiritualità e la morale, è necessario rallentare e
riflettere. E non è nemmeno necessario considerare il passato idilliaco ed il
presente discutibile, perché è sempre stato così, il passato è staticizzato nei
suoi canoni ed esiti formali, li abbiamo acquisiti, li abbiamo visti e rivisti,
fanno parte di noi e spesso sono straordinariamente affascinanti ed espressione
visibile di “quel tempo storicizzato”.
La contemporaneità no, il nostro tempo è in costruzione e lo
percepiamo nella sua essenza dinamica, volubile, capace di repentini
cambiamenti, perciò molto, molto discutibile, è opinione. Certo, il consumismo,
ed in termini artistici il novecentesco formalismo esasperante a discapito di
conoscenze, di contenuti, di valori ideali rassicuranti ha “liberato
espressioni” e contemporaneamente devastato certezze. Non può più esserci uno
stile connesso al tempo, ma piuttosto un marasma di voci così come ogni giorno
ci rappresentiamo e proiettiamo vocianti a più non posso. Tuttavia possiamo
anche dire che non è sempre così … guardiamoli gli azzurrini profili che in
questi giorni incorniciano la piana pistoiese.
C’è un’arte antica e un’arte moderna e se sì, in
che rapporto stanno?
Il rapporto antico-moderno quando mai è venuto meno
specialmente dalla fine del settecento in poi? L’antico, ricercato o negato ha
sempre ed avrà ancor più domani un peso rilevante non solo perché patrimonio,
ma anche per quell’idilliaca e rassicurante percezione di ciò che è stato alla
quale aggrapparsi trovandoci oggi dinanzi a devastazioni, negazioni,
contraddizioni inspiegabili ed impensabili come le guerre dovute a motivi
religiosi e non solo all’economia politica. Semmai proponiamoci di riflettere
sull’arte e sulla sua necessità di continuare ad alimentare gli animi di chi
vorrà comprenderla. Semmai continuiamo a riflettere su quale arte. Semmai
ricominciamo a discernere su quale arte, non per omologarsi, non è mai stato
possibile, ma per dare maggiore profondità e senso alle autenticità, alle
identità, alle ragioni della nostra antica storia senza subalternità ulteriori.
Veniamo a Pistoia. Ruskin si stupiva della serie
di pulpiti marmorei più ricca di tutto il mondo; in tempi moderni Paolucci, tra
i tanti, ha colto l’ inusitato pregio artistico di questa città: solo i
pistoiesi non sono consapevoli delle enormi potenzialità che hanno. Cosa
suggerisci di fare, anche per evitare il rischio di musealizzare e mummificare
la realtà?
Guido da Como –S. Bartolomeo – 1250, Fra’ Guglielmo –S. Giovanni
Forcivitas – 1277, Giovanni Pisano –S. Andrea – 1301, rappresentano, insieme ad
altri, ma loro sono fruibili ed altri no, un caso unico nella nostra Storia
dell’Arte. Quei tre pulpiti rendono comprensibilissimi i caratteri delle arti e
della cultura medievale e il loro volgere verso quelli rinascimentali. Sono
davvero preziosi documenti, beni straordinari per la città, ma va anche detto
che a fronte di vecchie foto in bianco e nero di Telamoni o particolari
promozionali, oggi, forse, sono un po’ dimenticati. Nel recto, sul davanti del
Dittico Pistoia esposto nell’atrio della Biblioteca San Giorgio ho proprio
inserito l’iscrizione di Guido da Como, insieme a quella dell’architrave di S.
Andrea di Gruamonte per significarne l’importanza, la memoria, la “valenza
identitaria” nella quale potersi riconoscere. Non mummifichiamo niente, non
musealizziamo soltanto, ma rendiamo vive le musealizzazioni, facciamo in modo
che si creino occasioni di studio e di appropriazione di queste fin troppo
segrete ricchezze, non ostentate, non urlate, ma presenti.
Manca ancora, nel 2012, una programmazione
complessiva e integrata, un bando delle idee che dir si voglia, circa il
patrimonio monumentale inutilizzato della città (svariate ex chiese, fortezza,
ex conventi…), a cosa si dovrebbe puntare e come?
