martedì 11 ottobre 2011

NICK E IL VOCABOLARIO DELLA SUA TENEREZZA


Nessuno, forse, è consapevole dei propri capolavori, al momento di produrli. Sono il tempo, la storia, la comparazione con altri prodotti simili, a stabilire, una volta, chissà se per sempre, l’ordine delle cose.
Parto da così lontano e in modo così apparentemente sconclusionato perché appena ho iniziato a scrivere per presentare la nuova serata di Nick Becattini (giovedì, a Santomato, ore 21,30) ho riflettuto su cosa potessi aggiungere, a quanto già detto e scritto in oltre venti anni di condivisione musicale: lui sul palco, a dipingere, io, sotto, a registrare suoni, emozioni, relazioni, sofferenze, illusioni, sogni.
Nick Becattini è un chitarrista che ha varcato la soglia dei cinquant’anni, la metà dei quali – arrotondamento per difetto – li ha trascorsi con la chitarra al collo, a ricercar se stesso, tra Pistoia e Milano, l’Europa e gli Stati Uniti, tra quelle maledette sei corde che sono state, da sempre, la compagnia prediletta della sua solitudine.
Ed è diventato così sicuro, Nick il pittore, che sulle sue tele può tranquillamente passare i pennelli bendato, con il risultato di portare a termine, puntualmente, un ritratto straordinario, mai uguale ad uno precedente e men che mai ad uno successivo.
Giovedì, con lui, sul palco di Santomato – un circolo che sta facendo sforzi titanici per porsi all’attenzione del grande pubblico con una serie notevole di concerti, per peso e qualità – ci saranno una sfilza di giovanotti che hanno deciso di intraprendere la carriera di chitarrista proprio dopo aver assistito, chissaddove e chissaquando, ad un concerto del loro maestro.
Loro, una serie di insaziabili giotto, che sognano, giustamente, di ringraziare e ottenere almeno lo stesso successo tributato ovunque al loro cimabue, sono, in ordine sparso, Michele Beneforti, Alex Gonfiantini, Tommaso Tempestini, Lorenzo Pacini, Francesco Biadene, Giacomo Guazzini, Andrea Pagliari, Simone Vaccaro, Johnny Schwed, Danny Bronzini, Simone Failla, Luca Cetola e Giulio Civilini, una serie corposa e coraggiosa di giovani e nobili bandleader che hanno già, nella custodia della loro chitarra, tutti i sogni e tutto il coraggio per poter arrivare lontano.
Ma torniamo al maestro e alla sua incosciente consapevolezza, che (ri)produce sistematicamente ogni volta che, dal camerino, esce con la camicia a fiori, gli stivali a punta e il suo Devoto-Oli, la chitarra: lo strumento è il prolungamento delle sue inquietitudini, il vocabolario della sua tenerezza, il conforto della speranza, la rassegnazione dell’evidenza. Ho avuto il piacere di vederlo suonare e sentirlo dipingere non so quante volte: ogni volta è come se fosse stata la prima, ma anche l’ultima, con quel senso di tragico entusiasmo che muove la sua creatività, un’intimità da stadio, una bolgia per pochi amici, un ticchettio assordante, un’opera omnia silenziosa.
Ha ragione Silvano Martini, responsabile storico della sicurezza del Festival Blues, quando ha scritto, giorni fa, su facebook, che Nick Becattini è senza ombra di dubbio una delle chitarre più importanti che ci siano in circolazione.
A patto di non dirglielo, però: altrimenti, l’incantesimo del capolavoro che deve ancora venire, seppur, forse, sia stato già composto, potrebbe rompersi.

Luigi Scardigli
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[Martedì 11 ottobre 2011 – © Quarrata/news 2011]

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