venerdì 7 ottobre 2011

COMUNE DI PISTOIA & ‘PARENTOPOLI’


AFFARI DI FAMIGLIA

C’era una volta una nota disposizione delle Preleggi (Art. 12, Interpretazione della legge, co. 1) che recitava: «Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore».
Partiamo da questa semplice considerazione per illustrare ai nostri lettori una realtà che, nella sua essenza, sembra del tutto contraddire il corretto funzionamento del Comune di Pistoia in quello che è stato definito il problema parentopoli.
Proviamo ad accostare, per un istante, all’articolo sopracitato, il contenuto dell’art. 19 bis (Assegnazione del personale), come uscito dalla deliberazione n. 243 del 21.10.2010 della Giunta Municipale di Pistoia, uno degli organi legislativi del Comune, alle cui decisioni tutti sono indistintamente e strettamente tenuti senza dover sciorinare aberranti e insuffragate/insuffragabili interpretazioni personali per aggirare norme ed ostacoli.
Il testo dell’art. 19 bis recita testualmente:

1. Ogni dipendente dell’Ente, sia assunto a tempo indeterminato che a tempo determinato, è assegnato ad un Servizio. L’assegnazione è effettuata dal Dirigente del Personale su proposta del Comitato di Direzione, in coerenza con gli strumenti di programmazione vigenti.
2. Non possono essere assegnati a un Servizio dipendenti in rapporto di parentela o affinità entro il terzo grado con il Dirigente dello stesso, né il suo coniuge o convivente, né i parenti del convivente entro il terzo grado.
3. Il Dirigente non può assegnare a una Unità Operativa personale per il quale intercorra nei confronti del dipendente incaricato di Posizione Organizzativa responsabile dell’Unità stessa uno dei rapporti individuati al precedente comma 2.

Anche un cieco lo vedrebbe. È evidente che le formulazioni «Non possono essere assegnati» (co. 2) e «Il Dirigente non può assegnare» (co. 3) sono imperative e tassative nei confronti di chiunque si interfacci con il grado gerarchico richiamato dalla disposizione emanata (cioè il «dipendente incaricato di Posizione Organizzativa responsabile dell’Unità stessa»).
In altre parole – e correggeteci se sbagliamo – nessun dipendente che sia «in rapporto di parentela o affinità entro il terzo grado con il Dirigente dello stesso, né il suo coniuge o convivente, né i parenti del convivente entro il terzo grado» possono essere assegnati alla stessa struttura o servizio: insomma nel Comune di Pistoia, almeno teoricamente, nessuno può vivere in famiglia e chi lo fa deve andarsene altrove.
Dicano i lettori se sia possibile qualsiasi altra interpretazione rispetto a questa, che risponde a criteri di assoluta logica e limpidezza.
E invece… ecco l’incantesimo che, in un ente per la cui direzione occorre quasi essere dei maghi, sembra essere sbocciato by surprise.
Dei tre casi di incompatibilità, individuati in parentopoli (innescata, come ricorderemo, da Andrea Betti dell’Idv nel 2009), uno solo – quello della dottoressa Lucia Vannucchi, funzionaria dell’Unità Operativa Elettorale, sorella della dirigente del Servizio Gestioni Demografiche, Maria Paola Vannucchi è stato affrontato secondo legge con un bel trasferimento.
Fra l’altro il tutto è avvenuto con un’urgenza particolare e, più o meno, in imminente periodo elettorale, e in modo ancor più sorprendente alla luce degli avvenimenti dei mesi successivi, quando è stato soppresso, del tutto inaspettatamente, il Servizio Elettorale stesso: cosa a dir poco strana in un comune di più di 90mila abitanti; con conseguente trasferimento della stessa dirigente e soppressione dell’Unità Operativa Elettorale, le cui funzioni sono state riassorbite dalla Unità Operativa Anagrafe e Stato Civile e, giocoforza, stante il precedente e precipitoso trasferimento della dottoressa Lucia Vannucchi, ricondotte alla Funzionaria di questa Unità, la dottoressa Eleonora Gori.
Immoto è rimasto il caso Marzia Franceschi e Stefano Tognozzi (Ufficio del Personale); mentre il caso più eclatante sembra restare, comunque, all’interno della Polizia Municipale: ed è il mantenimento – in posizione di conclamata incompatibilità – di due dipendenti (l’ispettore Grani e il commissario Pm Annalisa Giunti, titolare di Apo e responsabile dell’Uo esterna) che, grazie a una determina del comandante, dottor Napolitano, non si sono spostati di un millimetro, pur dando atto, Napolitano stesso, che Grani e Giunti si trovavano e restavano in una «situazione di incompatibilità da sanarsi attraverso atti organizzativi interni» (vedi le immagini).
E come è stata sanata – in ottemperanza alla norma imperativa emanata dalla Giunta di Pistoia – la situazione d’incompatibilità dei due dipendenti vigili?
Con un brillante, a dir poco, ragionamento dell’assurdo, con cui il comandante Napolitano, partendo dall’assunto postulatico che «la norma non è applicabile “tout court” alla Polizia Municipale», si arroga il diritto di disapplicare la norma stessa a favore dello status quo: ma non seguendo, come logico e corretto, l’iter dell’opposizione alla delibera attraverso la richiesta di annullamento se ed in quanto collidente con atti normativi gerarchicamente superiori alla decisione della Giunta stessa, bensì solo in base a un suo personale (e, pertanto discutibile) punto di vista che, in quanto in contrasto con la disposizione di Giunta, finisce per essere interpretabile come vero e proprio eccesso di potere, dal momento che nessuno, neppure un dirigente ha, “tout court” – come piace dire a Napolitano il potere di disattendere una disposizione imperativa di un organo esecutivo dell’ente stesso.
Almeno questi erano i princìpi che ci insegnavano e che andavano di moda quando eravamo idonei (1975) alle posizioni contrattuali di Categoria 2/A, corrispondenti, oggi, all’attuale decantata (e anche fin troppo superpagata) dirigenza degli enti locali.
Perché ognun sappia, e se ne faccia un’idea, si rilegga anche la determina del comandante Napolitano.
E se qualcuno è in grado di farlo (magari il Segretario Comunale, in veste di tecnico), perché non prova a spiegarci, in soldoni cioè in lingua democratica , cosa abbia voluto dire e dimostrare il dottor Napolitano con l’atto a cui ha dato così faticosamente vita?
Per il resto, sia l’Idv (Betti) che gli altri partiti di opposizione meglio farebbero a preoccuparsi, per una volta almeno, di affrontare seriamente anche il tema di parentopoli, portandolo fino in fondo, a pulito – o facendo abolire le norme che non vengono applicate.

Tanto perché non sembri che, nel legalissimo Comune di Berti e del Pd, c’è chi pòle e chi non pòle, come si dice a Pistoia.

e.b. blogger



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[Venerdì 7 ottobre 2011 © Quarrata/news 2011]

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