La situazione non è certamente delle più favorevoli,
perlomeno apparentemente e pur non volendo entrare in questa sede nello
specifico di bandi o programmazioni cerchiamo di avere ben presente che già nel
corso del prossimo anno, ad esempio, dovrebbe completarsi il nuovo Ospedale e
quindi dovrà iniziare un processo/percorso di riqualificazione di quello antico…
Dicevo di condizioni “apparentemente” non favorevoli, perché invece potrebbero
esserlo, perché saranno necessarie scelte attente e ponderate da più punti di
vista. Che dire poi della Fortezza Santa Barbara? Una decina di anni fa ci fu
un discreto fermento, una bella progettualità, ma oggi si ha la sensazione di
un assopimento, di un torpore che certamente non è benaugurante. Chi ci dice, invece,
che proprio dai Beni Culturali, dal patrimonio cittadino e del territorio non
possa scaturire il nuovo? Perché no, l’arte, tanto antica, quanto moderna e contemporanea,
il paesaggio naturale e progettato, i gioielli di borghi e paesi sparsi sulle colline
e in montagna, insomma, le nostre risorse.
Quale è per te un’immagine, storica, artistica o
reale, particolarmente significativa di Pistoia? Cosa rappresenta e come la
descriveresti?
Ricordo una brumosa mattina autunnale di parecchi anni fa
quando silenziosamente percorrevo via di Porta San Marco per recarmi verso
piazza del Duomo dove c’era ancora il Pozzo e sulla Sala il Gabbione; giunto
nelle vicinanze di via Pacini, sotto la via del Sale, ebbi la sensazione di
trovarmi in un’opera metafisica e salendo su, verso una delle più belle piazze
d’Italia, se non fosse per un lato, ma diamogli tempo al tempo, quella
sensazione divenne quasi certezza. E la Sala, i frutti e le verdure, un museo
vivo, e via della Torre? E, e, e, quante e, come la vecchia Forteguerriana che
ci accudì da ragazzi o piazza delle scarpe Spirito Santo Sant’Ignazio e “Via
Abbi Pazienza”, lo Specchio e l’Eden che non è più Eden e nemmeno Galleria
Vittorio Emanuele.
Nella tua opera principale, il Dittico Pistoia,
sul davanti hai citato numerose chiese cittadine e del territorio e sul retro hai
invece realizzato un verosimile ma impossibile paesaggio armonioso ricco di
simboli. Qual è il senso, la motivazione, di questa scelta espressiva?
Si, soffermiamoci un po’ sulle arti figurative, guardiamoci
intorno e come già accennato in una precedente risposta, pensiamo al nostro
tempo, all’arte novecentesca, alla forza evocativa di immagini che ci fanno percepire
i travagli, le tragedie, ma anche gli entusiasmi e le illusioni del secolo
scorso con forme non in linea con i secoli precedenti perché tutto è stato
diverso.
Gli artisti sono stati più impegnati nella ricerca costante
dello scalpore formale che di valenze condivisibili o meno. I regimi autoritari
hanno imposto modalità vissute da alcuni come proprie, mentre altri le
subivano. Possenti muri sono stati costruiti ed abbattuti nell’arco di nemmeno
trent’anni e ciò che sembrava immutabile come la contrapposizione fra sovietici
ed americani è svanita in un batter d’occhio nelle apparenze mentre tutto va, purtroppo,
a somigliarsi, a omologarsi sempre più nelle ineguaglianze.
Le arti come la cultura tutta e in primis la
“politica” dovrebbero prospettare, proporre, indicare vie, ma …
L’arte così può diventare rifugio, gesto d’amore,
riflessione interiore. Il Dittico Pistoia è un po’ tutto questo. È memoria di
una città e di un territorio che mi hanno “contenuto” per lunghi anni e tuttora
lo fanno ed è luminosità, orizzonte possibile, ricerca, natura, sedimenti che
riaffiorano combinandosi nel tentativo di liberarsi e comunicare.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 25 novembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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