domenica 21 aprile 2013

DANZA APOCRIFA, BLASFEMA, PROVOCATORIA: LA ‘COMMEDIA’ PASSA QUASI INOSSERVATA


di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Una danza apocrifa, blasfema, provocatoria – provocante, come dice Sara Bruni –, profondamente irriverente, che approfitta e fa leva su una perfetta conoscenza delle arti minime fondamentali del balletto classico per divenire qualcosa di completamente diverso, invisibile, ma soprattutto, mai visto. Prima.
Per tutti questi motivi e per le miriadi di altri certamente sfuggiti alla mia profana percezione, ieri sera, al teatro Manzoni, ad assistere a La Commedia, di Emio Greco e Pieter Scholten ci sarebbe dovuto essere il mondo. E invece, ahiloro, la platea dell’immobile della cultura di Corso Gramsci era mezza vuota; sì, mezza vuota, e non mezza piena, come qualche irriducibile ottimista potrebbe obbiettarmi.

Stento a capire come la miriade di danzatrici e danzatori che popolano questa città non siano stati presenti ad un appuntamento semplicemente imperdibile; è vero, la stragrande maggioranza degli aspiranti artisti del ballo frequenta i corsi di danza perché i loro genitori, che li imbottiscono di merendine confezionate, possono così tenere sotto controllo l’eventuale sovrappeso o perché a questi ragazzi che trascorrono pomeriggi interi davanti al computer, un po’ di movimento non può che far bene.
D’accordo, ma a proposito di eccellenza, che sembra essere in procinto di investire il nuovo polo universitario pistoiese e con questo la popolazione tutta, è forse il caso di approfittare di certe occasioni e mostrare e dimostrare, a qualche talento forse in erba, cosa si possa fare ed inventare parlando di e ballando danza.
Uno spettacolo, tra l’altro, breve, intensissimo, giusto il tempo di consentire ad un improbabile presentatore circense spagnolo di snocciolare, con vizi e virtù a carico, i sette giorni della settimana, rappresentati da altrettanti danzatori provenienti da ogni angolo del mondo e che si sono ritrovati, diretti dal brindisino Emio Greco e da Pieter Scholten, a chiudere il cerchio iniziato a descrivere sette anni fa per un tributo, spettacolare, ma irriverente, a Dante Alighieri e alla sua trilogia divina.
Dereck Cayla, Vincent Colomes, Emio Greco, Neda Hadji-Mirazei, Kelly Hirina, Arnaud Macquet, Suzan Tunca e Jesus de Vega Gomez, sono loro il lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica ed un loro collega, che prova a coinvolgere, non solo emotivamente, il pubblico, presentandoli nelle loro improbabili e sconclusionate divise, un affronto all’eleganza e all’ordine, alla pulizia e alla sintonia, dove ognuno è artefice dei propri passi, con una regìa, firmata a quattro mani, che ha sempre voluto che ognuno sapesse, ogni volta, ridisegnare il proprio ruolo e dare così nuovi impulsi alla compagnia, rodata e capace di riuscire a saper affrontare qualsiasi imprevisto, anche un piccolo incidente, come è capitato ieri sera, al sopracciglio dell’occhio destro di Suzan Tunca, che al termine dello spettacolo è dovuta ricorrere ad alcuni punti di sutura per fermare la piccola ma fastidiosa emorragia.
Un saggio meraviglioso di improvvisazione, una cascata di energia, esasperata dalle osmosi respiratorie che si sono perfettamente e volutamente percepite quando, improvvisamente, la musica, ritmica, pop, classica, dance, si è interrotta e sul palco è iniziata l’alternativa melodica, quella offerta da un inesauribile mulinare della braccia, da finti pattinatori sul ghiaccio, da comiche del cinema muto, strizzando l’occhio al musical per eccellenza, Jesus Christ Superstar, ma anche a John Travolta, Raffaella Carrà, Michael Jackson, una macedonia di tempo e stili che si sono dati appuntamento nell’incontro, fortuito, ma vitale, tra un brindisino che all’adriatico incantevole di Torre Canne ed Ostuni ha preferito i rigori climatici olandesi e Pieter Scholten, due ballerini, registi e scenografi che invece che ripartirsi i ruoli han preferito parlarne e darsi vicendevoli suggerimenti, fino ad arrivare ad un meraviglioso coito artistico.
Venerdì prossimo, al Bolognini, andrà in scena il secondo dei quattro appuntamenti primaverili sottoscritti dall’Atp alla raccolta dal titolo Teatri di Confine: Perdere la faccia, di Daniele Ciprì, che precederà, sempre nella piccola ma gradevole succursale di via del Presto, Dies Irae, del Teatro Sotterraneo, prologo al gran finale, alla Villa di Scornio, di Maros-Gelo, riadattamento cechoviano di Renata Palminiello.
Questa coda artistica alla stagione ufficiale si è potuta allestire solo perché la Regione Toscana ha premiato il cartellone Manzoniano indicandolo tra i più attivi e propositivi, nominandolo addirittura sede-pilota e raddoppiando quasi, in virtù di tanto merito, lo stanziamento. Quando si dice la gratitudine!

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 21 aprile 2013 | 07:42 - © Quarrata/news]

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