di EDOARDO BIANCHINI
PISTOIA, un paese di Renzi. Non di Renzi il Sindaco, il rottamatore,
voglio dire: di (Lo)Renzi Tramaglini, di quelli che vedete nell’immagine, con
il cappello in mano dinanzi al dottor Azzeccagarbugli.
È un modo come un altro per dire che qui
siamo alla quintessenza del provincialismo.
Provinciali si nasce e –
malauguratamente –, se non succede niente d’altro, si resta per tutta la vita:
con il cappello in mano. Come a Pistoia.
Nell’Impero i provinciali erano coloro
che, marginali, non riuscivano a staccarsi da quell’idea di essere – magari stando
sull’Ebro o sul Tago, oppure sul Danubio o sul Giordano – al centro dell’Impreso
stesso. E con grande soddisfazione: come fosse un merito.
Sic et Pistoia.
I migliori provinciali (penso alla
famiglia dei Seneca) pur essendolo di fatto, ne persero tutte le connotazioni e
diventarono davvero universali e assoluti. Grandi dell’umanità.
Ma qui no, non accade: Pistoia è e
resta un’emblematica capitale della Provincia.
I fatti lo dicono ed ecco perché.
Prendiamo quattro personaggi ‘augusti’,
in cerca d’autore, di questa sacra rappresentazione: Renzo Berti, Vannino
Chiti, Luigi Egidio Bardelli, Ivano Paci. Quattro illuminati che
rappresentano quasi i quattro punti cardinali o, se preferite, le quattro virtù
cardinali: Prudenza, Fortezza, Giustizia e Temperanza.
L’etichetta attaccatela voi: mutatis
mutandis, il prodotto non cambia.
Fra loro c’è solo un piccolo accidente,
una minuscola (rispetto all’eternità del tempo) differenza d’età: dal giovenil
Berti al profetico ultraottuagenario dei Fresh del Monte dei
Paschi di Siena, il quale sta comperando mezza Pistoia (ultima mossa l’Uniser),
passando per il mio coevo Vannino e per il cavaliere della luce che s’ispira
a Međugorje e che vive di irrisolti conflitti d’interesse, diviso e commisto
com’è di onlus aggràtisse e di imprese editoriali con solo fini di lucro.
Tutti e quattro sono scrittori di
provincia: direttamente o per interposta persona. Voglio dire che Berti s’è
cimentato (e forse cementato) raccontandoci se stesso (?) tra il dire
e il fare; Chiti scrive, da sempre, i discorsi alla nazione tedesca,
che (presumibile) non resteranno nella memoria di nessuno (se non dei suoi
correligionari di Torino, che se lo sono dovuti ingozzare, colà paracadutato da
Bersani, ultimo Paperoga del Pd), Bardelli – mi dicono – s’è fatto scrivere un
libro da altri (sull’Aias/Apr, indagate… è interessante) e Paci si fa scrivere (perché
lui non pòle: è un cattedratico e ha da fare altro; è il Professor
delle Banche, come vien sontuosamente definito) paginate intere di giornali
(a lui la letteratura è ostica, perché, purtroppo, ai suoi tempi non potètte,
alla pistoiese, fare il liceo, anche se poi la strada l’ha ripresa e recuperata
tutta a corsa e a dovere, piantandosi in cattedra e, per diritto di sangue,
piantandovi, infine, anche uno dei suoi epigoni dal nome sonoro e papale).
Ed ecco, allora, qui, il ‘renzismo
senza limitismo’ (come diceva Salvi in Drive in anni 80): tutti
presentano le loro ‘opere e giorni’ di esiodea memoria proprio qui,
in casa loro, nel loro giardino e, possibilmente, nel loro stesso orto, Pistoia
– che è, sì, la città del pane (latino pistor, «Francia o Spagna,
purché se magna»…), novella Betlemme, ma che, appunto, è anche la città degli horti
in tutti i sensi, dal vivaio alla politica che non cambia mai, fatta di
prezzemoli che spuntano fuori da tutte le parti e sempre uguali con lo stesso
odore e la stessa tossicità cicutacea.
Berti presenta alla biblioteca San
Giorgio che – se non erro – è una sua creatura (con l’entrata, però, dalla
parte del… back!); Vannino a Quarrata o a Santomato (un Vicepresidente del
Senato davvero… democratico a viaggiar così a fondo nel contado); il Bardelli
nel suo, e solo suo, estenuante Canto al Balì (più casa di così ci ha
solo la sua abitazione di via dell’Amicizia); e Ivano, Papa/Papà/Lui/Noi etc.,
sui giornali locali oppure a casa di don Firindelli: per spiegarci, magari, un’etica-morale
cattolica che non esito a definire spuria e un Vangelo che – mi si
conceda per la mia qualifica di filologo serio – dubito assai che abbia mai letto
se non la domenica dalle suore quand’era bambino nella dottrina per la prima
comunione e nel riassunto della vulgata dell’A.C. (non Associazione
Calcio, ma Azione Cattolica, dei suoi e, anche, dei miei tempi).
Tutti gli altri – i pistoiesi intendo?
Renzificati come Renzi (non Renzi Sindaco rottamatore, ma [Lo]Renzi
Tramaglini), lì, in fila, a pendere dalle labbra dei Quattro Punti Cardinali:
a fare la ‘genuflessioncella d’occasione’, il bacio della [pistoiese] pantòpola,
o a chiedere autografi e, fra il dire e il fare, a prendere ordini dalla
loro eccelsa mente.
Che mente, ragazzi!
«Che mente!», diceva il mi’ zio
che faceva il chiccaio a Lamporecchio!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 22 aprile 2013 | 13:46 - © Quarrata/news]
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