di EDOARDO BIANCHINI
«IN QUESTI GIORNI ho pensato al
personaggio biblico di Davide.
Come
lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.
Nella
valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono gigantesche. Anche la
sfida di metterci insieme per affrontarle. Come Davide in quella valle,
dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo
indossato e che ora ci appesantirebbero.
Davide
“prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e
li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia; prese in mano la fionda e
si avvicinò a Golia”. Noi, dal “torrente” delle idee sulle quali ci siamo
confrontati abbiamo scelto i nostri “ciottoli”, le nostre proposte di
programma. La “fionda” l’abbiamo in mano insieme, governo e Parlamento. Ma di
Davide ci servono il coraggio e la fiducia. Il coraggio di mettere da parte
quella “prudenza politica” che spinge a evitare il confronto con le nostre
paure, a rimanere nella valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con
indosso l’armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell’armatura,
forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che chiediamo al Parlamento e
agli italiani».
Devo dire la verità: resto sempre molto
colpito da chi, nei propri discorsi e nelle proprie esternazioni, nei propri
progetti e nelle proprie coordinate, ricorre – in maniera inattesa – alla Bibbia
e ai suoi esempi; e soprattutto se cita non secondo i termini della “vulgata
del catechismo” da asilo, ma più o meno direttamente e facendo capire di conoscere
bene ciò di cui sta parlando.
Sarà che questa di Letta – la conclusione
del suo discorso qui
scaricabile per intero – è una metafora di veramente ampio respiro. Sarà
che l’immagine risponde pienamente alla gravità dell’ora e alla necessità di
abbattere, senza mezzi termini, i mille Golia che ci troviamo dinanzi (dalla
inaccettabile corruzione che permea le istituzioni, all’incapacità di capire di
una Merkel che non vede più di una cosa: il sacrificio degli altri per il
vantaggio dei suoi): sarà per questo che mi è parso di sentire, nelle parole di
Letta, un apprezzabile e vivo fondo di sincerità.
Perciò mi auguro, in tutta onestà, che
il suo tentativo vada a buon fine:
- per questo Paese assassinato da Tangentopoli in poi
- per gli Italiani che lavoravano e non lavorano più
- per i giovani che non hanno – al momento – un futuro
- per i vecchi che, dopo tanto sudore e sangue, non si meritavano uno “Stato del fallimento” verso il quale lo hanno accompagnato con la fanfara anche quelle sinistre che avrebbero dovuto salvarlo
- per me, infine, perché anche io ho vissuto, lavorato, scritto, sofferto e sentito, con gli altri, per una realtà che ci ha mortificato, deluso, depredato, depauperato e deriso in tutti e tre i settori fondanti del potere: l’esecutivo, il legislativo, il giudiziario.
Me lo auguro, e lo auguro in tutta
sincerità, a Letta e alla sua giovane età che dovrà essere messa a dura prova.
Con l’auspicio che il suo non sia (ma da
realista pessimista devo dirlo!) un “governo a orologeria”.
Auguri, Presidente!
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[Martedì 30 aprile 2013 | 09:40 - © Quarrata/news]
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