di Carlo Papi [*]
AGLIANA. I cittadini che giovedì 31 ottobre si sono recati alle
agenzie delle banche per effettuare le normali operazioni hanno trovato
inaspettatamente gli sportelli chiusi.
La chiusura degli sportelli ha
suscitato non poco stupore perché da lungo tempo – circa 13 anni – i lavoratori
delle banche non avevano mai scioperato.
Lo sciopero è stato proclamato dalle
organizzazioni sindacali nazionali di categoria (Cgil-Cisl-Uil), per protestare
contro la disdetta unilaterale del contratto di lavoro decisa dall’Associazione
Bancaria Italiana.
Contestualmente si è accesa un vibrata
polemica, da parte dei sindacati, contro il Governatore della Banca d’Italia,
Ignazio Visco che ha esortato le banche a tagliare il costo del lavoro.
I sindacati, in risposta, hanno chiesto
un ragionamento più complessivo sui non pochi problemi che, da tempo,
affliggono il sistema bancario italiano e sul difficile rapporto con l’economia
e sul ruolo delle banche al servizio della crescita del Paese.
Mentre Visco interviene per tagliare il
costo del personale ci domandiamo, ragionevolmente, cosa ha fatto la Banca d’Italia
per ridurre i milionari compensi, erogati a prescindere, ai top manager
indipendentemente dall’andamento delle aziende di credito.
I sindacati sostengono che la Banca d’Italia
è rimasta la sola ad affermare che il costo del lavoro nel settore è eccessivo.
Anche l’agenzia Moody’s ed il Fondo
Monetario Internazionale sostengono che il problema del costo del lavoro è
stato superato negli anni scorsi. Un tempo i bancari erano una categoria
privilegiata oggi, certamente, no.
La crisi delle banche non deriva dai
costi del personale ma, bensì, dai criteri disinvolti in cui è stato gestito il
credito.
Non il credito erogato alle famiglie,
agli artigiani ed ai piccoli imprenditori.
Per oltre il 50% dell’ammontare
complessivo (dati dei sindacati di categoria) i crediti vengono deliberati dai Cda
e dalle direzioni generali a soggetti diversi.
Si tratta di grandi imprese ma anche di
finanzieri che non sempre risultano affidabili.
Ad esempio, Romain Zaleski ha ricevuto
da Intesa S. Paolo, di cui è azionista, crediti per la cospicua somma di 1,6
miliardi di euro.
Non è da meravigliarsi, poi, se le banche
italiane per quanto riguarda le sofferenze (crediti non riscossi) sono
posizionate al di sopra del 15% rispetto alla media europea.
Non è da meravigliarsi neppure che ciò
avvenga in mancanza di controlli e cioè di Bankitalia, non più, dopo la riforma
Amato, a partecipazione dello Stato ma di proprietà dei controllati e cioè
delle grandi banche.
Pertanto sono da condividere le ragioni
dei lavoratori del settore del credito perché la crisi del sistema bancario non
è da imputarsi al costo del personale ed agli esuberi ma all’improvvido sistema
di gestione del credito.
[*]
– Capogruppo Prc-Federazione della Sinistra Comune di
Agliana
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[Venerdì 1° novembre 2013 | 20:32 - © Quarrata/news]
Un Sindacalista ha recentemente scritto che le banche sono diventate case da gioco. Bravo. Diretto. Ma ha omesso di specificare che questo vige solo per gli amici degli amici, non per chi ha da rifare il tetto o mandare il figlio all'università' e entrambi non sanno a chi santo votarsi. Per questi ultimi due i rubinetti "closed". Avanti quelli che proponevano operazioni con tanti zeri. Anche se un po’ farlocche, bastava avessero un minimo di sostenibilità che i molti zeri sarebbero tornati a stretto giro anche a pro dei biscazzieri , sotto forma di premi , incentivi, stipendioni, stock optins, mete che se erano da da raggiungere mantenendo la "diligenza/prudenza del buon padre".....buonanotte. Una Bisca. a pro dei soliti pochi e a discapito dei soliti tanti. Per cui fra i dipendenti che l’opinione pubblica a buona ragione addita -enon a torto - come complessivamente privilegiati , va stigmatizzato fra chi fa il biscazziere , e "spinge" i collaboratori subalterni a vendere fiches tarocched, e chi "obtorto..." deve venderle. Il codice etico del banchiere e' profondamente diverso da quello del bancario
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